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#Nonleggeteilibri – “Un romanzo russo”, classico quel tanto…

#Nonleggeteilibri – “Un romanzo russo”, classico quel tanto…
Agosto 31
18:25 2022

«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)

(Serena Grizi) Un romanzo russo – (titolo originale: Un roman russe) di Emmanuel Carrère, Gedi ed. 2022 traduzione di Lorenza Di Lella e Maria Laura Vanorio € 10,90 isbn 9771124848076, edizione Adelphi e-book € 8,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR https://sbcr.comperio.it/

Leggendo non in ordine la produzione letteraria del notevole autore francese Carrère, viene da pensare ‘poche idee ma fisse’ anche se questa è solo l’apparenza. Prendere le storie ai fianchi è la sua specialità e se si cerca una riprova, invece, della importante formazione giornalistica e del complesso miscuglio vita e opere d’un intellettuale curioso basterebbe leggere la raccolta di articoli e saggi Propizio è avere ove recarsi. Ma la sua fortuna di romanziere risiede probabilmente nel rappresentare un uomo contemporaneo difettato, narcisista e pigro quanto basta. Un romanzo russo vede Emmanuel andare a Kotel’nič sulle tracce d’un contadino ungherese di diciannove anni catturato dall’Armata Russa durante la ritirata nel 1944 e ‘dimenticato’ fra un campo di prigionia ed un ospedale psichiatrico per cinquantatré anni: un povero cristo che, per altro, non ha mai imparato il russo, lingua della terra ospitante, perso senza fare rumore. Lo scrittore, nelle sue peregrinazioni per mettere insieme il materiale per scrivere, incontra una coppia di giovani fascinosi: un giovane uomo e una ragazza che ne è la compagna e il loro bambino. C’è da fantasticare sulla loro provenienza, su qualche loro segreto, cantano e chiacchierano nei fumi dell’alcol. La ragazza, tempo dopo, verrà uccisa forse perché vicina ad un uomo di ‘apparato’ (la storia non manca di attualità…). Tutti questi ‘ingredienti’ fanno già un romanzo russo? Forse no, ma bastano a prendere al laccio l’autore curioso che dopo essere rientrato in patria fa ritorno presto sui luoghi ‘del misfatto’ per cercare di girare un film, attanagliato da molte incertezze mentre vive, con tutta la troupe ingaggiata, ‘alla giornata’. Il dramma dell’uccisione della ragazza, benché non gridato, scuote tutti loro, altri amici e l’anziana madre di lei: i lutti degli anziani e dei giovani si dipanano solo davanti a grandi bevute, lunghi pranzi e cene durante le quali parlare e poi parlare per farsene una ragione. Un altro dubbio tormenta l’autore, anzi due: capire se è lui l’erede d’un nonno russo, fallito, riparato in Francia senza fare fortuna pur se dotato di grande intelligenza e cultura, sparito nel nulla l’indomani della II Guerra Mondiale perché sospettato di collaborazionismo con i tedeschi (la fortuna salterà quella generazione per rivelarsi poi nella storica Hélène Carrère d’Encausse, membro dell’Accademia di Francia, madre di Emmanuel); l’autore cerca indizi per sapere se le sue esitazioni lo porteranno al fallimento, al lastrico, all’incapacità di amare, qui l’altro dubbio, infatti: quando trova una donna eccezionale, bella, disponibile e amabile cerca di rendere pubblica la liaison erotica pubblicando un articolo-gioco su Le Monde, ma è incapace, non ha le necessarie coordinate, di intuire che la ‘sua’ donna cerca altro (come forse non ha capito che i russi che lui crede di spiare lo tengono d’occhio da un pezzo). Il suo russo, la lingua che disperatamente cerca di imparare, va e viene secondo le vicissitudini del viaggio a Kotel’nič; la sua Sophie è quasi perfetta (ma una vocetta interiore gli ripete che è troppo piccolo-borgese per lui…). Forse è questo l’effetto che Carrère cerca: far credere ai suoi lettori di non aver capito poi tutto quel che gli è accaduto ben sapendo che una sola delle vicende di Un romanzo russo riempirebbe l’intera esistenza dei piccolo-borghesi che lo leggono e così, per questi, si ‘immola’. Il confine tra realtà e romanzo resta vago e lo scrittore ci ha ormai insegnato che non è poi così importante, specialmente in un romanzo russo che, come questo, può incantarci come nelle vecchie storie dell’indimenticabile L’angelo suggellato di N. Leskov: la cucina con il gelo fuori e le bevute di vodka che liberano le storie sono il corrispettivo del camino della locanda che isola dalla neve; anche se le vicende amorose, invece, sono molto meno romantiche che ne La casa Russia di J. Le Carré. Ma aver rinnovato la tradizione del romanzo russo con gli ingredienti meno fascinosi del mondo globalizzato (il libro è del 2007) è senz’altro un grande merito. 

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