Notizie in Controluce

 Ultime Notizie

Non mollare!

Settembre 12
06:55 2011

di Maria Lanciotti

Bella giornata. Il sisma annunciato per l’11 maggio non c’è stato, il sole splende, l’aria si è addolcita. E così prendo il treno e me ne vado a Roma, a gustare un caffè metropolitano e a sbrigare una commissione in Via Po.
Il caffè sa di bruciato e di fretta, un sorso e via, non lascio la mancia. Prendo l’86, cedo il posto a una giovane rom col pancione e la faccina pallida, scendo alla fermata davanti agli uffici cui sono diretta, sbrigo rapidamente la faccenda e sono di nuovo fuori. Il tragitto è breve, decido di tornare a piedi alla stazione Termini.
In via delle Terme di Diocleziano mi fermo alla fila di bancarelle e cerco fra tanta inutile carta stampata il gioiello da portarmi a casa. Una mia vecchia, amata abitudine, quella di rovistare fra i libri usati per trovare il volume prezioso che non si trova in nessuna libreria. Ma queste bancarelle – a differenza di quelle che frequentavo in passato – i libri li tengono per scusa, mentre curano molto la pornografia in DVD.
Le bancarelle sembrano senza padrone. Un cartello dice: “Suonare la campanella per chiamare” e tiro il cordone. Arriva dall’altra parte della strada un giovane rasta in canotta, le braccia tatuate e il portamento di un imperatore etiopico, un cornetto in mano mangiato a metà: “Dica?”.
“Quel libro lassù, per favore, sotto le Sacre Scritture”.
“Questo qui?”.
E mi trovo fra le mani “Nuovo fiore”, raccolta di scritti di Manaresi sulla guerra d’Abissinia. Ottimo.
Mi sposto verso il Largo di Villa Peretti, e un puzzo tremendo mi ci appiccica addosso. WC, Azienda Municipale Ambiente, e meno male che c’è. L’erba delle aiuole spelate grida aiuto, gialla itterica, soffocata dai corpi malandati di tossici, ubriaconi e disperati buttati alla rinfusa tra cumuli di rifiuti e indumenti stesi ad asciugare, pantaloni e magliette che sembrano rivestire fantasmi allucinati.
L’obelisco del Monumento ai Caduti tende inutilmente al cielo, legato com’è al peso di tanta storia. I leoni silenziosamente ruggiscono e tra le fauci ossidate stringono torsi di mele, lattine vuote, cicche e assorbenti usati.
“Pace – Erba Gratis” è l’invocazione dell’ignoto imbrattatore, che al monumento affida la sua scarabocchiata supplica.
E qui ci sono i nomi dei Caduti separati per gradi e appartenenza: neanche da morti si è considerati tutti uguali.
I colombi si stanno avvelenando becchettando rifiuti, il tanfo di orina scaccia l’aria incerta di primavera, i city buses Tour Tricolore e Roma Cristiana fanno la spola carichi di turisti che vogliono vedere la Roma che conta, quella del Quirinale e del Vaticano, la testa riparata dai cappelli di paglia che truppe di giovani extracomunitari offrono ad ogni fermata.
Siedo sui gradoni del Monumento, fra due tunisini che bevono birra e un corpo aggomitolato nel sonno che non mostra la sua nazionalità: è un corpo e basta, che ogni tanto sussulta e brontola.
Inizio a sfogliare “Nuovo fiore” con la goduria che sempre mi assale quando apro un nuovo libro, e resto folgorata quando a un certo punto mi vado a imbattere nel segreto che si nasconde fra le pagine, verso la fine del libro.
Fra un rigo e l’altro un tratto di matita leggero traccia una scrittura minutissima e fitta, quasi invisibile.
Capisco subito che si tratta di un ritrovamento eccezionale, e col cuore a mille inforco gli occhiali da vista più potenti che mi trovo in borsa e m’immergo in un segmento del passato che si rivela, andando avanti a sillabare con fatica, parola per parola e pagina dopo pagina, un passo della storia fra i più drammatici e significativi:
“Le regole qui sono dure, i più in vista fra noi sono tenuti a bada come bestie feroci. Ci consentono solo spazi minimi e controllati, senza possibilità di contatti con l’esterno, senza poter scrivere a macchina, senza poter parlare in lingua straniera. Ci viene imposto di fare una vita “normale” in condizioni impossibili.
Qui tira sempre vento, il vento si porta via ogni granello di terra e non si può seminare sugli scogli. Qui non c’è acqua dolce, e le cisterne sono in pessime condizioni: si aspetta la pioggia per bere. E nella siccità e sporcizia prosperano i più schifosi insetti, e nel vento senza tregua che spazza le vie del paese risuona l’urlo di mille dannati. Ma ciò che più rende insopportabile la vita sull’isola è il sopruso, il non rispetto della legge, l’arbitrio nell’interpretazione delle regole.
Eppure noi ce la faremo. Con A. S. e E. C. stiamo lavorando a un documento che passerà alla storia e quando sarà pronto troveremo il modo per farlo uscire dall’isola.
Presto la guerra finirà e le nostre idee potranno circolare liberamente. Ma per ora dobbiamo far conto su messaggeri capaci di passare le maglie della corruzione e delle vendette personali.
A., mia fedele sposa cui null’altro posso offrire che lotta e rischi e passione civile, il nostro Manifesto dovrà essere divulgato a Roma e a Milano, intanto occorre raccogliere adesioni. Tu sei qui, nel vento violento e profumato di quest’isola-prigione, in questa mia sete implacabile di Libertà e Giustizia, nel sogno di un Movimento Federalista Europeo che porti alla pace fra le Nazioni, ad una buona gestione della Terra, all’eguaglianza fra i popoli. Sai quello che ti aspetta, e tu che non ti sei mai tirata indietro sei la mia punta di diamante, la mia forza d’uomo, la mia stella di patriota.
Fidando che questa mia ti giungerà e che accoglierai in pieno le mie parole, ti abbraccio con tutte le mie forze. E ricorda: Non Mollare. Per un’Italia Libera e Unita. Tuo E.”.
Ernesto Rossi, promotore del Federalismo Europeo insieme ad Altiero Spinelli e Eugenio Colorni.
Tremando di commozione chiudo il libro e mi avvio alla stazione Termini e sento che la fiducia si fa strada fra dubbi e sconforto, che “la crisi della civiltà moderna”, per quanto spaventosa e grave, è solo un passaggio obbligato per tornare a guardare avanti, al sogno che non muore di “un’Italia rinnovata nella Libertà e Uguaglianza”.
“Chapeau, madame?”
Prendo il cappellino di paglia con le rose rosse e me lo calco sulla testa, lascio il resto di mancia al ragazzo marocchino con una torre di cappelli impilati sulla testa ricciuta, e me lo vorrei abbracciare, e corro a prendere il mio treno.
Che giornata luminosa!

Condividi

Articoli Simili

0 Commenti

Non ci sono commenti

Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?

Scrivi un commento

Scrivi un commento

MONOLITE e “Frammenti di visioni”

Categorie

Calendario – Articoli pubblicati nel giorno…

Maggio 2024
L M M G V S D
 12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
2728293031  

Presentazione del libro “Noi nel tempo”

Gocce di emozioni. Parole, musica e immagini

Edizioni Controluce

I libri delle “Edizioni Controluce”