Uno spaccato di storie ciampinesi di ieri e di oggi ‒ 7
In occasione del mezzo secolo di Ciampino comune autonomo
‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒
Franco Avaltroni, memoria storica
Il Forno di nonna Marietta, Colonnette, Mancini, Mulattieri, Vincenzo Cerami, Luigino Ciappi, cappella IGDO, M° Tosato
“La mia famiglia, originaria di Arcevia in provincia di Ancona, approda a Marino dove zio Luigi, il fratello di mio nonno Cesare, aveva un grande magazzino di alimentari e generi diversi. Nei primi anni trenta Luigi Avaltroni compra una vasta estensione di terreno a Ciampino, nella zona che si chiamava Colonnette, e la famiglia si trasferisce.
Zio Luigi non aveva figli e lascia tutti i suoi averi ai nipoti Nello, Pietro, uno zio che era andato emigrante in Argentina e a mio padre Mario, mentre zia Verdiana riceve un congruo contributo e non partecipa alla divisione dei beni immobili.
Luigi Avaltroni costruì insieme con i nipoti una grande casa, allora una delle pochissime di via Morena, in cui fu avviata un’attività commerciale che durò per tutta la guerra. Io ero piccolo, ma ricordo ancora la gente che veniva qui con le tessere. Successivamente fu aperto il Forno Avaltroni, poi l’attività venne ampliata con l’abbigliamento e in seguito con l’osteria. L’osteria, fra i pochissimi edifici in zona, ospitò la prima scuola elementare di Ciampino Vecchia.
Mio nonno, che era un grosso produttore di vini, aveva realizzato una grotta incredibile. Questa grotta, che in parte ancora esiste, durante la guerra è stata un rifugio per tutti gli abitanti del posto. Quando ci fu il famoso bombardamento dell’aeroporto, tre bombe caddero a centocinquanta metri da qui in mezzo a bellissimi alberi di alto fusto, fra cui ricordo anche una mimosa immensa. Gli spezzoni centrarono gli alberi e rasero al suolo parte della zona circostante, tanto che andavamo a giocare nei crateri della bombe, rimasti così fino al ’70.
Successivamente Ciampino cominciò a svilupparsi, ma non nella nostra proprietà; la nostra proprietà fu l’ultima ad essere rilasciata per le costruzioni, dopo l’indipendenza da Marino. Il largo Enrico Fermi l’ho donato io al Comune di Ciampino alla fine degli anni settanta, perché era necessario; è l’unica piazza dove uno può smontare dall’auto, perché a Morena non ci sono piazze, non ci sono slarghi, non c’è niente.
Nonna Maria, da tutti conosciuta come nonna Marietta, si occupava del forno. Questo forno veniva alimentato con i fascetti che ci venivano portati con i cavalli o i muli da Rocca di Papa. Alla fine degli anni quaranta quasi nessuno aveva la disponibilità del gas e delle stufe a legna e venivano a cuocere da mia nonna le varie specialità, ad esempio a Natale i ciambelloni, il pollo con le patate. Ricordo che mia nonna per la cottura prendeva cinque, sette o dieci lire, secondo la grandezza della teglia. Il forno a legna ha funzionato fino al ’60, poi è stato demolito e ne è stato costruito uno a petrolio.
Quando zia Verdiana si sposò con Augusto Romor, detto Giusto, componente di una famiglia numerosissima di Ciampino originaria di Belluno, la festa di nozze si fece all’osteria di mio nonno a suon di vini e specialità preparate al forno. Non c’era l’orchestrina, ma c’era la fisarmonica e si cantarono fino a tarda notte gli stornelli.
Poi il negozio viene spostato in una nuova struttura, quando ancora la pasta si vendeva sciolta e la conserva a etti, prendendola col cucchiaio dai barattoli di cinque chili.
Si andava in gita al Divino Amore con le suore clarettiane, c’era uno che ci portava con un Dodge. Ricordo che una volta, passando per via Fioranello, vidi che stavano piantando dei pini.
Prima di arrivare al Santuario, si facevano le fotografie. Il telone che raffigurava la Madonna del Divino Amore e faceva da sfondo, era proprietà di Ferri. Ferri srotolava ogni mattina questo telo all’ingresso prima dell’arco, si posizionava con la grossa macchina col treppiede, faceva il negativo e dopo due ore, il tempo di farsi il giro del santuario, consegnava le fotografie. Ferri era un rom che come professione faceva il fotografo al Divino Amore e su richiesta si muoveva in tutta la zona; faceva parte dei nomadi che nel loro girovagare avevano trovato posto nella zona che ancora oggi si chiama Addis Abeba. Sull’origine di questa denominazione esistono più versioni, fra cui una di mio padre che ritengo veritiera, ma la più accreditata è quella di De Fenu. Il Dottor De Fenu venne a fare visita a un paziente che stava a Ciampino Vecchia e quando vide tutte queste casotte un po’ accroccate disse: “Ma qui siamo a Ciampino o a Addis Abeba?”
Via Morena attraversa il comune di Ciampino e quello di Roma; la parte del comune è via Morena e quella di Roma è via della Stazione di Ciampino. A Ciampino Vecchia, dove c’era la prima stazione ferroviaria, sorse il primo nucleo di baracche e tra i primi a venire furono mio zio e più tardi Mancini e Mulattieri.
Qui dietro, dove adesso non c’è più neanche lo spazio per buttare una cicca, erano tutti vigneti; si vedeva tutto Monte Cavo, Marino, Grottaferrata e adesso non si vede più niente.
Noi avevamo l’auto di parata di Mussolini, un’Alfa Romeo decappottabile, che nessuno voleva perché consumava troppo. Un amico che trafficava in queste cose l’offrì a mio padre per quattro soldi. Questa macchina, che era molto vistosa e non si poteva usare per l’alto costo di mantenimento, veniva prestata per le cerimonie.
Il maestro Tosato, un personaggio importantissimo che ha ristrutturato tutto l’Oratorio del Gonfalone, aveva il suo coro e faceva concerti nella chiesa storica di Roma. Io lo conoscevo perché frequentavo i concerti. Lo invitai, e lui venne di buon grado alla cappella dell’IGDO. È splendida questa cappella, speriamo che la salvino. Fu un concerto memorabile: tanta gente, venuta anche dai Castelli, rimase fuori.
Qua vicino c’era la Framor, una fabbrica di scarpe; per divergenze dei fratelli Serafino e Edo Mori venne chiusa. Poi c’era il mobilificio di Franco Frioni che organizzava e sponsorizzava gare ciclistiche. Zio Nello era il supporter di questa squadra. La partenza avveniva sempre davanti all’alimentari, si andava a Morena, via Tuscolana, Vermicino, Villa Senni, si facevano un paio di giri e si tornava al punto di partenza.
Nell’attuale via Alessandro Guidoni, si giocava a bocce. La meta era il fondo della ferrovia, e siccome era sconnesso per azzeccare il tiro ci voleva molta fortuna e un bel colpo d’occhio. Il premio in genere era una bevuta. Era uno spasso che oggi purtroppo non ci possiamo più permettere.
Al mare si andava il sabato e la domenica; il sabato si lavorava ma ci si alternava in famiglia per prendere due giorni di festa. Facevamo anche una vacanza di quindici giorni a Torvaianica prendendo in affitto una baracca da un tizio che si chiamava Core-Core. L’acqua non c’era, si utilizzava una specie di pozzo. Eravamo una delle poche famiglie che si poteva permettere la vacanza in una baracca di Torvaianica.
Ho fatto le medie a Ciampino alla Scuola privata Bolotta. Pasolini insegnava nella classe di Vincenzo Cerami, da noi veniva come supplente al posto della Vincentelli, bravissima. Poi al quinto anno mi sono trovato con Vincenzo e siamo diventati grandi amici, per alcuni anni inseparabili. Spesso andavamo da Luigino, il figlio della maestra Ciappi e parlavamo di poesia… una specie di cenacolo.
Mio padre era appassionato di caccia e aveva molti amici cacciatori; partivano da qua e andavano a Campagnano, in Abruzzo eccetera, a cacciare lepri, fagiani. Mio padre regalava le sue prede.
A Ciampino nel ’60, ‘61 è stata fatta una specie di gincana automobilistica in via Col di Lana, nel grande spiazzo libero dove oggi c’è la pizzeria di Vincenzo il Molisano. Con mia sorella facemmo questa gincana, molto partecipata, che però non fu più riproposta.
La marana scendeva da Rocca di Papa e veniva giù per l’Acqua Acetosa, e quando c’erano le piene fuoriusciva qui nella zona e ci voleva un vero e proprio traghettatore, perché a piedi non si poteva passare. Mi ricordo Faustino Paci, che come Caronte si metteva la gente in spalla e la trasportava dall’altra parte.
Mi sento legato a questo luogo, anche se con molti rammarichi; in primis, perché il traffico è diventato una cosa assurda. I mie figli e i miei nipoti vivono qui; ho fatto dei sacrifici per costruire le case, li ho voluti qui vicino a un tiro di schioppo, la mia è una famiglia patriarcale.
Via Morena è Ciampino, ma anche e soprattutto Roma, con i servizi carenti, col traffico che non si respira, con la densità degli abitanti abnorme. Ciampino è diventata pesante per viverci, ma io sono attaccato qua.”
‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒
Iria Rea, moglie di Mario Letteratis
Dentidoro, Dino e Costantina, conte Martino, Ferrante, Terzani di Velletri, Clara la levatrice, miseria e allegria.
“Sono nata a Casalvieri a Frosinone nel 1929. Conosco mio marito Mario perché la sorella Costantina aveva sposato un cugino di mio padre nel ’49. Mario a Natale viene in visita dai parenti e c’incontriamo.
Nel ’51, a febbraio, vengo ad abitare alla Folgarella nella casa vicino alla ferrovia.
Arrivo e vedo niente: il deserto. Poche case, un sottopasso che era un buco, e più avanti un cunicolo che il generale Pirzio Biroli aveva fatto ripristinare per andare col cavallo alle Capannelle. Mi ricordo che il generale, che era un gran pezzo d’uomo, per passare per quel cunicolo doveva abbassare la testa. Noi passavamo là sotto per andare a fare la cicoria nel terreno del conte Martino, poi una parte di quel terreno la comprò Ferrante.
Vivevamo benissimo, lasciavamo le chiavi alla porta e andavamo con tutti i ragazzini, anche per mezze giornate, a fare la cicoria mentre loro giocavano.
L’acqua era un sogno, andavamo a prenderla al casello ferroviario. Dentro casa non c’era, solo un filetto alla fontana. Antonio l’acquaiolo veniva con una lattina da un litro, calcolava un minuto guardando l’orologio e con un cacciavite regolava il filetto d’acqua e noi tutti intorno a dire: “Anto’, lasciane un po’ di più!” ma lui non sentiva nessuno.
Era una vita bella, tranquilla, non c’era gelosia tra le famiglie. Non c’era lavoro, mio marito si arrangiava a giornata come manovale. La vigilia di Natale, appena sposati, la facemmo a digiuno. Miseria e allegria.
Alla Folgarella c’era la mola – il mugnaio era di Morena – che restò attiva fino alla metà degli anni ’50.
I figli crescevano all’aperto, giocavano tranquilli; la sera una lavata con la spugna e via a letto. A scuola andavano al Sacro Cuore.
Mio marito è nato a Ciampino nel ’27, a casa. Dove oggi c’è l’istituto delle Passioniste allora era proprietà dell’avvocato Terzani di Velletri, villa e uliveto; tutti quei pini lungo il viale sono stati messi a dimora dal padre di Mario, Dentidoro, che faceva il contadino per l’avvocato e poi per le suore. Il giorno che è nato Mario, il terzo figlio dopo Dino e Costantina, mentre Dentidoro piantava questi pini passa la levatrice Clara e gli dice: “Dentido’, c’hai un altro maschio” e lui seguitò a fare le buche e senza alzare la testa disse: “Ah, bella roba, un’altra bocca da sfama’!”
Mio suocero veniva dalla Ciociaria, un paesino chiamato Vicalvi; faceva il fattore, e girando per la campagna romana arriva a Ciampino nel ’24 e prende fissa dimora. Dentidoro ha visto fabbricare la chiesa.
Intorno agli anni ’70 Berlandino Letteratis venne insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto e ricevette un premio in denaro, credo sessantamila lire; un riconoscimento spettante a tutti i reduci viventi della prima guerra mondiale.
Ciampino non la cambio con niente, nemmeno col posto dove sono nata. Appena arrivata sentivo la nostalgia, ma passando gli anni cresce la famiglia, cresce l’ambiente, crescono le comodità. No, no, Ciampino è troppo comoda.”
‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒‒
Delfina, figlia di Amerigo il muratore
22 novembre 1963, nonna Giuseppina, zio Diomede
“Mio padre venne nel ’49 dall’Abruzzo, con l’appoggio di compaesani che già stavano qui e lavoravano nell’edilizia. Ha fatto per un certo tempo il pendolare Ciampino-L’Aquila, poi anche la famiglia si trasferisce. La mattina che morì Kennedy io arrivai a Ciampino con mio padre, poi ci raggiunsero mia madre con mia sorella Maria. In seguito vennero anche nonna Giuseppina e zio Diomede.”
Continua
Foto: archivio Maria Lanciotti
da L’erba sotto l’asfalto – Edizioni Controluce 2007, pubblicato con il patrocinio del comune di Ciampino, in occasione del Decennale della Biblioteca comunale P. P. Pasolini
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento