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Anno IX
numero 3 – marzo 2000

 L'ANGOLO DELLA POESIA

Il proprio posto di Ardengo
Addio, Amelia di Nicola D'Ugo
Vorrei di Gabriella Dorato
Malato di Paolo Cappai
Bruciando in un torpore che tu non conosci di Valentina Gerardi
"Feriae Augusti" di Luigi Cirilli

Il proprio posto
Intuire il proprio posto.
Intuire quanto deve essere fatto in armonia con la corrente del futuro.
Intuire in concreto l’azione a noi richiesta dalle forze operanti alla costruzione del futuro.
Stare al proprio posto accettando il proprio ruolo.
Con umiltà, con coraggio, in piena, assoluta, cosciente e responsabile libertà.
Stare al proprio posto disponibili nel ricevere e nel dare,
consapevoli che un invisibile legame unisce tutti gli esseri
e che una corrente spirituale ci guiderà oltre il presente.
Stare al proprio posto con gioia, con attenzione profonda
per... ascoltare anche l’altro, certi che... è cosa giusta!
[Ardengo- 1986]

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Addio, Amelia          ASCOLTA LA LETTURA DELL'AUTORE IN MP3       SCARICA L'MP3 (904 KB)
La tua voce di struzzo o cigno scuoiato.
La ricordo in una serata d’estate,
un volto cimiteriale da una luce atrale
in aula quattro, a villa Mirafiori.
La giustificavi a tuo modo, dicendomi:
è un difetto gutturale, un’imperfezione fisica
non una scelta musicale. Ma non mi bastava.
Sapevo come cantavano le voci piú prossime
agli angeli, gli spettri del nordeuropa e le falene
dei poeti. Cosí ti dissi: v’è musica con-
temporanea, un suono non musicale,
un accento stonato, il guizzo deviato e deviato.
        *       *       *
Poi ti rividi, sempre poco in carne,
in vicolo Savelli, pizzeria Montecarlo.
Ero con la mia amante, che mi chiese poi:
chi è? Parlammo ancora un poco di poesia
sapendo che ciò che contava era
la vita vera. Ci promettemmo di vederci
ancora, ma Roma promette, inganna,
senza malizia, nella piú completa noncuranza.
        *       *       *
Parlavi di morte. Ti saliva da dentro,
dall’ombre piú solide e compatte.
«Mi truccai da prete della poesia
ma ero morta alla vita», scrivevi.
Ora s’aggrappa alla finestra il tuo «teschio»,
urla impazzito: siamo pazzi, noi siamo
pazzi! Perché è pazza la vita.
Cosa hai fatto, Amelia, teschio ambulante,
signora? Non hanno piú sangue per te le mie mani,
non hanno piú vita? È la pura follia in cui viviamo,
la cecità dei tuoi occhi mi tolgono peso
e misura, mi riducono al niente che provo
a coprire. Sono insensibile spoglia, morto
vivente, ma mi provo a cantare per niente,
ora che è notte, che per te non piú
«la speranza è un danno forse definitivo».
Nicola D’Ugo

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Vorrei
Vorrei percorrere la mia mente
in un viaggio interminabile.
Vorrei capire la mia aniama,
nutrirla con amore e comprensione.
Vorrei avere meno presunzione
e più volontà
di essere me stessa.
Vorrei correre libera,
sgombra da vincoli e legami.
Vorrei viaggiare con me stessa accanto,
tranquilla e soddisfatta.
Vorrei sentirmi realizzata
nell’intimo del mio cuore.
Vorrei amare chi mi ama,
amare ancora di più,
amare completamente.
Vorrei sedermi sulle ginocchia
di chi è pronto ad accogliermi,
così come sono,
deludendo, enfatizzando,
deridendo seriamente me stessa.
Vorrei fermarmi in tranquillità,
perché sono stanca di lottare.
Gabriella Dorato

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Malato
Come oso chiamare apparenza
la palude melmosa dell’angoscia esistenziale
che sembra alimentata
da una sorgente di fango intrinseca al mio essere?
Come mi permetto di credere
che quella massa fangosa
nasconde in realtà
sorgente cristallina e pura di vita?
Eppure sono oramai malato incurabile
di tale speranza.
Paolo Cappai

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Bruciando in un torpore che tu non conosci
mi chiedo per quanto tempo ancora
saranno le mie braccia così pesanti.
Mi chino
mi muovo divincolandomi tra i mille nastri
che racchiudono ogni mio dolore.
Ma due piombi
devono le mie spalle sorreggere
e nulla posso ormai.
La libertà non arriverà neanche
in questa vita.
Valentina Gerardi

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"Feriae Augusti"
Torna agosto: ferie in evidenza.
Vedi genti gioire entusiasmate,
impazienti, sul piede di partenza…
triste invece chi già l’ha consumate.
          L’esodo “Feriale” è incominciato,
          il “grosso” in maggioranza se ne va;
          colui che resta, placido e beato,
          può, finalmente, godersi la città.
Però per legge di compensazione,
(in questo caso è non bene accetta)
in cambio “dell’andata” confusione
subisce solitudine reietta.
           Se va alla ricerca d’un dottore,
           trovandolo può dirsi fortunato.
           Si spera sia innocuo malore…
           ammalarsi d’agosto? No, è vietato!
Sarà isolato, necessariamente.
Negozi chiusi in copiosa serie…
un cartello avverte, cortesemente:
“Ci scusiamo tanto, noi stiamo in ferie”.
            Caparbiamente va cercando altrove
            qualcuno “aperto”… sperando tenta.
            Leggerà. “Chiuso fino al ventinove”…
            avanti ancora: “Si riapre il trenta”.
Anche al mercato negozi serrati.
Alfin convinto di girare invano,
brama il “rientro” e, dei giorni andati
rimpiangerà il tramestio urbano.
             Non gara a chi però le ferie gode…
             anzi dirà: “Ma quanto me ce rode!
             Dover tornare alla normalità
             Ricominciando col solito tran-tran”.
Riprenderà vigore l’attività,
il dovere all’opra riconduce:
fonte di vita la produttività.
“Buona ripresa”… pure a “Controluce”!
Luigi Cirilli

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