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Vaccinazioni, cronaca di una giornata tipo…

Vaccinazioni, cronaca di una giornata tipo…
Marzo 30
16:15 2021

(Serena Grizi) Arrivando alle 10 di mattina presso uno dei grandi hub vaccinali della regione, (hub=centro di raccordo e passaggio) secondo l’inglesismo di moda, quello della Nuvola, quartiere Roma Eur, si respira l’atmosfera un po’ dimessa che ci si è abituati a respirare in ogni momento attorno a ciò che riguarda le varie fasi della pandemia da covid-19 che avvolge la Penisola, ma si sente anche un brusio simile a quello dei grandi eventi. Certo non si tratta né di uno show né dell’importante fiera dell’editoria che si svolge qui annualmente, ma il vaccino è comunque un evento per chi lo riceve. Le classi chiamate al vaccino sono per ora quelle di persone nate negli anni ’40 accompagnate, solitamente, da un familiare. C’è già una discreta coda ma ogni operatore fa la sua parte, anche gli addetti a tenere l’ordine delle file d’attesa che bonariamente, ogni tanto, invitano a sfilare avanti fino ad arrivare al gazebo dal quale poi, presa la temperatura corporea, ogni persona potrà accedere all’accoglienza che verifica l’avvenuta prenotazione on-line e avvia il paziente ad una sala d’attesa per il triage: la fase nella quale si verificherà se il vaccino disponibile in quel momento può essere somministrato alla persona che si ha davanti, sottoponendola ad una anamnesi delle condizioni di salute. Prenotare on-line non è un’impresa: piuttosto facile ed intuitivo sul portale della propria asl di appartenenza, si può verificare subito se si fa parte delle categorie in via di vaccinazione e scegliere il centro opportuno secondo le proprie disponibilità di giorno e orario. Facilmente si trovano, sempre on-line, brevi filmati che mostrano come muoversi all’interno di questo vasto hub: esistono dei semplici percorsi guidati, utili poiché i familiari o altri accompagnatori, a meno che non ci siano gravi impedimenti fisici del vaccinando, non sono ammessi. In ogni caso il personale presente è disponibile ed i percorsi sono segnati da opportuni schermi che mostrano le numerazioni per rispettare le file. Se dopo la verifica di eventuali cartelle cliniche e certificazioni riguardanti la propria patologia, i sanitari decidono che il vaccino in somministrazione non è adatto per il proprio stato di salute, si può essere differiti ad altro giorno ed altro orario. Di tale eventualità si può essere informati solo dopo questo attento triage. In ogni caso, che si possa ricevere subito il vaccino o che si debba andare dopo qualche giorno a riceverlo in un altro punto vaccinale, i tempi di attesa per i vari passaggi si aggirano attorno ai 30-40 minuti totali fra esterno e interno.

In un complesso asl poco distante dall’hub Nuvola, in un quartiere di quelli romani in piena decadenza (vecchi palazzoni, quasi assenti negozi e bar, intuitivamente già da molto prima del covid-19; eterni lavori stradali, vie abbandonate a quell’incuria generica che ormai è dato vedere in tutta la Capitale), somministrano i vaccini che non erano disponibili nei giorni precedenti all’hub Nuvola. L’appuntamento stavolta è pomeridiano: per arrivare all’ambulatorio si attraversano vasti spazi con edifici abbandonati, in parte cadenti appartenenti ad almeno due epoche diverse; alcuni recuperati allo svolgimento di attività sociali che almeno fanno intuire un pizzico di vita nell’insieme desolante e poco curato. Attorno campi incolti e stragi dei pochi arbusti e alberi sopravvissuti e utilizzati per ogni scopo: su uno è appeso un cartello dove si legge che nei giorni in cui si somministravano i tamponi veloci (sembra passato un secolo, si tratta di settimane) c’erano tempi di attesa in coda di circa 3 ore. Adesso, invece, si somministra il vaccino – il vaccino – e alle 16 del pomeriggio di un giorno infrasettimanale non c’è nessuno. Giunti vicino agli ambulatori stessa situazione. Gli addetti, infermieri, amministrativi, accolgono subito chi, provvisto di prenotazione con giorno e orario, deve ricevere il vaccino. Alla spicciolata arrivano persone che sono state ‘rinviate’ dall’hub Nuvola ad altro giorno e altro vaccino. Ci sono molti anziani, soprattutto in coppia. Alcuni non si fidano più: se un appuntamento per il vaccino ti è sfumato sotto il naso non riesci più a credere che, in un tale altro giorno e orario al quale ti hanno destinato, il vaccino ti sarà somministrato. Così si presentano in anticipo a chiedere se è vero che lì fanno il vaccino tal dei tali. Qualcuno mostra sul cellulare che la conferma dell’appuntamento è per il giorno dopo ma senza un orario prefissato. Una infermiera molto gentile e paziente spiega che se non è stato dato un orario è meglio presentarsi la mattina tra le 10 e le 12, perché le dosi vaccinali non arrivano prima delle 10 ma presentandosi di pomeriggio, invece, si rischia di trovarle già tutte prenotate. Agli altri spiega che dovranno venire proprio il giorno e nell’orario dell’appuntamento altrimenti non troveranno la loro dose disponibile. Le persone si persuadono, troppo gentile e competente l’infermiera addetta per non crederle. È giovane e volenterosa e si dice dispiaciuta che persone anziane siano costrette a girare tanto per ottenere il vaccino e che c’è da comprendere la loro giusta ansia. L’ultima coppia di persone con cui ha parlato per avvicinarla hanno indossato le visiere di plastica; finito il colloquio le hanno riposte cautamente in una bustina del supermercato, hanno rimesso la mascherina d’ordinanza, come facessero quella vita da sempre e non solo da un anno, e hanno preso a ripercorrere il vialone che conduce all’uscita, sotto un sole che, complice l’ora legale e l’ondata di calore improvvisa, appare implacabile. Un’altra coppia, uno di loro con invalidità totale, apprendono che lui potrà fare il vaccino il giorno dopo, ma per lei, seppure prestatrice d’assistenza, caregiver, sarà possibile vaccinarsi solo fra un paio di mesi (l’ennesimo inglesismo indica l’assistenza che si porta nella coppia, in famiglia, nei confronti dei membri più fragili, come non pensare in questo periodo problematico anche ad eventuali aiuti fraterni, solidali, fra persone amiche, famiglie di fatto, fra le quali non intercorre parentela…). Intanto gli operatori addetti alle prenotazioni chiamano al telefono le persone che erano prenotate per quel pomeriggio ma che non si sono ancora presentate. Così viene da pensare che finché in quell’asl si somministravano tamponi c’era tanta gente ad aspettare tanto da causare 3 ore di attesa, mentre ora chi deve effettivamente ricevere il vaccino neppure si presenta e non disdice l’appuntamento al quale, forse, non intende presentarsi.  Al netto delle comunicazioni ufficiali, dei ripetuti servizi televisivi che decantano l’operosità del servizio nazionale e dei suoi operatori, che comunque sembra funzionare piuttosto bene nelle diverse fasi dell’esperienza vaccinale, appare indubbio che il partito ‘no vaccini’ non sia poi tanto esiguo, anche se qualche ruolo, con tutta probabilità, devono averlo giocato la paura, l’incertezza e la disinformazione dopo lo stop europeo delle settimane scorse alla somministrazione di uno dei vaccini più diffusi.

Qui, come all’hub Nuvola e accanto a tutta la comunicazione vaccinale appare la primula rosa intenso: che vuole essere, nell’intenzione di chi l’ha ideato, segno di rinascita, colorato e rassicurante (e di spesa che è stata risparmiata: per le somministrazioni si intendevano installare dei padiglioni nuovi di zecca che sarebbero costati migliaia di euro).

Quel che si può ‘toccare con mano’, guardandosi attorno, è la spogliazione progressiva che in alcune decine di anni è stata perpetrata ai danni della ‘cosa pubblica’, la sanità in questo caso. È in un momento così grave che le persone addette, con le loro professionalità, la loro umanità e la volontà di svolgere un buon lavoro, stanno facendo la differenza, ma ciò non cela la fatiscenza del patrimonio immobiliare, la fatica per tenere in piedi qualcosa che fa fatica a starci. Sarà opportuno ripensare molte cose, eliminare molti sprechi strutturali più che sottrarre prestazioni sanitarie ai cittadini; utilizzare dove possibile supporti tecnologici, non solo in caso d’emergenza. Ricordarsi, noi cittadini, anche nel momento dell’esercizio del diritto di voto, che la sanità è di tutti.

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