Venezuela e Uruguay: due mo(n)di per raccontare il Sudamerica
Geraldina Colotti – giornalista e traduttrice, che vive tra Roma e Caracas e dirige l’edizione italiana de Le Monde Diplomatique – Il Manifesto – e Pedro Peña, scrittore e docente di Letteratura, considerato in patria un maestro della novela negra e quest’anno vincitore di due premi letterari in Italia, saranno i protagonisti dell’incontro dal titolo “Identità e resistenza tra Montevideo e Caracas”. Narrazione del presente e memoria del passato, impegno politico, denuncia del malaffare e della corruzione sono alcuni dei temi che saranno trattati a Firenze, il 29 settembre, ore 18:00, presso ITACA – la casa dei Lettori (via di San Domenico n° 22), un prezioso luogo di incontro e formazione realizzato dallo scrittore, camminatore e giornalista Paolo Ciampi nell’antica casa di famiglia.
Temi attuali e “scomodi” che Geraldina Colotti e Pedro Peña sviluppano attraverso i loro due romanzi – rispettivamente “lo Spazio dei Dinosauri” e “Non è manco la fine del mondo”– per offrire una lettura trasversale del Sudamerica che apre una finestra sul complesso panorama sociopolitico e culturale dell’America Latina. Romanzi solo in apparenza “leggeri”, che invece invitano a riflettere su argomenti come la memoria collettiva, l’identità e l’autodeterminazione dei popoli. Entrambi sono un invito a (ri)leggere il Sudamerica non solo come spazio geografico, ma come una costellazione di storie, lotte e visioni politiche.
Pedro Peña incontrerà i suoi lettori anche a Roma, il 30 settembre, ore 18:30, presso il Centro E. Nathan, via di San Crisogono n° 39 (Trastevere).
In entrambe le presentazioni, l’attore Alessandro Pala Griesche darà voce ai personaggi dei due romanzi.
GLI AUTORI E I LORO ROMANZI
Geraldina Colotti, esperta di geopolitica e corrispondente in Europa per “Resumen latinoamericano” e per il “Cuatro F”, ha pubblicato saggi, poesie, romanzi e libri per ragazzi, tradotti in diverse lingue. È stata una militante delle Brigate Rosse e per questo ha scontato una condanna a 25 anni di carcere. Nei suoi libri, l’esperienza personale si miscela con la Storia collettiva, quella degli anni Settanta del Novecento e della lotta armata, con la memoria storica rimossa e le vicende del continente latinoamericano. Le vite ordinarie sono spesso segnate da eventi eccezionali che mettono in campo la responsabilità individuale legata alla coscienza collettiva.
Nel romanzo “lo Spazio dei Dinosauri”, allo stile è piuttosto “leggero” dell’impostazione narrativa fa da contrappunto il forte il richiamo ai temi della memoria collettiva, della Storia che non si può alienare perché ritorna, segnando il presente. Protagonista è Don Giacomo, un prete che sta viaggiando in treno dalla Sicilia verso la Liguria. Una telefonata lo costringe a cambiare i suoi programmi, perché un moribondo vuole parlargli. È questo l’innesco che darà vita a un turbinìo reale e immaginifico che catapulterà il prete – e con lui una giovane infermiera, alcuni ex guerriglieri sulle tracce di alcuni desaparecidos italiani e un gruppo di ragazzi che organizza incontri sulla memoria rimossa del Novecento – in un intrigo internazionale fra Italia, Venezuela e Cuba. Da un centro sociale della Riviera ligure al massacro di Cantaura, tanti sono gli scenari che Geraldina Colotti mette in campo per scuotere il lettore e farlo riflettere, per risvegliare memorie sopite e dimostrare che il passato, anche quello più controverso, non può mai dirsi completamente finito.
L’intreccio fra memoria e finzione, l’importanza di ‘non dimenticare’ e il coraggio di parlare di “storie scomode” in cui i personaggi non sono figure spettacolari ma umane colte nelle loro contraddizioni rendono questo romanzo accattivante e mai scontato.
Pedro Peña è pubblicato in Italia da deiMerangoli, casa editrice che ha dato alle stampe quattro suoi romanzi noir – di cui tre hanno come protagonista il giornalista-investigatore Agustín Flores – ed è in procinto di pubblicare il quinto. Peña ha ricevuto in Uruguay numerosi premi nazionali e il suo romanzo “La notte che non si ripete” ha ispirato la versione cinematografica di “La noche que no se repite” (2018). Tutti i suoi libri sono tradotti in italiano da Elisa Tramontin e sono impreziositi dalle opere dell’artista Bicio Fabbri, pittore, disegnatore di fumetti e di vignette di satira per numerosi giornali e riviste tra cui Frigidaire, Zut, Tango, Emme, Cuore, Re nudo e Il nuovo Male.
Quest’anno, in Italia, il romanzo “Ormai nessuno vive più in certi luoghi” ha ricevuto l’Encomio di merito alla XX Edizione del Premio Vitruvio – le Muse 2025, mentre “La notte che non si ripete” – al quale è già stato conferito il Premio Cultura al Concorso Internazionale Golden Books Awards 2022 – ha vinto il premio MIGLIORE EDIZIONE al 66° Premio letterario Sandomenichino 2025.
Nei tre noir incentrati sulla figura di Agustín Flores, l’autore passa da una novela negra dal sapore più “locale” e intimo (“Ormai nessuno vive più in certi luoghi” ) a una storia connotata da sfaccettature maggiormente politiche, in cui mistero e pericolo da essere tangenziali diventano sistemici, il protagonista è direttamente implicato nell’indagine e il sistema stesso indagato e messo in discussione. Anche il ritmo della narrazione si fa più incalzante e serrato, i toni più crudi quando ciò che Peña descrive in “Non è manco la fine del mondo” è la vita dei detenuti nella prigione di Libertad, non lontana da Montevideo.
Forse chi si aspetta il classico lieto fine può rimanere deluso perché l’autore usa la novela negra per esplorare questioni sociali, morali e relazionali: scoprendo il colpevole emergono anche trame parallele che coinvolgono la politica, la giustizia e la criminalità sistemica. Le storie prendono il via da un’indagine – per omicidio o per traffici illeciti – che diventa il mezzo per rivelare corruzione, intrighi politici, spesso il malaffare in cui sono implicate le autorità.
Nei suoi romanzi Peña non si limita a un unico punto di vista o a una narrazione lineare, ma usa flashback, appunti, articoli di giornale, bozze di lettere o di diari per dare tridimensionalità ai personaggi, generando nel lettore la sensazione che non tutto sia immediatamente chiaro, come d’altronde accade nella vita di tutti i giorni. Serve pazienza e “fiducia” in un racconto che bilancia descrizione, introspezione e suspence. Perché il giornalista Agustín Flores indaga, scopre più di quanto dovrebbe e si trova coinvolto in situazioni che riesce a gestire grazie alla sua innata curiosità e a un pizzico di (s)fortuna.
Il romanzo “Non è manco la fine del mondo”, che sarà presentato prima a Firenze il 29 settembre e poi a Roma il 30, affronta un tema scomodo, quello della condizione carceraria in Uruguay. Agustín accetta l’incarico di scrivere un libro sulla prigionia nel carcere della città di Libertad. Pensa di guadagnare molti soldi, intervistando i detenuti e dando voce alle loro storie, e immagina anche di diventare famoso. Un compito semplice e ben remunerato, questo è tutto.
Però, mentre lui cerca, qualcuno lo sta cercando… Perché Agustín ha l’innata capacità di radunare intorno a sé un numero imprecisato di persone che vorrebbero toglierlo di mezzo. Inizia così una complessa serie di atrocità e omicidi in cui, ancora una volta, diventa protagonista inconsapevole. Eventi che non riesce a capire, trame occulte nelle quali anche la politica gioca un ruolo di rilievo e che lo coinvolgeranno da vicino. Rispetto ai romanzi precedenti, in “Non è manco la fine del mondo” le atmosfere sono meno rarefatte, il ritmo più incalzante e la narrazione più cruda.





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