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#Nonleggeteilibri – L’Africa che ‘non esiste’ di Kapuściński

#Nonleggeteilibri – L’Africa che ‘non esiste’ di Kapuściński
Giugno 01
11:40 2020

«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)

(Serena Grizi) Ebano (titolo originale: Heban) di Ryszard Kapuściński, Feltrinelli 2018 traduzione di Vera Verdiani € 9,50 isbn 9788807882197 e-book € 6,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net

Uno dei titoli con più riedizioni di uno dei più amati reporter-viaggiatori contemporanei qual è stato Ryszard Kapuściński. La sua Africa, distante da quella della più classica Karen Blixen (qui una formazione eurocentrica, colonialista poi ‘guarita’ dall’Africa stessa), si potrebbe dire più vicina all’Africa barocca e misteriosa di Bruce Chatwin nel suo Il viceré di Ouidah, con i dovuti distinguo, dato che Kapuściński fa giornalismo traendo poi dalle cronache, storicizzate, sorprendenti racconti. In Ebano lo scrittore accetta la sua menomazione sensoriale nei confronti d’un continente che è impossibile dire in quanto la sua cultura non è stanziale e spesso non è scritta ma solo orale. Troviamo l’Africa sfigurata dal colonialismo che prima ne ha sfruttato le notevoli risorse e poi ha lasciato in eredità una burocrazia corrotta da immensi privilegi che i burocrati locali non tardano a replicare, fino alle storie della Liberia nella quale gli schiavi liberati diventano padroni della popolazione che trovano al loro ritorno (stesse ville dei bianchi, stesse abitudini), e fino ai warlords, i signori della guerra che vessano la popolazione (donne e bambini poverissimi derubati sotto la minaccia delle armi degli aiuti umanitari che dovrebbero ricevere), mettono assieme immense fortune, mandano ragazzi e bambini a combattere e si uccidono poi l’uno con l’altro in maniera sanguinaria. Il reporter accompagna il lettore nella comprensione di orizzonti immensi, della vita nel deserto, del momento in cui gli africani venuti a combattere le guerre degli europei in Europa ‘scoprono’ che neppure i buana sono invincibili e che anche loro procedono per guerre fratricide quanto odiose. Il reporter racconta l’antico odio delle tribù di contadini e pastori che scatenò ripetuti genocidi nel Ruanda. Del Ruanda racconta anche lo splendore delle montagne altissime che ne occupano quasi del tutto il territorio e non smette di stupirsi davanti ad interi villaggi di poverissimi agricoltori che al nascere del sole si visitano di capanna in capanna per chiedere come è passata la notte, se stanno tutti bene. È nelle ritualità, nelle lunghe ricostruzioni delle genealogie che fa ogni Ruandese, Ugandese, Camerunese, Ciadiano, Tanzaniano quando si incontra con l’altro, poichè qui è la provenienza familiare la patria dell’individuo e non lo stato né la zona in cui si nasce data la mobilità dei popoli che seguono magre economie, scorrere dei fiumi, cercano territori non attaccati da carestie e pestilenze, fuggono con quattro averi ai primi colpi di fucile che temono li raggiungano, che resiste una vera cultura africana della solidarietà, del riconoscimento, della condivisione. Le fasi storiche, anche della povertà, non sono tutte uguali e un giornalista attento sa raccontare anche questo. Lo sguardo dell’autore cambia profondamente dal 1958, anno in cui comincia a frequentare l’immenso continente, anch’egli ‘guidato da amici e colleghi che ne conoscono i segreti, fino agli anni ’90. Alla fine egli stesso non sa più cosa sperare per i Paesi che compongono l’Africa e che hanno di se stessi, questo va anche compreso senza infingimenti, giudizi formidabili, pur nelle tante mancanze le quali forse appaiono tanto gravi solo allo sguardo Europeo; lo scrittore spera sempre in un cambiamento perché in città come Monrovia (Liberia) stenta a riconoscere ancora qualche misero segno di umanità. Dagli anni novanta ad oggi molte cose sono cambiate, a leggere le cronache africane reperibili ancora con difficoltà, e molte sono rimaste uguali: per molti l’Africa è rimasta una sconosciuta, per i bianchi una sorta di mondo parallelo, (eppure quanti ricchi, anche italiani, abitano tutto l’anno sulle sue coste?); l’Africa anche oggi fornisce molti tesori, fra cui un minerale, il coltan (la columbo-tantalite), estratto in Congo e che è componente indispensabile di telefoni cellulari, costruzioni spaziali etc., sfruttando milioni di poveri su una popolazione di 80 milioni di abitanti ridotta in alcuni frangenti a non saper più allevare neppure una gallina per avere uova per sfamarsi. Le tristissime cronache sulle violenze negli Stati Uniti riportano a distanze razziali che ancora una volta qualcuno vuole che appaiano incolmabili. A leggere le storie dell’Africa di Kapuściński, invece, sentiamo di avere molti fratelli, impenitenti fratelli nel cambiamento continuo (che oggi comincia ad interessare anche la ‘vecchia Europa’), fratelli nella resistenza….

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