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Duello

Aprile 12
11:20 2011

Lei:

La spada è di cartone. Riposta nello stanzino come in una teca, si è sfatta e disfatta per l’umidità e la mancanza di aria, è marcita completamente marcita, fasulla spada di cartone ritenuta preziosa ritenuta sacra, gioiello dell’arte dell’inganno e dell’autoinganno, unica e di pregio inestimabile, frutto del lavoro ossessivo di una mente morbosa e di un cuore visionario, entrambi innamorati dell’idea di una Spada capace d’infilzare con un solo fendente due vite e due destini per farne unico corpo.
Spada inestraibile, Spada lucente, inalterabile Spada, impietosa amorosa Spada, dritta Spada, Spada che non s’incrocia, che non si fa cingere, che non si fa snudare, Spada che non si fa brandire, che non si fa riporre, Spada sguainata, Spada che non ammazza e non fa giustizia, Spada.
Spada che si fa croce capovolgendola, strumento di tortura e di stortura, di pena e di tormento, di sete e di veleno, croce senza delizia che chiede sofferenza e dolore quasi elemosinando, il proprio e l’altrui dolore, dolore subìto dolore inferto.
E la croce che inchioda all’abbraccio mortale, e la spada di cartone che giace marcita nel buio e ancora inganna con la parvenza di arma lucente (figura mentale inossidabile, fascinosa e bella), Spada che evoca cavalieri nobili e nobili gesta, cavalieri erranti e di ventura, cavalieri senza macchia e senza paura. E il Cavaliere solitario e triste che accorre al richiamo dell’amata, prigioniera in un castello di carta che egli, per liberarla, metterà a fuoco e fiamme, fuoco e fiamme che attraverserà volando col suo cavallo nero, e preso il suo amore fra le braccia la condurrà lontana da ogni periglio e da ogni vendetta, e per lei costruirà un nido d’amore inespugnabile in cui consumeranno ogni desiderio, e poi insieme invecchieranno e morranno senza più riconoscersi, senza più ricordare di aver fatto un tempo lo stesso sogno, di aver dato l’anima per viverlo almeno per un momento.

Lui:
Sempre con le tue vecchie storie. Sei noiosa. Io sono stanco. Lavoro dalla mattina alla sera, mi faccio in quattro per non farti mancare legna per il fuoco, latte e pane. Che altro vuoi da me? Che io parli con te? E cosa vuoi che ti dica? Ah, vuoi che ti stia a sentire? E sentiamo! Ma di che parli? No guarda, non ricominciamo. Io faccio tutto quello che devo fare, che mi puoi dire, che mi puoi rimproverare?
Ancora! Ancora con le tue fisse di ragazzina svampita! Ancora con questa storia del guerriero e dell’eroe! Ebbene sì, così mi sono presentato a te, è così che si usa fare, mica è colpa mia, mica me lo sono inventato io il corteggiamento, che poi che mi rappresenta tutta quella perdita di tempo e tutte quelle scemate che si dicono e che si fanno per arrivare al dunque! Ebbene sì, a me piacciono le spade, tutte le armi bianche mi piacciono, mi piace impugnarle, giostrare, schermare. Perché non lo faccio? Ma perché non ho una spada, e perché non sono un cavaliere, e perché non sono matto.
Meglio una pistola di questi tempi, una bella pistola a canna corta, a tamburo rotante, che te la leghi sotto l’ascella e ci vai in giro tranquillo, che se qualcuno t’importuna tu gliela punti alla gola e gli fai mettere le ali ai piedi per la paura, nemmeno serve che spari, che sprechi un proiettile, che ti metti a fare rumore. Una pistola quando ce l’hai ti senti al sicuro, e chi ti tocca quando hai una pistola pronta a sparare che ti sbatte sopra le costole, che ti rimanda il duro del ferro, vuoi scherzare? Altro che spada, altro che le donne, i cavallier, l’arme, gli amori… qui, mia bella principessa addormentata, è ora che ti svegli, che mi fai fare un sonno tranquillo e rilassato, e mica sta scritto in qualche posto, che io ti devo fare da cavalier servente vita natural durante, e contentati di quello che passa il convento! poco ma sicuro…

Lei:
Volevo solo tu mettessi un filo di paglia ogni tanto su questo fuocherello che non vive e non muore, che si alimenta di niente, che langue ma pure è pronto a guizzare se appena tu lo rinfocoli un poco… ma hai ragione tu, è ora che davvero mi svegli da questo mortifero sogno, e mi appassioni alla vita che scorre, che triste scorre senza la lucentezza di una Spada impugnata con destrezza dal mio amato cavaliere, dal cavalier che m’ama, ma è vita, reale e semplice, è tempo che passa e non torna, tempo da vivere pur con la morte nel cuore, con il rimpianto e la rabbia che ustionano il cervello e lo fanno rivoltare come una bestia ferita, privata di artigli e di denti, che sta per essere scuoiata e appesa, e assiste alla sua fine impotente e senza rassegnazione, e vorrebbe marcare col suo sangue il territorio che fu un tempo suo e ora deve lasciare, un territorio che era un paradiso, sia pure un paradiso di menzogne, dove crescevano i sogni nutrendosi di se stessi. E una Spada cercava sempre il cuore da colpire, il cuore da spaccare, rosso e ardente, il Cuore che si offriva alla sua lama come un frutto che scoppia di semi e altro non chiede che di espandersi e proliferare. Ma hai ragione tu, è ora che io mi svegli… e che faccia addormentare te, di un sonno di piombo…

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