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Presentazione del laboratorio di teologia laica e popolare

Settembre 11
17:24 2010

Che cosa è la teologia? Siamo sicuri di saper rispondere a questa facile domanda?
Un tempo la risposta si dava per scontata e forse non avrebbe avuto nemmeno senso porsi una questione del genere. La teologia – dal greco antico τηεοσ, theos, Dio e λογοσ, logos, parola – è il discorso, il ragionamento su Dio. La teologia era perciò al vertice di ogni disciplina, in quanto, il suo oggetto, Dio, era riconosciuto universalmente come la ragione di tutte le cose, tanto che nel medio evo ci si poteva coerentemente chiedere se un ateo potesse essere un buon matematico. Questo avveniva nel medio evo e oggi non avviene più perché la teologia è sì la scienza sovrana, ma a condizione che il mondo sia fondato sulla religione. E allora, per rispondere alla nostra domanda, vale la pena chiedersi rapidamente anche cosa sia la religione. È certo che il significato del termine sia quello che lega la religione al rapporto tra l’uomo e il sacro ed alla comprensione unitaria della realtà che ne scaturisce. Sebbene l’etimologia di “religione” sia incerta, fa scuola la ricostruzione di Cicerone, il quale trova in religio un derivato del verbo legere inteso nel significato di ‘cogliere o riunire’: re-ligione, significherebbe “cogliere insieme”. Il mondo religioso è un mondo in cui tutto viene riassunto dal significato dell’esistenza nel suo collegamento al divino.
Non occorre essere dei fini sociologi per constatare che oggi questo significato della teologia perde un po’ di smalto proprio perché il mondo religiosamente unito non esiste più. Questo c’entra poco o nulla con il fatto che altre religioni si siano affacciate nel mondo occidentale e che la compresenza di culti e credenze sia una realtà ormai data per scontata dalle nostre parti, con buona pace di nostalgici e fanatici di una non ben chiara salvaguardia dell’ “identità”. Al netto dei fondamentalismi, del devozionismo e del fanatismo, fenomeni pure non trascurabili, la contrapposizione non è tra ebreo e cristiano, tra islamico ed induista, tra credente ed ateo, ma tra chi intende fondare la propria esistenza su valori religiosi imposti evidentemente anche agli “infedeli” e chi invece crede nella convivenza possibile tra fede e laicità. Questa convivenza non significa che la visione laica e quella credente si ignorino, cercando di non darsi troppo fastidio. Al contrario: un mondo culturalmente laico nel quale sia possibile essere religiosi e laici è fondato sul tentativo di confrontare ragionevolmente le ragioni religiose con quelle di chi non le condivide. In ogni caso, semplificando, il fatto che non sia più possibile dare per scontata una visione religiosa del mondo non significa certo che viviamo in una società atea, ma che il credente, al contrario, è chiamato continuamente a dare ragione della propria fede, misurandola in ogni campo con una diversa concezione dei fatti e delle cose.
La scommessa di una “teologia laica” è quella di trasportare sul piano della riflessione teologica un metodo fondato sulla capacità di riflettere razionalmente ed in maniera condivisibile con gli altri su una condizione personale e sociale: quella di essere uomini religiosi! Questo metodo garantisce una condizione, a nostro avviso, fondamentale: avere il mondo come interlocutore privilegiato, sia nel pensare Dio, sia nell’esercizio di quella che si chiama “carità”; (perché) è proprio il mondo, l’altro, la socialità, il prossimo, l’interlocutore privilegiato del cristianesimo in quanto tale (Vito Mancuso, Filosofia.it, 9 febbraio 2010).

Alla luce di questa breve premessa, torniamo alla domanda: che cosa è oggi la teologia? La teologia rimane, almeno per il cattolico, lo studio su Dio. Questo studio, però, deve trovare un materiale da studiare sulla base dell’esercizio della ragione e di un metodo rigoroso alla luce degli odierni paradigmi. Molti teologi negli ultimi due secoli hanno tentato di descrivere un metodo che potesse corrispondere alle esigenze, oserei dire “scientifiche”, dei tempi moderni. In particolare dopo Kant si è tentato di attribuire alla teologia un metodo che potesse permetterle di confrontarsi con le altre scienze umane che rispondono a criteri di scientificità ed osservano fenomeni che avvengono nella griglia spazio-temporale. In questo senso la teologia è diventata sempre più “laica”. Non a caso uno dei più grandi teologi del secolo scorso, Karl Rahner, molto sensibile alle istanze del tempo, è stato chiamato ad insegnare teologia nell’Università laica di Monaco, mentre nelle aule accanto si insegnavano le scienze cosiddette “profane”.
Ora dobbiamo considerare che la teologia cattolica, perché chi scrive è formato da questa teologia, ha da sempre e storicamente avuto tre fonti o oggetti di studio: la “Rivelazione”, la “Tradizione”, l’ “Autorità”. Questi tre elementi sono più che sufficienti per il cattolico, semmai, in ambito cattolico, ad un successivo livello di riflessione, si può discutere su cosa sia effettivamente scritto in un brano biblico o come leggere autenticamente il testo di un documento conciliare, per questo la teologia si avvale di specialisti in esegetica, ermeneutica, storia etc. Tuttavia è chiaro che un non credente o un credente di altra religione non accetterà mai una discussione teologica basata su un elemento che è fatto proprio solo dal cattolico, sia esso un versetto del Vangelo, come pure un dogma di un Concilio. Dobbiamo per questo accontentarci di rispondere alla domanda su cosa sia la teologia solo limitandola ad una concezione non condivisa e non condivisibile da chi non si professi cattolico? In questo caso: la teologia sarebbe lo studio sul Dio nel quale credono i cattolici (o i luterani, gli ebrei, i mussulmani…), secondo le fonti che ciascuna religione crede ispirate da Dio. Non vi è dubbio che legittimamente e giustamente questa concezione della teologia, diremmo meglio delle teologie, sopravvive sia in ambito cristiano che nelle altre religioni. Molto spesso è confusa con il magistero, cioè con l’insegnamento delle gerarchie, ma ora non possiamo occuparci di questo.
Tuttavia, anche se ci rassegnassimo a questa definizione parziale troveremo uno spiraglio per un’indagine : la teologia è lo studio su Qualcosa nella quale credono degli uomini.
Ecco allora che emergono due elementi comuni a tutte le teologie: ci sono degli uomini che credono e c’è una fede intesa come atto del credere e come contenuto. Chi sono questi uomini che “possono” credere? Che cosa è questa fede? Proviamo allora a rovesciare la domanda, che ci siamo posti all’inizio: come è possibile, oggi, sviluppare un discorso su Dio?
È esattamente questo lo spunto dal quale parte il laboratorio di teologia laica, il quale, per prima cosa si propone di riflettere sull’opzione di fede. Chi è l’uomo che può decidere e decide di credere? Che cosa è la fede (cristiana)? Che cosa è la rivelazione? Che cosa è la rivelazione in assoluto e per il cristiano in particolare? Che cosa è la tradizione? Che rapporto c’è tra l’autorità e la libertà di ricerca teologica? Questa riflessione parte in maniera piuttosto pragmatica da una scelta già operata dall’individuo che si pone queste domande: quella di credere. L’uomo che si interroga, in questo caso, già crede. La sua onestà è quella di riflettere sul proprio atto e successivamente anche sul contenuto della propria fede a partire da una scelta già fatta, che è anche l’orizzonte di comprensione di quanto va a riflettere. Certo al cristiano basterebbe credere e semmai sviluppare i contenuti “creduti”. Sobbarcarsi la fatica di riflettere sulla propria fede è uno sforzo non necessario, ma quando si decide di compierlo si è ben consapevoli che si sta riflettendo sulla cosa più importante, il senso della propria esistenza. Solo al termine di questa riflessione ci si potrà chiedere: chi è Dio per noi? Chi è il Dio che si manifesta nelle nostre storie e che ci propone un cammino di redenzione e liberazione? Che rapporto c’è tra questo Dio per noi e Dio in sé?

Il laboratorio non ha alcuna intenzione di essere in contrapposizione al magistero ecclesiastico, anzi, chi lo propone è un cattolico convinto che ha studiato presso la Pontificia Università Gregoriana ed ha insegnato presso l’Istituto di Scienze Religiose dei Castelli Romani, tuttavia la scelta di riflettere sulla fede fuori dai locali di una Chiesa è un invito ad utilizzare la “ragion laica” per mettere in discussione radicalmente le ragioni della propria esperienza religiosa e di coglierne gli effetti nell’impegno concreto delle proprie esperienze quotidiane di relazione con gli altri.
L’invito è quindi rivolto a tutti, credenti e non, laici e (perché no?) sacerdoti, cristiani, ebrei, islamici: l’unico impegno richiesto è quello di mettere a disposizione le proprie forze per sviscerare le ragioni dell’esperienza religiosa che è in noi e della quale siamo chiamati a rendere ragione.


Il laboratorio, della durata di 15 sedute, è gratuito e inizierà giovedì 7 ottobre 2010 presso la sede di Controluce in Monte Compatri, via Carlo Felici 18/20.
Il programma e le date sono consultabili visitando il sito dell’associazione all’url:

www.controluce.it

Orario del corso: dalle 18:30 alle 20:00
Info: Renato Vernini – renato.vernini@gmail.com

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