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Il Castello di Castiglione a Palombara Vecchia

Il Castello di Castiglione a Palombara Vecchia
Novembre 10
02:00 2006

A soli 1500 m. a nord-est di Palombara Sabina, prendendo la prima strada campestre a destra della via Palombarese dopo il bivio per Stazzano, troviamo i misteriosi resti di uno dei Castelli abbandonati meglio conservati del Lazio, quello di Castiglione. Una duplice cinta muraria ancora efficiente circonda il borgo ed il Castello vero e proprio, con chiesa, case, una cisterna romana, il tutto ancora in buona parte interrato. Nulla si sa della sua scomparsa e ben poco della sua storia: è certo che qui era localizzato un insediamento romano, come ci testimonia la cisterna. Appare d’altra parte plausibile l’ipotesi che questo Castello fosse stato fondato contemporaneamente a quello di Palombara; di qui il superamento della tradizionale denominazione di ‘Palombara vecchia’, che non trova riscontro nelle testimonianze archeologiche, in verità ancora scarse. I resti architettonici racchiusi all’interno delle mura, tuttora interrati, potrebbero fornire dati d’estremo interesse. Castiglione è comunque un monumento di grande rilevanza: il Castello fu fondato nella seconda metà del XIII secolo. Esso viene attestato per la prima volta il 30 settembre 1276, data nella quale i figli di Rinaldo di Palombara, probabile fondatore, vendono a Deodato di Cretone alcuni beni del suo territorio situati molto ad Ovest, verso la via Reatina, terre che due secoli prima facevano parte del territorio di S.Giovanni in Argentella. Fra questa data e il 1285 Castiglione viene in possesso di Giacomo Savelli. Il Castello rimarrà in possesso della famiglia fino alla metà del XIV secolo. Nella seconda metà di questo secolo è designato come semplice casale e, come tale, è oggetto di varie transazioni tra i Savelli e i Della Valle. L’abbandono di Castiglione, avvenuto nei primi decenni del Quattrocento, forse in seguito ad un terremoto, ha lasciato il borgo nel suo originario assetto medioevale. Il sito colpisce per la sua formidabile posizione, caratterizzato dall’enorme campo visivo, che ne faceva una vedetta unica in questa parte del Lazio. Il complesso, posto su una spalla del Monte Gennaro, ad oltre 600 metri di quota, domina da una bella posizione sia la zona di Palombara sia la diramazione verso Oriente della valle di Monte Flavio. I ruderi, che hanno il loro punto ombelicale nella cisterna romana, si articolano soprattutto sulla doppia cinta muraria. Questa presenta soluzioni interessanti nell’alternanza delle cortine con le torri che senza strombature si presentano perpendicolari al terreno. La cisterna più alta ancor oggi trattiene egregiamente l’acqua piovana anche nelle calure estive, grazie al ben conservato rivestimento in coccio pesto. La porta che dalla corte interna guarda verso nord presenta all’esterno l’utilizzo di numerosi laterizi, recupero dell’edificio antico o probabile tratto dello stesso. Tra questa porta e la sottostante cinta esterna si addensava la parte più cospicua dell’abitato. Qua sotto è anche da avvedersi la chiesetta di Castiglione. Questa aveva un andamento est-ovest; ben individuabile ancora la piccola abside ed un pilastro del portico che precedeva l’ingresso. Attorno ad una seconda cisterna, anch’essa molto probabilmente di origine romana, si costituì una sorta di propaggine dell’abitato all’esterno della cinta muraria, sempre sul lato est, molto più rovinata di quella della sommità, rivela i numerosi utilizzi sopportati nel corso del tempo. Fra alcuni frammenti di materiale di superficie raccolto nel corso di attività ricognitiva, è rinvenuto un oggetto ornato con una stilizzazione floreale. Tale ritrovamento potrebbe avallare anche una presenza templare nel primitivo edificio romano. Vi era inoltre un’antica tradizione agricola, testimoniata dalla serie di terrazzamenti tuttora chiaramente individuabili lungo le pendici del monte. L’abbandono dovette aver luogo fra la visita pastorale del 1343, nella cui relazione il Castello è descritto ancora in perfetta efficienza, ed il 1427, anno in cui è ormai definito come ‘diruto’. Gli abitanti emigrarono a Palombara, saccheggiando il materiale edilizio e ligneo che utilizzarono per la costruzione di nuove abitazioni. La chiesa di S.Michele, invece, funzionava ancora alla fine del XVIII secolo come chiesa rurale. Un analogo destino toccò a molti altri centri medioevali dei Lucretili, dove il fenomeno dell’abbandono toccò 14 borghi su 25, percentuale assai superiore a quella di altre zone del Lazio. Bibliografia: (Abbazie, boschi, castelli del Lazio – Le città perdute del Lazio – Il Lazio paese per paese – castellilazio.splinder.it)

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