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OGNI MALEDETTA ESTATE

OGNI MALEDETTA ESTATE
Agosto 29
14:45 2020

Come ogni anno, anche quest’estate si conclude con un bilancio cinereo per le aree boschive del Parco
Regionale dei Castelli Romani.
Sfogliando le cronache locali, si scopre che dal 14 agosto ad oggi sono ben quattro gli incendi che hanno
devastato il nostro patrimonio naturale: due di essi, quelli del 14 e del 24 agosto, hanno colpito il versante
grottaferratese; il 19 agosto è stata la volta del versante monteporziano e ieri, infine, un vasto incendio,
partito dalle pendici del Monte Fiore (zona Carchitti-Tuscolana), si è propagato fino ai Monti Prenestini,
tenendo impegnati i soccorritori per ben 36 ore.
Di un quinto e un sesto incendio mi arriva notizia proprio ora, mentre sto scrivendo: sono le 16.00 del 28
agosto e i canadair sfrecciano senza sosta per spegnere un incendio, “probabilmente di natura dolosa”
stando alle parole del primo cittadino, che sta prendendo piede nei pressi di Monte Salomone; in
contemporanea un ulteriore incendio sta squarciando il Tuscolo nel Comune di Grottaferrata.
È uno scempio a cui sembriamo abituati ormai: il rumore costante dei canadair che sorvolano le nostre
case, le nubi nere che macchiano il cielo, i giornali che quotidianamente danno notizia del luogo e dell’ora
dell’incendio, elogiando (meritatamente) il lavoro dei soccorritori e adombrando la “possibile” origine
dolosa del fuoco. Una triste routine.
Nessuno, però, si premura di scoprire e informare la cittadinanza sulle cifre di questa devastazione: quanti
incendi vi sono ogni anno e quanti ettari di parco sono stati divorati dalle fiamme? Esiste una recidività? E,
se sì, è possibile che questi piromani non siano dei semplici scellerati che colpiscono a caso?
Lo scorso anno con la delibera n o 34 del 13/08/2019 veniva approvato il Piano operativo AIB (Anti Incendio
Boschivo) 2019-2022 proposto dall’Ente Parco dei Castelli Romani, il cui scopo era quello di realizzare delle
“attività di prevenzione (controllo del territorio […], individuazione delle aree più a rischio, dei punti di
approvvigionamento idrico), pronto intervento e lotta attiva” per arginare il fenomeno degli incendi
boschivi.
Ovviamente, per l’attuazione di questo piano era necessario entrare in possesso di dati che consentissero la
determinazione delle zone a rischio, per stabilire in anticipo “la probabilità che si verifichi un incendio in un
determinato luogo”. Proprio sull’aggiornamento dei dati arriva la prima dura reprimenda da parte dell’Ente
Parco: tanto i comuni (non si specifica quali) quanto la banca dati del Sistema della Montagna (SIM)
vengono esplicitamente accusati di non aver trasmesso le informazioni richieste in merito alle aree
percorse dal fuoco, motivo per cui le suddette analisi di rischio riportate nella relazione si basano sui dati
contenuti nel Catasto Incendi Boschivi e si riferiscono agli otto anni consecutivi che vanno dal 2010 al 2017.
Nel lasso di tempo considerato si sono verificati ben 70 incendi, una media di 8 / 9 incendi all’anno. Tra i
paesi più martoriati dal fenomeno, il triste primato spetta a Velletri con 35 incendi, seguono Grottaferrata
(12 incendi), Rocca Priora (8 incendi) e Monte Compatri (7 incendi).
In merito alla recidività le considerazioni tratte nello studio divengono ancora più allarmanti, chiarendo che
“la verifica della ricorrenza delle aree interessate dagli incendi mostra che un grande numero di incendi si è
verificato in zone già precedentemente interessate da incendi. L’intervallo di tempo per la ricorrenza
dell’evento […] è compreso tra 0 e 5 anni”. Le vittime predilette da questi piromani recidivi non sono
pascoli o aree incolte, ma boschi.
Per quanto efficaci possano essere state le misure di contrasto adottate fino ad oggi (fasce antincendio,
installazione di vasche per l’approvvigionamento idrico, implemento dei mezzi in dotazione ai soccorritori),
ciò che veramente sembra mancare è l’attività di prevenzione di questi incendi, il monitoraggio costante

delle aree a rischio e, soprattutto, la repressione nei confronti di questi assassini dell’ambiente, che
sembrano sempre farla franca. Ciò che manca è un’indignazione seria da parte della cittadinanza, in grado
di spronare i sindaci e le autorità competenti a perorare la causa del nostro patrimonio naturalistico.
Ciò che manca è la consapevolezza che “la Terra su cui viviamo non l’abbiamo ereditata dai nostri padri,
l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli” e abbiamo la responsabilità di tramandare loro boschi centenari,
non cumuli di cenere.

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