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Voci che costruiscono domani – 3/4

Maggio 19
00:00 2012

Fra i poveri, le straniere povere rischiano di più

– Tania, giornalista, 35 anni: «Una delle cose che mi ha sempre infastidito del mio lavoro, è la malsana abitudine di intestare un delitto alla nazionalità da cui è commesso. Non ci si illuda: è vero che una parte dei reati è commessa da stranieri, perché la maggior parte dei reati attinenti la microcriminalità è commessa da poveri, e molti stranieri lo sono, almeno nella prima fase di arrivo in Italia. Anche lo stupro è fra questi reati, frutto di ignoranza, emarginazione, disconoscenza dell’umanità dell’altro, nella fattispecie una donna verso la quale si palesa il pregiudizio. La rivalsa sul corpo femminile rappresenta talvolta uno sfogo alle proprie frustrazioni, un ripagarsi del disprezzo subito da uomini predisposti a loro volta, talvolta per cultura, a una mentalità di dominio sul sesso femminile.

Ovviamente non tutti i poveri commettono delitti, italiani o immigrati che siano, un ambiente di degrado rappresenta spesso la costante entro la quale molti crimini accadono, ma alla fine molte violenze e persino delitti perpetrati sulle donne, sono figli molto più di quel che si creda di violenze private, familiari, a dispetto dei titoloni che attaccano gli immigrati.

Per altri versi, e qui torniamo ancora per un momento al sesso, è considerato normale per molti italiani trovare sulla strada prostitute straniere; nella maggior parte dei casi sono povere, piuttosto giovani, costrette a vendersi e rappresentano all’occhio del frequentatore abituale ‘un diversivo a buon prezzo’. Spesso, nel momento del contatto, la barriera della diversa nazionalità cade e si intessono molti rapporti, qualche volta di amicizia, qualche volta amorosi, pur persistendo, basta vedere le cronache, una sacca di devianza che considera la donna un oggetto (di qualunque nazionalità), ma meglio se povera e sola, e intende disporne a proprio piacimento fino al delitto. In una recente inchiesta di ‘Sette’ (settimanale de ‘Il Corriere della sera’, n.d.r.) del 23 giugno 2011, sono ricordate le uccisioni di molte prostitute fra le quali una bassissima percentuale di donne italiane, (tra quindici casi presi in esame una sola connazionale): probabilmente perché molte prostitute italiane meno pressate dal bisogno, abbandonata la strada scelgono una presenza meno evidente, magari in appartamento. La strada significa maggiore esposizione, più pericoli, ancora una volta ci s’incontrano le più povere, le straniere».

Le lavoratrici straniere hanno lasciato a casa il ‘nulla lavorativo’ non il ‘nulla affettivo’

– Anna Rita, fotografa, 50 anni: «Credo abbia suscitato commozione il servizio sul settimanale ‘D di Repubblica’ (uscito verso la metà di settembre 2011 n.d.r.) sui figli delle badanti rimasti a casa dopo che le loro mamme sono venute a lavorare in Italia, assentandosi dalla famiglia 10-12 anni. Mi ha colpito questo aspetto, di cui si parla poco, qualcosa che sappiamo ma che rimuoviamo per comodità: le donne venute a lavorare nel nostro paese, le quali a volte integrano o addirittura completano un nucleo familiare, sono fuggite dal ‘nulla’ occupazionale, ma non dal ‘nulla’ affettivo. Alcuni dei ragazzi intervistati, lasciati molto piccoli alle cure di nonne e zie, hanno rivisto la loro madre solo dopo i 3 anni necessari per ottenere il permesso di soggiorno in Italia e i più piccoli non l’hanno riconosciuta. Alcuni di questi bambini hanno subito episodi di pregiudizio da parte di loro coetanei che vedendoli improvvisamente sotto la nuova luce di ‘ricchi’ (avere uno stipendio sicuro significa questo in alcune parti regioni dell’Europa dell’est), hanno provato a estorcere loro del denaro. Le storie più toccanti sono quelle dei più piccoli, alcuni non hanno parenti diretti che si occupino di loro e in più la loro madre si è dovuta allontanare; nel reportage fotografico testimoniano attraverso i volti, gli occhi in particolare, un grande senso di dignità e… di smarrimento. So bene che non tutti avranno letto quell’articolo, e non tutti avrebbero le stesse reazioni, il sospetto nei confronti di chi non ha nulla è sempre grande: è più facile pensare “Starà scappando da qualcosa, perché non si crea la propria vita dove è nata?” Il rapporto poi con le badanti resta molto complesso a causa del ruolo importante che si trovano a ricoprire all’interno di nuclei famigliari, i nostri, che per quanto se ne dica rimangono molto tradizionalisti. La nostra è stata una società patriarcale, ma in casa sono le donne che da sempre decidono le dinamiche di rapporto con altre donne. È considerato molto importante il parere delle più anziane, una donna ‘altra’ che entra in casa è guardata sempre con grande sospetto: è sospetta la molta dedizione come la sua mancanza, non è facile per le immigrate che cercano di essere professionali in un lavoro dalla forte valenza sociale, e che già hanno lasciato molte preoccupazioni a casa (la miseria, i figli), inserirsi in un contesto che visto da fuori sembra più avanzato, ma nei fatti, nel quotidiano vivere, non lo è».

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