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E' morto Mihai, figlio dell'Olocausto e vittima del razzismo italiano

Agosto 04
19:17 2009

La vita all’addiaccio, nei campi “nomadi” annientò, anno dopo anno, il suo organismo. Dopo uno sgombero nel nord Italia, Mihai e la sua famiglia hanno cercato rifugio a Pesaro. Le politiche persecutorie attuate dalla municipalità del capoluogo marchigiano hanno minato ulteriormente la già precaria salute dell’anziano. Evacuati da case abbandonate, scacciati dai parchi pubblici, braccati fin sotto i ponti, Mihai e i suoi cari hanno infine trovato riparo in un edificio abbandonato di via Solferino, più volte al centro di proteste della cittadinanza, che ne chiedeva a gran voce lo sgombero. Grazie alla presenza di alcuni membri del Gruppo EveryOne a Pesaro, la famiglia di Mihai ha potuto restare per diversi mesi nell’edificio e curarsi preso il locale ospedale San Salvatore, che – dopo una serie di scontri con gli attivisti riguardanti il diritto alla salute dei Rom – assumeva l’impegno formale di consentire anche ai “nomadi” l’accesso alle cure sanitarie, in controtendenza rispetto alla maggior parte degli ospedali italiani, che in genere forniscono ai pazienti Rom solo prestazioni di emergenza. A Pesaro Mihai ha lamentato più volte trattamenti inumani e degradanti da parte delle forze dell’ordine, nonché atti di razzismo da parte della cittadinanza. “Carabinieri e polizia mi mandano via in malo modo da qualsiasi angolo in cui mi fermo a mendicare,” ha confidato un giorno a un attivista, “ma quello che mi fa più male è quando i sacerdoti mi scacciano dal sagrato delle chiese oppure chiamano la forza pubblica. Il Vangelo che studiamo noi Rom dice che Cristo e la sua chiesa dovrebbero amare e aiutare i poveri e i malati come me”. Il Gruppo EveryOne ha chiesto più volte alle Istituzioni di Pesaro e delle Marche, con lettere formali e nel corso di incontri, l’attuazione di un programma di assistenza e integrazione per Mihai e la sua famiglia, ricevendo risposte risposte e promesse tanto confortanti quanto regolarmente disattese. Anche la Scavolini Spar, gloriosa società di basket locale che si era impegnata a sostenere i diritti della comunità Rom di Pesaro (ricevendo ampio spazio sulla stampa), girava le spalle a Mihai e ai suoi cari: dopo avere invitato una delegazione di Rom ad assistere a una partita, impegnandosi a recarsi con alcuni atleti e dirigenti presso gli edifici fatiscenti in cui le sfortunate famiglie avevano trovato rifugio, evitava poi di “esporsi”, abbandonando – per non inimicarsi le Istituzioni locali – i Rom a un destino fatto ancora di emarginazione, razzismo, violenze, malattie e morte. Il caso di Mihai e della comunità Rom di Pesaro è stato portato all’attenzione del Parlamento europeo, del Consiglio d’Europa, del Comitato ONU contro le discriminazioni e della Corte internazionale dei Diritti Umani. Al di là di risoluzioni inefficaci e messaggi di critica rivolti al governo italiano, in relazione alle sue politiche razziste e xenofobe, nessuna azione a salvaguardia delle famiglie veniva tuttavia messa in atto. A causa della repressione, culminata in un tragico sgombero, due Rom sono morti, due donne incinte hanno subito aborti spontanei, mentre alcuni pazienti oncologici sono stati costretti a interrompere le cure, fatto equivalente a una condanna a morte. Gli altri, quando non si sono perse le loro tracce, si sono dispersi in Italia e all’estero, in Romania, Francia, Spagna, Grecia. Il 15 luglio, quando i medici del San Salvatore hanno acclarato la fase terminale della malattia di Mihai, cui restavano pochi giorni di vita, la famiglia è stata costretta a farlo salire su un pullman per Bucarest, non possedendo il denaro sufficiente al rimpatrio della salma, qualora l’uomo fosse morto in Italia. Ricordiamo che le autorità italiane non prevedono alcun sostegno né per i Rom che decidano di rientrare nel Paese dell’Unione da cui provengono, né per il trasferimento in patria dei loro defunti. Così Mihai è “andato a morire in Romania”. La sua agonia è durata il tempo di raggiungere la capitale romena, dove – ancora a bordo del pullman – esalava l’ultimo respiro. Gruppo EveryOne + 39 334 8429527 :: +39 331 3585406 www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

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