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“Organizzazioni sociali”: quale nesso?

“Organizzazioni sociali”: quale nesso?
Febbraio 22
10:43 2018

Analizzando il titolo II – persone giuridiche – del libro I e passando per il titolo V – delle società – e VI – delle società cooperative e delle mutue assicuratrici – del libro V del codice civile, ci si rende conto che la materia trattata ha un “nesso omogeneo”. Innanzitutto, le associazioni si dividono in associazioni riconosciute e in associazioni non riconosciute; mentre le società, in società commerciali e non. Conviene contenere nel codice civile una disciplina unitaria per tali forme organizzative dove le singole differenze, come no scopo di lucro o attività commerciale, sono da rintracciare nell’atto costitutivo, oppure la strada da percorrere è quella con un particolarismo di disciplina sempre maggiore? Mentre possono costituirsi associazioni “atipiche” (art.36 c.c.), ciò non vale per le società, come definito dall’art. 2249 c.c.: “Le società che hanno per oggetto l’esercizio di una attività commerciale devono costituirsi secondo uno dei tipi regolati nei capi III e seguenti di questo titolo. Le società che hanno per oggetto l’esercizio di una attività diversa sono regolate dalle disposizioni sulla semplice…”. Se si considera la distinzione tra organizzazioni con obbligo di registrazione nel registro delle imprese e organizzazioni senza obbligo, si nota che associazioni non riconosciute e società semplici hanno una struttura organizzativa che attribuisce maggior libertà all’autonomia dei soci. Infatti, l’art.36 c.c. stabilisce che: “L’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche (no iscritte nel registro delle associazioni) sono regolati dagli accordi degli associati.”; mentre l’art.2251 c.c. che: “Nella società semplice il contratto non è soggetto a forme speciali…”. Invece, gli art. 2295, 2316, 2328, 2463 e 2521 c.c. richiedono l’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico e l’iscrizione nel registro delle imprese come stabilito dall’art.2195 e 2196 c.c. per esercitare attività economica, attribuendo meno autonomia sociale. Il passaggio dalle norme di un’associazione a quelle delle società semplici e via via fino ad arrivare alle società cooperative ha una caratteristica comune: si rifanno “per quanto compatibile” alle norme precedenti, naturalmente appartenenti alla stessa “categoria”, ossia alle associazioni, alle società a base personale o a base capitalistica, dove comunque tali categorie non sono a “camera stagna” ma presentano un “nesso organizzativo” omogeneo. Lo possiamo dedurre mettendo a confronto i seguenti articoli: art.16 c.c.; art.36 c.c.; art.2251 c.c.; art. 2295 c.c.; art. 2316 c.c.; art. 2328 c.c.; art.2454c.c; art.2463 c.c.; art.2521 c.c. Ora, il codice civile prevede gli istituti della fusione, scissione e trasformazione la quale quest’ultima, è sia omogenea, es. da società a società, che eterogenea, es. da società ad associazione e viceversa, come risulta dagli art. 2500 sexies c.c., 2500 septies c.c. e, in ultimo, dall’introduzione dellart.42bis c.c. inserito dall’art.98 del D. L.vo 3 luglio 2017, n.177. Analizzando la disciplina prevista per le società s.r.l., essa possiede in sé elementi tipici sia delle società a base personale, che a base capitalistica. Dalla relazione sulla riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366, si evince che questa “accentuata elasticità” contrattuale, basata su di una “società personale” che “gode del beneficio della responsabilità limitata”, si esprime in vari modi: a differenza delle s.p.a., è possibile conferire prestazioni d’opera e servizi; il singolo socio ha il diritto di essere informato dagli amministratori e di ispezionare direttamente i libri sociali, i documenti, promuovere l’azione sociale di responsabilità; spetta stabilire al contratto sociale le competenze da attribuire ai soci e agli amministratori, dove si può prevedere un’amministrazione congiuntiva o disgiuntiva; la costituzione dell’assemblea è rimessa all’autonomia contrattuale, prevedendo specificatamente che le modifiche dell’atto costitutivo sono di competenza dell’assemblea. Per quanto riguarda invece la società cooperativa, l’art. 2522 c.c. stabilisce la prevalenza alla persona, anziché al capitale. Infatti, è richiesto un numero minimo di soci, che se non si rispetta, la società entro un anno si scioglie, e non un ammontare minimo di capitale. Quest’ultimo è limitato nel massimo per singolo socio, con riferimento all’ammontare del singolo conferimento, come stabilisce l’art. 2525 c.c. A questo punto, è possibile ipotizzare una disciplina comune per tutti gli enti giuridici, dove le varie differenze “organizzative” emergerebbero dall’atto costitutivo e dallo Statuto? Elementi essenziali comuni, come responsabilità amministratori, tutela soci, creditori e decisioni prese in modo da rispecchiare la maggioranza dei soci e del capitale, con elementi facoltativi affidati all’autonomia sociale. La ratio in tal direzione pare ci sia. L’art.1322 c.c. stabilisce che “le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge….” e che “…possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi …. purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.”. Possiamo estendere la libertà contrattuale prevista nell’art. 1322 c.c. anche all’art. 2249 c.c. con le opportune cautele? D’altronde, in un passo della relazione citata, con riferimento alle società cooperative, si fa riferimento a un “modello base……ossatura del sistema”. Nello “scopo”, indicare l’attività non commerciale o commerciale e nella “denominazione” indicare la tipologia dell’ente come associazione, società, ecc.? Il codice di commercio dell’800 distingueva tra società civile e società commerciale; mentre il codice civile attuale tra società non commerciali e commerciali. Reductio ad unum? Idee in libera uscita…………No?

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