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Viaggio

Agosto 05
23:00 2007

Il freddo silenzio d’una stanza in cui torno dopo aver saputo della partenza da essa.
Sono uscito di qui, casa mia, con una nuova tranquillità, sconosciuta ancora, con passi lenti e testa china, come se quel che era successo fosse valido ma non straniante né stupefacente.
Sono uscito di qui sapendo novità che hanno squarciato dentro me e hanno aperto una nuova fessura sul mondo.
Il mondo, che poi non è come credevo.
La gioia di essere consapevole e capace di stare nei drammi di dentro senza vacillare, poiché prevedo, so, che sempre dentro qualcosa colpirà forte, senza però abbattermi mai. Sono più forte io di quel che dentro mi scorre. Quello che vibro è un fratello impertinente, che ha sempre domande da pormi, un fanciullo insaziabile, che mi pone in una continua crisi, stupenda e straziante, tra gioia e dolore, ma sempre io presente, sempre io capace di pormi quelle stesse domande, senza allontanarle, vivendole forte, consapevole dello sforzo da vivere, da compiere. Il mondo si è legato da solo, si è stretto sempre più all’angolo; per mondo poi non intendo la sfera, la terra, ma il mondo che l’uomo ci ha costruito sopra. L’uomo crede di sapere ciò che ha costruito, ma in realtà ha costruito solo ciò che dentro ha sentito come emozione e ad essa è corso dietro, cercando di renderla in materia, ma è stato incapace, poiché non sa cosa, quali emozioni, ha sentito, perché le ha sentite, perché le ha volute esprimere, perché gli è corso dietro… non sa neppure d’essergli corso dietro!
L’uomo fa, senza sapere cosa fa, perché lo fa, lo fa e basta, così, dice, gli viene da dentro. Quel dentro che poi sempre più non si conosce e si scansa, per poter vivere di comodità, di soldi, senza sapere di sé, né degli altri né del mondo.
L’uomo a volte è l’animale più ignorante che esista, almeno lo è quell’uomo che ho nel tempo conosciuto, tra cui io; l’uomo che in duemila anni ha fatto guerre d’egoismi e agito su emozioni anonime.
Ci sono poi le eccezioni, coloro che hanno cercato, voluto, desiderato, profondamente andare oltre l’anonimato, oltre l’ignoranza della superbia di sapere molto quando in realtà è poco, l’ignoranza di accontentarsi di poco.
Io desidero, cerco, voglio, l’oltre da qui.
L’uomo scherza, gioca, parla, esce in gruppi per strada, siede davanti la televisione, si distrae, e il male non è questo, poiché tutto ciò ha valore; quel che rende ciò inutile ripetizione è fare solo questo, è accontentarsi solo di questo, è credere che ciò sia tanto, quando è davvero poco.
L’uomo si ritiene l’animale più evoluto, ma è anche il più stupido e inetto, alle volte, poiché getta nell’anonima fermezza la possibilità di andare oltre; possibilità che gli è stata data o che si è creato, rispetto all’animale basilare che può solo ripetere.
L’uomo può creare dal passato, può inventare dal passato, può sognare, sognare sulla base del vissuto, può progredire… l’uomo può… eppure come la scimmia ripete, si limita a ripetere, si accontenta di ripetere: la scimmia ripete la corsa tra gli alberi, la corsa al cibo, l’uomo ripete la corsa alle comodità, tra casa e lavoro, basta che sia facile. L’uomo ripete, poiché inventare distrugge gli schemi, quegli schemi che gli stanno bene, che lo rendono certo, certo di valere e di potere.
Ancora l’uomo si stupisce d’un poeta, d’un pittore, chiama fenomeno un musicista, rimane strabiliato davanti a parole sui libri, e si crede incapace di tali opere. Ma l’uomo è un’opera per le opere, le crea e può. Eppure queste sono le azioni più nobili, e l’uomo abituato a ripetere offre ghirlande e onori a chi innova e inventa. Piuttosto che inghirlandare e premiare solamente, io voglio inventare, creare, elevare ogni uomo all’artista, allo scenziato, ogni uomo può, ogni uomo è capace, voglio rivalutare l’uomo e spolverare il valore reale, maggiore di quello che ognuno crede di avere.
Bisogna volere per potere.
Il mondo che l’uomo ha creato, sulla terra di pietra, sembra una grande casa; ogni sua stanza è dedicata ad un ambito solo: scienza, filosofia, lettere, economia, arte, storia; e gli uomini ne scelgono una, entrano in essa e per tutta la vita rimangono là, facendo sempre le stesse cose, azioni, ritenendosi solo scienziati, solo artisti, solo storici e al loro nome sostituiscono le loro singole specializzazioni, si danno anche del “lei” si baciano le mani, si nominano “dottore”; nessuno mai che voglia o si senta capace di uscire da quella sola stanza e curiosare nelle altre. Poi credono di valere per la specializzazione di dottore e non perché sono semplicemente uomini, persone. Assurdità!
In questa grande casa tutti entrano liberi dentro, sognatori, tutti entrano persone, e tutti poi vi restano per specializzarsi e legarsi stretti e sicuri in una stanza.
Quanto è limitante tutto ciò!!
Se davvero un Dio ci avesse creato penso stia piangendo di rabbia, non perché volesse qualcosa in particolare che l’uomo non ha realizzato, ma perché Lui ha creato singole infinità che si sono volute finità; l’uomo nel mondo nasce senza nome e poi invece se ne cerca sempre più, fino a confondersi con le nomine e scordarsi di essere creatore originale. Come se io creassi una lampada e questa volesse rimanere sempre spenta. Sarebbe inutile la sua esistenza e sprecata la possibilità della sua luce.
Sono venuto al mondo perché due persone hanno voluto così, perché potessi voltarmi al loro richiamo mi hanno dato un nome, sono in mezzo a molti come me. Solo questo so di me e solo questo voglio si sappia di me.
Dicono mi chiami Giovanni, io non mi sono mai chiamato da solo. Preferirei un “ehi là”, così almeno nessuno alla domanda ” chi è quello là?” potrebbe rispondere “giovanni” ma dovrebbe piuttosto rispondere “boh, nessuno, uno come tutti, uno tra tanti, un ehi là”.
E al tuo richiamo mi volterei liberamente, senza che tu sappia nulla di me, senza che io presupponga niente di te.
Come Ulisse sarei Nessuno; magari anche voi lo sapeste, ne foste coscienti.
Io per quella casa grande voglio vagare, semmai restare nei corridoi, per origliare tutti gli argomenti, da tutte le stanze, vagabondo.
L’uomo ha creato tutto ciò in cui poi si è limitato. Si è dato cariche e nomi per non perdersi nel mondo, non è capace di perdersi, almeno l’uomo attuale.
Eppure io voglio perdermi, non mi interessa sapere dove sono, mi interessa esserci, ovunque, me ne frego del nome e degli aggettivi, me ne frego della nazionalità, sono un uomo nel mondo, come tutti, per caso sono nato in questa penisola, ma potevo nascere ovunque, e allora cosa cambia?
Sono cittadino del mondo, come tutti noi.
Incontro troppo spesso gente che crede di sapere molto o forse già tutto ciò che c’è da sapere, mai nessuno che ammetta di sapere poco o niente.
Ammetto di sapere poco o nulla.
Ma questo non significa che non saprò niente per sempre, significa anzi che posso sapere tutto, basta volere. Più che basta volere, bisogna voler volere, bisogna lottare, correre ovunque, senza fermarsi a capire dove si è corso né dove si correrà, altrimenti ti fermi in ciò che già conosci e allontani l’ignoto.
Per mangiare devo trovare soldi, ma non voglio abbondarne, voglio solo soldi per poter mettere benzina alla macchina e andare ovunque, solo i soldi per accogliere ospiti amichevoli, solo i soldi per comprare una tela e dipingere, solo soldi per coprirmi dal freddo, solo i soldi per un foglio e una penna, solo i soldi per un divano in una stanza silenziosa su cui sedermi per correre dentro me.
Il resto è ripetere.
Ripetiamo pure insieme, ma poi corriamo a inventare ciò che ancora non c’è.
Il più grande fu Peter Pan, che andò alla ricerca dell’Isola che non c’è, ci ha creduto, l’ha voluta, è andato, ha volato, ha corso; il risultato poi non conta, è grande perché è andato senza temere che forse avrebbe cercato tutta la vita.
Preferisco che Gesù sia ritenuto un uomo, perché come figlio di Dio nessuno, anzi pochi, sono stati capaci e hanno voluto capirlo davvero, sentire e realizzare la stessa umanità, amore; credendolo divino gli uomini hanno lasciato al divino tale esistenza, così forte, così vera.
Professiamo lo stesso Dio e non ci accogliamo in casa, se non dopo aver conosciuto e saputo chi e come è l’ospite.
Fallo entrare e scopri chi è, senza mai pretendere di sapere del tutto chi sia.
Gesù mi disse di amare il mio prossimo come me stesso; lo dico, poi un’idea diversa genera l’odio; “alzati e cammina” non era un comando allo storpio, era riferito all’uomo, che si arena e si ferma, che presuppone e rifiuta, nelle convinzioni della sua superbia e stanchezza.
Credevo fosse semplice vivere: un lavoro, una donna (l’ho imparato guardandomi attorno) …ma che vita è? La scimmia (che rispetto semplicemente perché esiste e ne ha diritto) mangia e ha una compagna.
Allora ci sono due ipotesi: o smetto di credere che l’uomo è superiore alla scimmia, o comincio a dimostrare di esserlo.
Scelgo di creare e inventare, senza disturbare la scimmia, né l’uomo.
Posso e devo andare, posso e devo inventare, posso e devo sognare, non posso chiudermi in queste stanze troppo ferme e silenti anonimamente.
Sono un uomo che sogna, un sognatore, un astrattista, un pazzo, un folle, eclettico, lunatico, impressionista, un poeta maledetto, un comico, un satirico. Sono tutto ciò che non vuole la calma piatta della normalità anonima, tutto ciò che vuole volare verso l’Isola che non c’è, verso la Sposa Invisibile, verso l’oltre da qui.
Io vado, inizio ora e mi fermerò solo quando il mio corpo vorrà l’eterno silenzio. Me ne vado da questa grande casa di stanze illusorie.
Vado dove nessuno pretenda di sapere chi sono, vado a scoprire, vado a creare, vado a inventare, vado a sognare, vado a vibrare forte dentro, vado a vivere.
Che nessuno provi a fermarmi.

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