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Il neoliberismo

Maggio 28
20:09 2020

L’avvento della globalizzazione

Le conseguenze negative della globalizzazione, come il diffuso materialismo e consumismo, hanno reso le persone più egocentriche, assetate di potere e indifferenti ai diritti, bisogni e sofferenze degli altri. Questo ha portato ad una ‘globalizzazione dell’indifferenza’ che ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro chiudendoci in noi stessi. […] Tale indifferenza dà luogo a una ‘cultura dell’esclusione’ in cui a poveri, emarginati e vulnerabili sono negati i loro diritti, così come le opportunità e le risorse che sono invece disponibili per altri membri della società. Essi vengono trattati come insignificanti, superflui, gravosi, inutili, da utilizzare o anche da scartare come oggetti. […]

Papa Francesco

Il primo passo

I sei paesi economicamente più sviluppati (il G6) si riunirono a Parigi nel 1975. In quella sede si iniziò a caratterizzare la futura storia dell’economia mondiale. I sei paesi (loro per tutti) concordarono alcune azioni mirate a facilitare i movimenti finanziari e il commercio dei beni: la liberalizzazione della circolazione dei capitali e la liberalizzazione (privatizzazione) delle attività industriali gestite dagli Stati e dagli Enti pubblici. Si innescò, così, il processo di globalizzazione economica attraverso il quale gli speculatori della finanza poterono agire tutti i giorni e le notti e a qualsiasi ora in qualsivoglia parte del mondo.

Il ‘gioco’ internazionale della borsa

Con l’introduzione della vendita allo scoperto (short selling) è stata resa possibile la vendita di strumenti finanziari non posseduti (!) con successivo riacquisto da effettuare in giornata. Chiaramente l’investitore eseguirà questa operazione nel caso ritenga che il prezzo al riacquisto sarà inferiore al prezzo originariamente percepito con la vendita (le azioni oggetto dell’operazione saranno sempre del proprietario originario!) di queste azioni.

Non ho paura della cattiveria dei malvagi,
ma del silenzio degli onesti

Martin Luther King

È sbalorditivo che si sia legalizzato un gioco d’azzardo (una scommessa) usando l’oggetto di un estraneo! E poi tanto azzardo non c’è più in questo tipo di operazioni. Infatti, la previsione dell’andamento borsistico è fatta sviluppando algoritmi sofisticati che sono elaborati con strumenti molto potenti (c’è chi usa l’intelligenza artificiale con le reti neurali).

È un bene che il popolo non comprenda il funzionamento
del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse
credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina.

Henry Ford

Ecco che questi speculatori inqualificabili, avendo a disposizione l’andamento – molto preciso – di tutti i titoli mondiali, possono ‘giocare’ in borsa su uno o più di essi quasi senza rischi e mettendo in campo anche un capitale complessivo che non possiedono, perché rischiano solo l’eventuale perdita sull’operazione. In altri termini, se possiedo solo un capitale di 1000 euro, posso rischiarlo su un’operazione complessiva di 10000 euro considerando una caduta ipotetica del 10% del titolo in questione. Chiaramente questo meccanismo non è disponibile per i poveri mortali che, invece, investono i propri miseri capitali basandosi sulla loro impreparazione e sui ‘consigli’ degli operatori sedicenti esperti e ‘infilandoli’ direttamente nelle fauci dei pescecani della finanza.

La dispersione della produzione e del capitale

Il processo di globalizzazione economica ha cambiato anche il modo di produrre e si è consentito alle imprese di ‘disancorarsi’ dal territorio. Con la delocalizzazione è diventato molto complicato assegnare a un imprenditore un contesto di riferimento: l’impresa può sviluppare la produzione in una o più nazioni e far risiedere il centro decisionale in un ‘paradiso fiscale’ (per esempio Irlanda o Olanda o Lussemburgo o Panama) dove, probabilmente, hanno aperto un ufficio delle dimensioni di una stanza, per pagare poche tasse. Non solo, anche l’imprenditore vivrà ‘disperso’ in una moltitudine di azionisti anonimi distribuiti in tutto il mondo. Tutto ciò è immorale perché non risponde alle leggi naturali di una comunità!
Dopo altri incontri, gli otto paesi economicamente più sviluppati (il G8) si riunirono a Genova nel 2001.

Comunicato del G8 svolto a Genova nel 2001

  1. Noi, i Capi di Stato e di Governo di otto delle principali democrazie industrializzate e i rappresentanti dell’Unione Europea, ci siamo riuniti a Genova per il primo Vertice del nuovo millennio.

In uno spirito di collaborazione abbiamo affrontato i problemi più pressanti dell’agenda internazionale.

  1. Come Leader democratici, responsabili verso i nostri cittadini, crediamo nell’importanza fondamentale di un dibattito pubblico ed aperto sulle principali sfide che le nostre società devono affrontare.

Promuoveremo soluzioni innovative basate su di un’ampia partnership con la società civile ed il settore privato. Ricercheremo, inoltre, una cooperazione e solidarietà più accentuate con i paesi in via di sviluppo, basate su una reciproca responsabilità per combattere la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile.

  1. Siamo decisi a far sì che la globalizzazione lavori a favore di tutti i nostri cittadini e specialmente per i poveri del mondo.

Includere i paesi più poveri nell’economia globale è il modo più sicuro per rispondere alle loro aspirazioni fondamentali.
Abbiamo concentrato le nostre discussioni sulla strategia per riuscire in questo intento.

Il risultato a oggi

Ora, a distanza di quasi venti anni, siamo in grado di valutare quanto false erano le intenzioni degli otto paesi ‘grandi e civili’ che si riunirono a Genova. La spudoratezza di alcune affermazioni fanno venire il voltastomaco:

«…per combattere la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile.»

«Siamo decisi a far sì che la globalizzazione lavori a favore di tutti i nostri cittadini e specialmente per i poveri del mondo.»

Con il termine ‘globalizzazione’ si è spacciata l’idea di unificazione degli uomini, auspicata dagli antichi pensatori. Ma i mezzi tecnologici sono detenuti solo dalle civiltà ‘intellettuali’ le quali facilmente sono condotte verso una loro continua e crescente appropriazione delle risorse naturali mirata all’unificazione e crescita solo di una parte della civiltà occidentale. La conseguenza è la frattura fra le persone fino all’odio, fino alla guerra, per il mantenimento dell’egemonia, per il mantenimento e l’accrescimento dei privilegi e dei mezzi per governare e dividere il mondo. Conseguenze inevitabili sono le disuguaglianze e le lacerazioni che sono quindi incompatibili e contrapposte al concetto della ‘cittadinanza universale’, artatamente propugnato nel termine ‘globalizzazione’.

Prendiamo per esempio i Romani e facciamo un piccolo confronto. Essi conquistavano, acquisivano la cultura dei conquistati e davano loro la cittadinanza romana per condividere le risorse sotto il sistema romano dei ‘regali’, seppur all’interno di un sistema di privilegi. Oggi, con la civiltà occidentale, si conquista e si esclude, si divide, si fomenta l’odio fra culture e civiltà.

La storia ci ha raccontato come le guerre venissero dichiarate fra stati economicamente importanti per estendere il proprio controllo geopolitico o per aumentare il controllo delle risorse mondiali. Ma, dopo l’attentato alle torri gemelle di New York, la guerra contro il terrorismo internazionale sta consumando l’ultimo stadio del processo di globalizzazione ‘governato’ dagli USA. L’obiettivo è il controllo globale dell’economia che passerà sopra chiunque tenti di frenare questo processo: i terroristi, gli ‘stati canaglia’, le corporation antagoniste, le organizzazioni nemiche…

La globalizzazione ha certamente allargato i limiti preesistenti e ha aperto nuove opportunità sul fronte sociale e politico (purtroppo disattese dai fatti), ma ha anche fallito l’obiettivo primario di integrare le popolazioni locali nella ‘società globale’. Al contrario, ha permesso ai potenti di sfruttare i più deboli. Per esempio, è stata incoraggiata la migrazione di industrie inquinanti verso i paesi più poveri. E sì, i costi per i danni alla salute dovuti all’inquinamento (aumento di malattie e mortalità) sono sicuramente inferiori in un paese povero! E se non fosse possibile migrare l’industria… allora migriamo gli inquinanti!

(dal libro Verso il cambiamento di Armando Guidoni)

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