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Fotografia del Big Bang

Fotografia del Big Bang
Maggio 25
14:11 2014

Emanazione, calcolata, delle onde gravitazionali emesse da un sistema binario di stelle di neutroniSe qualcuno, più o meno 13,8 miliardi di anni fa, si fosse trovato a passare da queste parti, avrebbe assistito a un fenomeno impressionante: un puntolino sperduto nel nulla che in poco meno di un attimo si è ingrandito fino a raggiungere le dimensioni di un campo di calcio e poi, non contento di un simile traguardo, ha continuato a crescere, a crescere, a crescere, fino ad assumere l’aspetto di un vero e proprio universo, cioè infinito da tutte le parti ma un po’ piatto e ondulato, asimmetrico e con innumerevoli ammassi di materia e di energia in continuo ma immutabile allontanamento reciproco.

Insomma, se quel qualcuno si fosse trovato presente, avrebbe ben potuto vantarsi di aver assistito alla nascita dell’universo, quella cosa che (uno che non ci credeva per niente) ha ironicamente battezzato Big Bang, la grande esplosione.
Più o meno 13,8 miliardi di anni dopo, sappiamo che in quel momento fatidico non c’era nessuno, né da queste parti né altrove, a testimoniare il Big Bang. Tutto quel che conosciamo di quell’avvenimento lo abbiamo derivato dai calcoli, dalle formule matematiche, dalle teorie della fisica, dalla genialità di persone come Einstein, che ci hanno permesso di dettagliare un modello apparentemente buono dell’inflazione, cioè del processo di crescita dello spazio, del tempo e della materia, che ha dato origine all’universo. Questo modello si appoggia su una moltitudine di dati sicuri ma, come è nella natura di tutti i modelli, si azzarda anche a formulare ipotesi e “previsioni” che se da un lato guidano gli scienziati nelle proprie ricerche, dall’altro servono come elementi di convalida per il modello stesso. Se confermate, rafforzano e rendono sempre più attendibile il modello; se smentite, indicano che qualcosa non va e che bisogna rimettere le mani sulle teorie.
Il 17 marzo scorso un gruppo di astrofisici del BICEP2 (è un osservatorio situato al Polo Sud) ha annunciato di aver identificato certe strane configurazioni nella radiazione cosmica di fondo, sorta di “brusio” eco dello scoppio iniziale, che dovrebbero essere dovute alle onde gravitazionali che hanno cominciato a irraggiarsi un centimilionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang.
Per chi non è addentro ai sacri misteri della fisica, conviene ricordare che la gravitazione non è una forza mediante la quale un oggetto più grande ne attrae uno più piccolo, ma una deformazione dello spazio-tempo. Se pensiamo allo spazio come a un telo elastico tenuto ben tirato, quando si fa cadere un sasso il telo si incurva tutt’attorno, così che se nelle vicinanze viene posto un sassolino più piccolo, quest’ultimo scivola verso quello grande. Sembra che ne sia attratto, ma in realtà tutto è dovuto alla deformazione del telo, cioè dello spazio. Quasi all’opposto, quando attorno a un oggetto materiale lo spazio si crea, per esempio durante l’espansione e l’allontanamento reciproco dei corpi celesti (l’inflazione di prima, ricordate?) si determina un irraggiamento di onde gravitazionali, del tutto simili a quelle sull’acqua ove si fa cadere un sassolino. Dunque, scrutando la volta celeste, gli scienziati del bicep2 hanno identificato certe perturbazioni specifiche nella radiazione cosmica di fondo che si possono interpretare solo come l’effetto di antichissime onde gravitazionali in espansione: con ogni probabilità, proprio quelle nate a brevissima distanza dal momento in cui tutto è cominciato.
Ricadute pratiche di una simile scoperta? Per ora, nessuna. Ricadute teoriche? Varie e importantissime. La prima è la conferma di un Big Bang accaduto più o meno come affermano le teorie moderne. La seconda è la prova provata dell’esistenza delle onde gravitazionali, da decenni cercate ma mai prima d’ora catturate. Risultati, certo, tutt’altro che modesti.

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