La rivoluzione dimenticata
(…) Stobeo racconta che un tale che aveva iniziato a studiare geometria con Euclide (III Sec. a.C), quando ebbe imparato il primo teorema, gli chiese: «Ma cosa ne ricaverò quando avrò imparato tutto ciò?». Euclide chiamò il suo schiavo e disse: «Dagli una monetina,poiché ha bisogno di ricavare qualcosa da ciò che impara» (…). Tra i più premiati saggi italiani di sempre, Feltrinelli, III edizione marzo 2006, con il limite vincolante di linguaggio troppo “accademico”. Illumina però se non dà risposte esplicite in 467 pagine (cm 12X19), sul come e perché il “cronometro” della Rivoluzione scientifica e poi quella propriamente “industriale” (dall’800 in poi convenzionalmente) non partì già nel I Secolo d.C nel pieno della potenza imperiale romana e della più antica applicazione della forza vapore addirittura (Erone d’Alessandria, ora più un riscopritore di antiche conoscenze e sul libro paga della potentissima casta sacerdotale), o nei quattro secoli precedenti, tempi in cui maturarono (le analisi e studi di base “seminati” ancor prima) straordinarie teorie, tecniche o pratiche e di produzione su scala di molti prodotti manifatturieri (segherie industriali idrauliche).Leggendo bene il saggio si comprende però l’aspetto più che “moderno”…eterno, nella storia umana: la conoscenza e il sapere, quelli straordinari o “rivoluzionari” appunto e soprattutto, per creare e conservare poteri di casta o elite (vedi la vita degli scribi…e puoi muori!).
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