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Educazione: Una responsabilità sociale che richiede consapevolezza

Maggio 05
16:31 2019

È straordinario come, cambiano sì i governi, ma nella scuola le problematiche si ripetono, tanto che le riflessioni di alcuni anni fa sono sempre attuali. Poiché la priorità della scuola, leggendo i giornali, sembra essere il grembiule, mi piace riproporre un vecchio articolo nel quale cerco di esprimere qualche concetto maturato nel tempo, dopo anni di esperienza con la Scuola fatta di alunni, insegnanti, genitori… verificando che l’Educazione è una vera e propria scienza, disciplina che coinvolge la società tutta nel suo complesso per cui è bene di tanto in tanto rispolverarne il senso profondo e la valenza per tutto l’arco di vita del singolo e di quanti vivono intorno a lui. A contatto con bambini, senza mai mollare la tensione e l’attenzione verso problematiche incalzanti con protagonisti differenti, è d’obbligo riflettere, in certe circostanze, per fare il punto della situazione. Il mondo rappresentato dalla comunità scolastica in cui questa ci vive sembra essere soltanto il campo di gioco di qualcuno che si allena teorizzando, legiferando e che per forza di cose sta in panchina, mandando a confrontarsi con il bambino chi è sempre andato: il docente, l’educatore. Tutto riporta a quel prezioso rapporto, fondamentale per poter iniziare, quel rapporto che ha bisogno di mesi, di spazi, di strumenti e della dedizione che nessuno può dare tranne l’educando. In momenti di crisi di questo rapporto nuove porte dovrebbero aprirsi: enti locali e nazionali, nuove intese tra team di diversi gradi di scuola e le famiglie… oltre ad associazioni varie che promuovono cultura.  Come dicono troppi pochi esperti, lo sviluppo finanziario non può prescindere dal corretto modo di fare politica nei confronti della scuola. È necessario invertire la tendenza negativa nel finanziamento dell’istruzione; formare, motivare e rinnovare il corpo docente;   per una maggiore efficienza e per un accesso più facile al mondo dell’insegnamento occorre seguire fin dal primo anno di studi un tirocinio quotidiano nella classe, accanto a chi ha esperienza. Ma la burocrazia frena anche qua purtroppo. Formare, motivare e rinnovare il corpo docente, assieme agli strumenti, è quello che preme forse maggiormente all’interno del team quando ci si trova davanti a situazioni vecchie, richieste dal processo educativo, che si ripetono all’insegna di nuove realtà fluttuanti a disposizione e nuove esigenze della scolaresca e della società. Ancora una volta siamo in un momento di transizione: l’era digitale corre e le strutture arrancano a mantenere il passo. Tutto ritorna al rapporto docente-alunno. Nessun passaggio educativo può prescindere da un’interazione intensiva docente- discente e la tecnologia non può distrarsi da questo fondamentale “rapporto umano”.  Fiducia piena tra educatore ed educando, la maturità dell’adulto, la sua umiltà e autorevolezza, la coscienza che i saperi comportano costruzione del sé e traslazione, relazione e partecipazione attiva, sono ingredienti che non possono mancare nella ricetta della crescita sociale. Con la nostra persona e personalità, tutti e ognuno occupiamo in qualche modo, un posto nel piccolo mondo nel quale viviamo e interagiamo. Ci siamo mai chiesti se in questo ambiente più o meno limitato qualche volta siamo stati educatori? Quanti bambini, adolescenti, giovani ci hanno ascoltato con attenzione mentre parlavamo? Ecco, in quel momento siamo stati educatori, anche se magari non abbiamo riflettuto sulla grande, enorme responsabilità che avevamo nel ricoprire quel ruolo. Per usare altre parole: giovani in cerca di identità ci avranno anche soltanto guardato, scrutato, ammirato… e noi inconsapevolmente siamo stati educatori. I giovani in genere sono aperti alla crescita e vedono spesso non nel coetaneo, ma nel comportamento dell’interlocutore adulto un punto di riferimento, vuoi per la disinvoltura o per la simpatia, vuoi per la fonte di risorse che vi avvertono, per l’autonomia che auspicano, per i saperi o passioni che percepiscono, là si veste un ruolo pregevole. Insomma anche noi, se non lo siamo già stati, siamo potenziali “miti” per bambini e adolescenti e a tal proposito siamo responsabili della nostra educazione e di quella altrui. Coltivare la crescita della persona integrale, sembra essere un po’ fuori moda, in quanto l’immagine e la cura della stessa occupa un posto rilevante, in alcuni campi determinante nella società complessa. La distrazione dell’apparire spesso è a discapito della maturazione armonica che comprende il rispetto di regole e valori morali, ovvero i presupposti per il sano inserimento futuro. La responsabilità educativa dunque ha dimensioni sociali, oggi più che mai: le nuove generazioni genitoriali si ritrovano sprovviste di “strumenti”, esperienze edificanti, perché catapultate nella frenesia quotidiana degli ultimi anni. Il ventennio scorso non ha lasciato spazio adeguato alla crescita dell’educatore materno/paterno distratto dalle opportunità bombardanti, insostenibili, che hanno richiesto corse fuorvianti dalla parte umana della persona per mantenere il passo con la società consumistica, tecnologica, digitale, magari anche per dare condizioni favorevoli ai figli stessi. Come compensare passaggi saltati? Come recuperare spazi/tempi non offerti nei momenti dell’adolescenza? Lasciamo spazio al dubbio e facciamoci soccorrere, assistere. Se c’è la consapevolezza il tempo rallenta con noi, siamo noi a dover gestire il cammino nella folata di vento: guardiamoci intorno e soffermiamoci un attimo per coltivare l’umanità della vita. Riallacciamo legami che avevamo, per distrazione, slacciato, raffreddato. I momenti intimi a scadenza mensile, annuale… con i nonni, gli zii, i cugini, spesso rappresentano una trasmissione di messaggi che, inconsciamente sottovalutiamo, ma indispensabili per la formazione di identità. E qua non possiamo non far riferimento anche al valore educativo della Storia: gli addetti ai lavori ritengono che anche nella scuola primaria sia indispensabile far conoscere i fatti che portarono all’Indipendenza, all’Unità, le lotte per la Liberazione… perché non ripristinare i Programmi che per quanto riguarda la Storia non difettavano? Vivere nella sostenibilità, perseguire l’equità e creare presupposti al vivere sociale, certo non è una passeggiata semplice, ma tutto deve concorrere: se anziché la collaborazione e l’umiltà per favorire un’apertura a dialogo e legami, affiora l’orgoglio, si creano danni irreparabili per l’inevitabile disorientamento infantile e adolescenziale. Prima di tutto l’essere umano! È lui la priorità. È sempre presente il rischio di delegare agli altri l’essere esempio di disponibilità e confronto. L’individualismo incombe, deve essere la consapevolezza e gli affetti a permetterci di guardare in faccia chi ci sta accanto, qualsiasi sia la sua età e il suo ruolo.    L’essere umano è educando che assorbe, che naturalmente acquisisce e modella una identità nuova e unica, quell’essere vivo grazie alle relazioni, le quali a loro volta per realizzarsi necessitano di crescita, positività, disponibilità a ricevere e dare nel contempo. Nel consumismo e permissivismo, nella propaganda distorta e incoerenza politica generalizzata… ci si ritrova con un carico di responsabilità o meglio di lavoro ancora maggiore: fare opera di decondizionamento per riportare nel fanciullo la serenità educazionale nella quale intravedere riferimenti certi, a lui più prossimi, valori come la famiglia, l’aggregazione amicale sana quale punto focale per coltivare sane ambizioni che lo guideranno a trovare la propria identità.     Nessun educatore, per quanto maturo sia, può portare da solo il suo carico, né famiglia, né maestro, ben venga la collaborazione tra educatori … Ciascuno con la propria competenza e senza limitare, con pastoie burocratiche iniziative che fanno da catalizzatore dell’educazione, come organizzare brevi uscite sul territorio o assistere ad uno spettacolo teatrale, attivare un corso di scacchi in classe con esperto. Inoltre, quando un genitore contraddice (per usare un eufemismo) la scuola si crea una voragine, un disorientamento incolmabile. Meglio cambiare scuola e maestra/o che smentire l’istituzione davanti al proprio figlio incapace di razionalizzare su quanto i suoi educatori (genitori e scuola/maestro) non riescono a mettersi d’accordo. Riguardo la motivazione di chi educa, in particolar modo quella dell’insegnante, negli ultimi decenni ha percorso una strada a ritroso da quando, come famiglie, abbiamo frantumato quel rapporto   docente-discente, prendendo le difese del soggetto sbagliato anziché portare avanti un’unica voce, per rafforzare l’unico obiettivo, quello dell’educazione. È quello sgretolamento sociale che per primo andrebbe rivisto. A ognuno il suo compito senza dimenticare che l’alunno è uno e ha l’adulto come riferimento, che sia genitore prima, insegnante dopo e… politico non ultimo.

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