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S. Vittorino e il Castello Barberini

S. Vittorino e il Castello Barberini
Febbraio 04
23:00 2009

9987-st-ciampelliS. Vittorino Romano è una località di interesse storico-culturale, ubicato nel punto d’intersezione crocevia delle due arterie autostradali che collegano Milano con Napoli e Roma con Pescara a circa trenta chilometri dal centro di Roma, immerso tra il prosperare verdeggiante della Campagna Romana e i confini amministrativi del comune di Roma. L’area circostante racchiusa principalmente nel panorama dimesso del borgo, è di evocazione basso medievale e rappresenta un piccolo modello di insediamento abitativo in funzione dell’insieme dei fenomeni connessi alla distribuzione della popolazione. Il villaggio costruito nei pressi di un Casale attiguo (antica dimora rustica o capanna che non allude prettamente ad una casa bensì ad una proprietà fondiaria) è posizionato in un luogo probabilmente abitato – non vi sono certezze in merito – fin da epoca pre-romana, raffigurando uno sviluppo ad economia curtense, attraverso un’unità fondiaria di produzione agricola che si diffuse nell’Europa occidentale durante i primi secoli del Medioevo e le cui peculiarità connotarono il sistema economico, che da esse prese il nome. La curtis era organizzata in due parti: la pars dominica (da dominus, “ signore”) e la pars massaricia (da masarius “ contadino”). L’interno del Borgo è tutt’oggi costituito da una quantità trascurabile di antiche case contigue tra loro, una Chiesa di modeste dimensioni delicata al Santo proto martire protettore del luogo – i cui resti dell’immagine sono dipinti nella parete di fondo – , ed un Castello pressoché disabitato e malridotto, a pianta quadrangolare, un tempo posizionato a difesa dell’abitato cittadino con funzione di residenza signorile. La posizione del complesso non è aleatoria rispetto al territorio circostante, ma è fisicamente collocata in un’area che negli ultimi decenni è stata risparmiata dal crescente ed incontrollato sviluppo urbanistico e dal prorompente incremento demografico. Questo ha permesso la preservazione degli spazi naturali e la difesa di quelli sociali. Il castello di proprietà Barberini, fin dal 1635 – a loro si devono i lavori di ristrutturazione dell’edificio e il differimento della fonte idrica per esigenze di pubblica utilità all’interno del borgo che immette all’interno dell’insediamento -, è accessibile mediante un ponte di pietra (è ipotizzabile che in passato fosse a struttura mobile per garantire la difesa dell’edificato che sormonta un piccolo fossato scavato nel terreno in basso a sinistra) in cui emerge nel portale d’ingresso lo stemma marmoreo con il simbolo delle api della famiglia. Nel periodo medievale le fortificazioni erano necessarie per prevenire gli assalti dei briganti che si riversavano dalle campagne circostanti. Non meno lo erano a disposizione degli accessi che dovevano preservare la sicurezza non solo del signore locale e della sua famiglia ma anche degli abitanti dell’interno. L’ingresso dell’insediamento è affiancato dall’emergere delle due torri quadrangolari merlate risalenti al XII secolo. Verosimilmente esisteva un secondo accesso al borgo ricavato accanto alla facciata della Chiesa interna, che reca all’esterno una mostra bugnata rinascimentale. È ipotizzabile che lo stesso sia stato utilizzato anche come sentiero di fuga, che consentisse un salvacondotto per gli abitanti del luogo, ed è probamente la trasformazione di un’antica postierla (piccola porta di torri, mura, castelli per il passaggio di una persona per volta). L’accesso del Castello era stato concepito e posizionato (dov’è tutt’oggi) sul lato orientale dell’edificio attraverso un ingresso che sembra risalire al XVII secolo, per un ponte costruito sull’antico fossato; è fiancheggiato da una torre a pianta quadrata. Sul lato sud orientale era costruito un portale in tufo appartenente al XVI secolo incastrato in seguito tra case. La porta aveva arco a tutto sesto bugnato, e pilastri dorici. Molto rimodernato, poco rimane delle pareti e delle torrette in blocchetti di tufo (XIII sec.) del recinto, oggi appare come un piccolo villaggio. A dispetto delle profonde alterazioni subite dalla struttura nel corso del tempo, attribuite indistintamente ad opera delle guerra, delle devastazioni, degli agenti termici e dell’avanzamento del degrado, il complesso posizionato con andamento ellittico su un dirupo roccioso e scosceso, fornisce l’impressione di serbare il caratteristico iniziale stile medievale di costruzione, dispiegato com’è su un’area di circa 150 per 100 metri. Le più remote ed antiche informazioni storiche risalgono all’anno 979, quando l’edificio è nominato ufficialmente tra i beni che il pontefice Benedetto VII confermò attraverso una editto papale al vescovo della diocesi di Tivoli. All’alba dell’avvento dell’anno mille e delle leggende che si svilupparono sull’imminente fine, l’imperatore Ottone III ottenuto il controllo del Sacro Romano Impero discese in Italia nel 996 per offrire protezione e sostegno al pontefice Giovanni XV in disputa con la famiglia dei Crescenzi, ricorda il Castello di San Vittorino con l’epiteto di un Casale attraverso l’emissione di un diploma di proprietà relativo al convento di S. Alessio. L’intento dell’imperatore, spostando la capitale a Roma, era quello di ricostituire un legame solido tra il potere temporale imperiale e quello spirituale papalino, ma un’insurrezione popolana lo costrinse alla fuga assieme al successore di Pietro. Il Castello divenne così parte dei possedimenti del monastero di S. Paolo di Roma che lo conservò per circa quattrocento anni fino al 1411. Grazie alla politica nepotista di Oddone, che fu papa con il nome di Martino V, la potente famiglia dei Colonna, nella figura di Giovanni, ottenne vasti territori nella campagna romana tra cui il Castello come feudo (grande possedimento concesso per beneficio). Questi possedimenti vennero ben presto rivendicati dal pontefice Eugenio IV, che incluse nel 1441 il Castello nel quadro della Camera Apostolica. Successivamente le vicende del Castello furono alquanto disordinate, passando da una proprietà ad un’altra in maniera sistematica. Nell’epoca di transizione e passaggio tra il medioevo e il rinascimento (o prima epoca moderna) le sorti del castello furono legate ai destini dei vicini Castelli di Corcolle (struttura che si ipotizzi edificata sui resti dell’antica città di Querquetula) e di Passerano. Nel 1519 la tenuta fu acquisita dalla famiglia Del Drago, fino al 1630 quando passò definitivamente ai Barberini. L’impressionante manifestazione di una sensazione pregnante di solitudine, della visione volgente sull’esteso panorama dei Castelli Romani, sui monti della Mentorella e sulla campagna dell’intorno, fanno di S Vittorino un’oasi di assoluta ricerca di evasione, rilassatezza e spiritualità rispetto al caotico “modus vivendi” fornito dalla metropoli urbana. In prossimità del calar del sole quando la luminosità del tramonto si affievolisce sui volti umani disegnandone splendide figure amorfe, lasciando spazio all’avanzare delle tenebre non è infrequente visionare in lontananza la maestosa cupola petrina e perfino i grattaceli dell’Eur.

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