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Ciampino – Ciao Italo

Ciampino – Ciao Italo
Gennaio 29
12:59 2018

Ciao Italo
Lo scorso 15 febbraio Italo Di Ruzza se n’è andato ma chi l’ha conosciuto lo ritroverà sempre in ogni angolo di Ciampino che amava girare in bicicletta con le figliolette al seguito.
Un pezzo di storia ciampinese che ci piace ricordare proponendo lo stesso racconto che ne fece Italo diversi anni fa, nel 2007, partendo dalle sue origini e abbracciando in breve luoghi situazioni e accadimenti nell’arco di mezzo secolo. Un documento che partendo dalla Ciociaria e attraversando le tragiche vicende della seconda guerra mondiale ci riporta alla Ciampino delle borgate e dell’accoglienza che spesso generava ricchezza umana.
Questo il racconto di Italo, pilota militare, dal 1978 al 31° Stormo all’aeroporto di Roma-Ciampino

“Mio padre Giovanni di Isoletta in Ciociaria, classe 1910, fa il carabiniere e per farsi la motocicletta decide di andare volontario in Africa. In soli due anni mette da parte i soldi per la motocicletta e per l’acquisto di un paio di appartamenti, ma scoppia la guerra e perde tutto. Combatte per due anni in Africa Orientale e, alla fine della guerra, resta prigioniero per sei anni prima di rientrare in Patria. Torna in calzoncini e canottiera a Napoli, si presenta al Comando Carabinieri di Roma e lo assegnano a Ciampino: “Questa è la pistola, passa al vestiario per la divisa e presentati alla caserma di Ciampino”.
Si sposa con Maria, anche lei di Isoletta e vanno ad abitare alla Folgarella in via Donizetti, dove io sono nato nel 1949. Ho una sorella, Rita, nata nel ’52 e un fratello, Paolo, nato nel ’60.
Mia madre vive con mia sorella, mentre mio padre è morto nel 1969, lo stesso anno in cui ho lasciato Ciampino per entrare nell’Accademia Aeronautica a Pozzuoli.
La mia infanzia è trascorsa giocando nei tanti prati che erano vicini alla mia casa in via Giuseppe Verdi, dove in seguito ci siamo trasferiti. Prima eravamo in affitto da Peppe ‘il Vitellaro’ e poi in una casetta che i miei genitori comprarono nel ’52, di fronte a Totò il fruttivendolo. Per molti anni ho fatto il chierichetto e la Messa si celebrava al “palazzone della marinese” dove si arrivava attraversando dei prati che da bambino mi sembravano immensi.
In quei tempi la cosa più bella che si potesse fare, oltre che giocare a pallone, era girovagare in bicicletta in piena libertà per le strade quasi deserte.
Dall’età di 14 anni in estate facevo dei lavoretti in quasi tutto il tempo libero dalla scuola. Ho fatto il pittore edile ed ho lavorato nei cantieri edili come elettricista o come semplice manovale. A fine estate andavo a vendemmiare fino all’apertura della scuola.
Quando sono diventato più grandicello ho fatto il barista all’ “Oasi” in via Folgarella, meglio conosciuto come il ‘Chioschetto’.
Quella, per me, è stata una grande esperienza di vita perché mi ha permesso di conoscere molte persone e di venire a contatto con realtà diverse dalle quali ho cercato di trarre degli insegnamenti.
Con i soldini che guadagnavo, in parte aiutavo i miei genitori a comprare i libri per la scuola e in parte li usavo per andare a ballare al “Piccolo Mondo”, che era il locale frequentato dai ragazzi di Ciampino e quindi lo potremmo definire il “Piper” di Ciampino.
Mi sono diplomato all’ITI G. Galilei di Roma e dopo l’Accademia ho frequentato la Scuola di Volo di Lecce e di Amendola (FG) coronando il mio sogno di diventare Pilota Militare.
Il mio primo reparto di impiego è stato alla 46° Aerobrigata di Pisa. Sono ritornato a Ciampino nel ‘78 al 31° Stormo. Avevo con me mia moglie Paola, sposata a Napoli nel 1972 e mia figlia Floriana, nata a Pisa nel ’77. Nell’ ‘81 è nata Sara e nell’’86 ho concluso la mia carriera militare con il grado di Tenente Colonnello, comandando il Gruppo di Volo dei “Canadair”, gruppo adibito alla lotta agli incendi boschivi. Lasciata l’Aeronautica Militare, ho iniziato l’attività di Pilota civile e attualmente (2007, nda) sono Comandante in Alitalia, avendo al mio attivo circa 13.000 ore di volo.
Ogni tanto torno alla Folgarella a trovare mio fratello che abita ancora lì e, nonostante le grandi trasformazioni e la scomparsa dei prati e nonostante che la mia vita si sia svolta in gran parte in giro per il mondo, ho quasi la sensazione che tutto sia rimasto invariato e che io non mi sia mai mosso da lì. Anche sapendo che non è vero, a volte mi sembra di incontrare le stesse persone e di vedere le stesse cose come se il tempo non fosse mai passato”.1
Per volontà della famiglia, nel salutare Italo non fiori ma donazioni alla Black Lions Venezia, Squadra di Power Chair Hochey.

1 racconto tratto da “L’erba sotto l’asfalto” – Edizioni Controluce, 2007

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