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#Nonleggeteilibri – Lo scandalo Wapshot, magnifico Cheever!

#Nonleggeteilibri – Lo scandalo Wapshot, magnifico Cheever!
Agosto 30
09:35 2020

«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)

(Serena Grizi) Lo scandalo Wapshot (titolo originale: The Wapshot Scandal) di John Cheever, Feltrinelli 2018 traduzione di Leonardo Giovanni Luccone € 10,00 isbn 9788807890703 e-book € 7,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net

Lo scandalo Wapshot è il seguito ‘ideale’ di Cronache della famiglia Wapshot, ma il romanzo oltre ad essere completo in sé, presenta anche trentadue capitoli leggibili nella loro perfezione come fossero racconti. L’avvio lento della vicenda nel tranquillo borgo marino di St Botolphs con l’anziano capostazione Jowett, figura atta a mostrare quanto la provincia sia sempre lì qualsiasi cosa accada, si riscatta davvero al Capitolo tre, nell’incipit «I guai cominciarono un tardo pomeriggio sul finire dell’invero, prima che facesse buio, quando Coverly Wapshot saltò giù…», il resto delle pagine è magia pura. La scrittura di Cheever (1912-1982) splende di contrasti e situazioni: non solo lo stile attinge ad un vocabolario forbito e travolgente per qualità metaforica, ma s’avvale di colpi di scena oltre ‘il manuale’ e mette sul tavolo dell’anno 1959 la questione della vita nelle comunità suburbane, nei sobborghi, poiché Moses e Coverly, con le rispettive mogli, cercheranno di modernizzarsi abitando l’uno nell’incubo ‘esclusivo della casa col prato davanti’ e l’altro nelle dimore nate attorno ad una base missilistica, simbolo della guerra fredda. D’altronde cosa potevano sognare di meglio gli americani l’indomani della Seconda Guerra mondiale se non una famiglia benestante e piena d’amici da incontrare per il tradizionale barbecue ed un futuro fitto di mondi extraterrestri che, lungi dall’essere abitati davvero, crea circoli chiusi di alienati posseduti dalla tecnologia, da allora in avanti divenuta padrona delle vite di chi la lascia spadroneggiare, per cui gli scienziati: «Erano in grado di distruggere una grande città senza sforzo ma che risultati avevano raggiunto nel risolvere il contrasto tra notte e giorno e tra testa e inguine? Erano meno esposti degli altri al desiderio, alla rabbia e al dolore? Erano immuni al mal di denti, alle fastidiose erezioni e alla fatica?». In un mondo condizionato e fatto a misura di maschio bianco, produttivo, eterosessuale, Cheever riproduce tutte le sbarre che il potere dei nuovi consumismi e dell’illusione del futuro ‘spaziale’ (quasi una nuova religione) propone indistintamente a tutti.

Saranno le donne come l’anziana cugina Honora e la giovane e bella Melissa a creare un passaggio tra queste sbarre ognuna a modo proprio, vinte una dall’ovvietà dell’esistere, meglio visibile in vecchiaia, l’altra dalla noia del suo dolce far niente a cui sarebbe rimasta relegata se non avesse scelto ‘di dare scandalo’. L’occasione è buona per l’autore per citare quanto visto nei suoi memorabili, così sembra, soggiorni italiani, soprattutto romani: ad una campagna che sembrava «appartenere ad un mondo antico come gli oceani» si contrappone la luce della Capitale capace di svelare e incapace di contenere davvero quanto si tenta di celare nell’animo umano. L’elargizione pubblica fatta dalla ricca Honora, permette all’autore di inventare una scena barocca nella quale su un’unica piazza assolata si danno appuntamento le più disparate professioni umane attirate da quella fonte innaturale di denaro. La capacità dell’autore di cogliere nel più moderno salotto, nel passaggio fra i ‘non luoghi’ del pianeta quali gli aeroporti, i supermercati, un riverbero dell’ineffabile umano trasportato dai secoli è ciò che già colpisce in un altro magistrale racconto di Cheever, Il nuotatore (da cui il film del 1968 del regista F. Perry Un uomo a nudo, con un magnifico Burt Lancaster): qui l’elemento ‘acqua’, unione e flusso degli eventi torna sempre; e ricorda anche il postmodernismo del  DeLillo di Rumore Bianco. In Cheever il pop della società moderna s’appalesa in un contesto nostalgico e ‘caldo d’affetti’ d’un’altra umanità, anche se questa dovesse essere esistita soltanto nei più bei sogni, affascinante perché luogo paradisiaco dove tornare a vagare con la mente negli attimi di sconforto: «Andò al supermarket americano in via del Sagittario. Lì, Melissa (…) angosciata e disorientata dai colpi che la vita le infliggeva, quel momento rappresentava un sollievo, una strada da percorrere. Era pallida in volto, un ricciolo fuori posto le ricadeva sulla guancia. Le lacrime rendevano vitrea la luce dei suoi occhi, ma il supermarket era pieno di gente e lei non era né la prima né l’ultima donna della storia a fare la spesa con le guance rigate di lacrime. Si muoveva con indifferenza nella massa aliena come quelli fossero i ruscelli e i canali della sua giornata. Su questo flusso di uomini e donne non crescono salici di traverso e Melissa assomiglia sempre di più a Ofelia mentre raccoglie la sua fantastica ghirlanda non di ranuncoli, ortiche e melanzane, ma di sale, pepe, saponette Bab-o, kleenex, tranci di merluzzo, surgelati, polpette d’agnello (…) …e quando il suo diadema sembra pronto paga il conto e porta via i trofei, immagine della sofferenza non meno dignitosa delle altre.» Chiude il libro, una indimenticabile e mai ortodossa vigilia di Natale, poiché dopo viaggi in aereo, dirottamenti, feste mai cominciate, attraversamenti per mare, primavere tiepide, estati d’amore nelle quali tutto pare consumarsi irrimediabilmente (come nel film capolavoro di E. Kazan Splendore nell’erba, non a caso del 1961), il cerchio si chiude in inverno: il freddo i fiocchi di neve, l’improvvisa scura tempesta che anche nel finale di Un uomo a nudo paiono ‘congelare’ come la morte, ciò che è stato dell’esistere d’ognuno, ciò che non ha potuto essere altro. Oltre gli autori senza coraggio e senza orizzonte esiste Cheever…Sui sobborghi degli anni ’60, triste prodromo della contemporaneità, sul consumo, l’abitare, la incessante fabbrica di bisogni indotti creata dal capitalismo, presto torneremo ancora…

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