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Omosessualità nell’antica Grecia – 1

Dicembre 08
17:47 2009

Ci scusiamo con i lettori e con l’autore per aver pubblicato nello scorso numero la seconda delle due parti di questa monografia. Il fenomeno dell’omosessualità, come quello dell’eterosessualità, ha origini molto antiche. Infatti, sia nell’antica società romana che in quella greca era presente la bisessualità. Analizzando nello specifico la cultura greca, emerge che i greci, nell’amore, cercavano soprattutto il bello, indipendentemente dal sesso; pertanto, amare donne o ragazzi era, perlopiù, indifferente.

Amare i ragazzi era una pratica permessa dalla legge, celebrata nei riti e nella letteratura; diventavano però oggetto di scherno i giovani che si concedevano troppo facilmente, o gli effeminati. Il rapporto sessuale tra gli uomini sollevava nell’antica Grecia problemi morali di grande entità, specialmente riguardo a quello che era considerato l’amore perfetto, realizzatosi solitamente tra un adulto (attivo) e un giovane (passivo) che non avesse ancora completato la propria formazione mediante un’apposita educazione (paideia) all’amore.

Mentre l’amore tra due giovanissimi era un fatto ritenuto ordinario, a prescindere dai ruoli, il rapporto tra uomini adulti poteva spesso essere elogiato per la costanza con la quale era mantenuto, ma anche fatto oggetto di scherno da alcuni, come ad esempio Aristofane nelle sue commedie, poiché la passività era malvista in un adulto. Tuttavia, questi tipi di rapporto non mettevano fortemente in discussione la morale.

Per praticare l’amore perfetto era necessario sottostare a chiare e precise regole: l’amante doveva mostrare il proprio ardore, per poi moderarlo, servire l’amato e concedergli regali. L’amato, invece, doveva evitare di concedersi facilmente e con superficialità, mettendo alla prova l’amante.

Il rapporto tra adulti e ragazzi era estremamente diverso da quello che intercorreva con le donne: in primo luogo era aperto e poteva pertanto essere svolto ovunque, contrariamente al rapporto matrimoniale che prevedeva una separazione dell’uomo dalla donna in sfere d’influenza maschili e femminili. Inoltre, il ragazzo aveva pieno diritto di rifiutare le proposte dell’amante, diritto di cui non godeva la donna la quale era sottoposta alla direzione dell’uomo. Nonostante questa maggiore libertà che detenevano i giovani greci, un ragazzo giunto alla sua prima barba non poteva più permettersi di lasciarsi andare a questo tipo di amori, così come l’adulto sarebbe stato oggetto di aspre critiche; basti pensare che gli Stoici erano criticati per la loro usanza di estendere questi rapporti fino ai ventotto anni. Il giovane che aveva superato l’età accettata per svolgere il ruolo passivo- in genere sedici o diciassette anni- protendeva verso rapporti eterosessuali o a sua volta svolgeva un ruolo omosessuale attivo. Per contro, non erano esenti da critiche gli amori con ragazzi troppo giovani, poiché era idea diffusa che la tenera età non permettesse di riconoscere e apprezzare il vero valore dell’amato. Quest’ attenzione rivolta all’età contribuì a rendere il corpo dell’adolescente sinonimo di perfezione, caratterizzato da forme delicate che lasciavano intravedere i futuri tratti della virilità in lui non ancora presenti. Quando il ragazzo non era più in età d’amori, si convertiva il rapporto d’amore in rapporto d’amicizia, spesso più duraturo e saldo, perché non legato alla prestanza fisica.

Dall’Eroticon di Demostene si ricavano molte informazioni, utili per comprendere le pressioni alle quali era sottoposto il giovane nei rapporti uomo/ragazzo: il giovane amato, essendo tale per la propria nobile natura, non doveva mai comportarsi in maniera tale da essere coperto d’infamia. La sua onorabilità andava preservata, non per salvaguardare la possibilità di sposarsi – come avveniva ad esempio tra le ragazze del Medioevo – quanto piuttosto per evitare di mettere a rischio il suo futuro status all’interno della società. Pertanto, ogni giovane doveva impegnarsi a conservare la propria virtù e il proprio onore, aiutando, una volta divenuto adulto, altri giovani a raggiungere il medesimo obiettivo. Al riguardo, occorre dire che il giovane diventa tanto più onorabile quanto più assume una corretta postura, utilizza un buon linguaggio, frequenta gente virtuosa, ma, soprattutto, quando si comporta bene in amore.

La motivazione per la quale il giovane perdeva la propria onorabilità nel concedersi come un oggetto all’amante, è da ricercarsi nel parallelismo tra rapporto sessuale e rapporto sociale: se il ruolo attivo veniva osannato quale espressione di superiorità sul partner, ne consegue che la passività conduceva a una grande disistima. L’eventuale accettazione della passività da parte di un giovane avrebbe comportato la preclusione a ogni incarico pubblico. Questo problema non si poneva con gli schiavi e con le donne: i primi venivano considerati oggetti di cui servirsi, mentre le seconde erano semplicemente chiamate ad assolvere il compito che la natura aveva loro assegnato, ovvero quello di sottomettersi all’uomo. (Continua)

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