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“La scelta di Giulia”

“La scelta di Giulia”
Novembre 23
17:19 2013

B.SchisaVa detto subito che oggi passano per romanzi anche gli elenchi telefonici, ma è una necessità di vendita, perché gli altri generi, poesie e racconti, non hanno lettori. Però, in tal modo, si rischia di far confusione tra i veri romanzi (con tanto di trame che si intersecano, che si sciolgono nel finale o si unificano, con personaggi molteplici, etc.) e pamphlet, racconti allungati e diluiti ad arte purché si raggiungano le 200 pagine commerciabili. Per Brunella Schisa, scrittrice fra le più geniali dei nostri giorni, il genere letterario suddetto è appropriato, e lo conferma quest’ampia scultura in bassorilievo del suo ultimo libro La scelta di Giulia (Mondadori, 2013, pp. 312, E. 16,50), dopo le prove precedenti (La donna in nero, storia d’amore e di arte fra Manet e una delle sue modelle, nonché Dopo ogni abbandono, misteriosa biografia d’amore e di morte della contessa Lara, ove Schisa raggiunge uno dei vertici della narrativa fusa alla storia e all’indagine sul rapporto di questa con la verità).

Qui, invece, si dipanano le vicende complesse d’un casato della nobiltà napoletana, attraverso un “dono”, un anello che la protagonista, Emma, prende come uno stimolo irrefrenabile a risalire alla prima proprietaria di esso, e quindi a penetrare nelle varie persone della sua vasta famiglia, fino a coinvolgere la storia del Novecento, comprese le avventure belliche coloniali, talché il lettore scopre un mondo appartenente a un singolo gruppo di famiglia, eppure aperto al mondo: e allora tu divieni partecipe della godibile narrazione ricca di contenuti oggettivi della grande Storia, e ivi inseriti per verità inevitabili, preso da una forza centripeta che ti immette all’interno delle vicende, delle psicologie, delle avventure di galanteria e di dolore, tradimenti e doppi giochi, nel sottofondo duplice di un popolo (il napoletano) ritratto come pochi altri grandi scrittori seppero farlo (Domenico Rea, Eduardo de Filippo) e uno scavo continuo nell’essere umano in sé, sia etiope sia delle grandi città industrializzate. È che Brunella Schisa sa cogliere il denominatore comune delle masse e dell’individuo, con una formula di ricerca e di resa che è soltanto sua: così, nell’impegno della protagonista (Emma) a disseppellire le memorie della sua tentacolare famiglia, vien fuori anche un affresco d’un’epoca, dalla fine dell’Ottocento al secolo scorso; e più che affresco, direi bassorilievo, da cui le figure si staccano per la loro libertà di autonomia creativa da sorgere fuori dalla narrazione.

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