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Sonno e amore

Marzo 28
15:24 2011

La notte in bianco di Sara terminò quando il sole, che filtrava tra la persiane della sua camera da letto, scrisse sulla carta da parati rosa tre punti d’ombra intervallati da altrettante linee rette, una specie di codice morse che non comunicava SOS ma ALZATI, DECIDITI o qualcosa del genere.

Quella notte insonne Sara l’aveva trascorsa a chiedersi se fosse il caso di rimanere con Alberto o se non fosse stato meglio scegliere Claudio, un nuovo corteggiatore che si era affacciato su di lei e che le stava turbando il sonno e la veglia. Sprovvista di margherite giocò per ore a “lo tengo, lo lascio” con le penne d’oca che uscivano dal suo cuscino e dal piumone e all’alba cominciò a sentire freddo.
Il dubbio inoltre la stava consumando al punto da non riuscire più a concentrarsi sul lavoro (nelle ultime settimane si era beccata due cazziatoni e un richiamo ufficiale), era dimagrita senza seguire alcuna dieta e le erano capitate altre due o tre cose altrettanto surreali.
Si alzò perciò dal letto giurando a se stessa che al termine di quella giornata avrebbe preso una decisione definitiva: Alberto o Claudio.
Anzi, visto che non era stata capace di prenderla da sola una decisione, avrebbe cercato di captare tutti i messaggi che l’universo le avrebbe confidato in quel giorno per scegliere l’uomo della sua vita.
Controllò l’ora su un vecchio swatch che teneva sempre al polso e vide che la lancetta dei secondi erano Alberto che la rincorreva per possederla brutalmente come era solito fare mentre la lancetta delle ore era Claudio che l’avrebbe aspettata per sempre con tutta la sua pazienza.
Balzò in macchina per recarsi al lavoro, accese l’autoradio per ascoltare un pò di musica e nella vecchia Kenwood risuonarono le note di Lady in red di Chris De Burgh, la canzone più romantica che sia mai stata scritta. A Sara le si scaldò il cuore, l’universo le stava suggerendo di scegliere Claudio, tanto più che quel giorno aveva indossato mutandine di pizzo rosse e quindi la Lady in red era lei.
– Grazie universo! – sospirò.
L’autoradio però era vecchio e il segnale ballava tra due stazioni diverse, o forse era l’universo a giocare sporco. Improvvisamente le smielate note di quella canzone furono spodestate dal rock aggressivo e veloce di un rap dei Run-DMC. Sara cambiò espressione, significava che doveva rimanere con Alberto.
Il semaforo rosso la obbligò a riflettere ancora una volta sull’importanza di tenere in piedi quattro anni di fidanzamento ma poi quando scattò il verde non fu più sicura di voler andare avanti, intrappolata nell’ingorgo di Milano all’ora di punta o in una relazione che, intesa sessuale a parte, non le dava più niente.
In ufficio provò a concentrarsi sulle buste paga da verificare ma le palpebre le cadevano giù inesorabilmente, negando ai colleghi la visione maldiviana del blu dei suoi occhi.
All’ora di pranzo poi dovette scegliere tra il solito hot dog al McDonald’s oppure un pasto alla tavola calda della signora Ilde, più intima e accogliente.
Il wurstel, manco a dirlo, le ricordava il fallo di Alberto.
I ravioli alla zucca, diciamolo, le facevano sembrare gli sguardi che Claudio le lanciava, ancora più dolci.
Trascorse il pomeriggio a fare da arbitro tra segnali che le apparivano inequivocabili e altri che la menavano per il naso; penne stilografiche le gridavano “Cornuta!”, spillatrici senza graffette la invitavano a riprovare con Alberto, riflessi di luce sul monitor del computer le strizzavano l’occhio di cedere alle lusinghe di Claudio e così via.
Solo quando rientrò a casa aprì una parentesi di una mezz’ora, quella che le fu sufficiente per cenare, per non morire di fame e per dare all’universo una possibilità in più prima che la giornata, o la sua vita, terminasse.
Ritrovò quel letto che aveva lasciato una quindicina di ore prima e che stava diventando più un nemico che un alleato. Sul comodino Io uccido di Faletti e un romanzetto rosa della collezione Harmony.
A mezzanotte e un quarto Sara non trovò più la forza di scegliere da chi o da che cosa lasciarsi suggestionare, sconfitta dai troppi pensieri e dalle quattro notti senza sonno che aveva accumulato. Ancora pochissimi istanti e avrebbe messo da parte l’orgoglio di voler decidere sempre tutto e allora qualcosa di più grande avrebbe deciso per lei.
Spense l’abat-jour dei suoi troppi pensieri e si spostò sull’estremità destra del suo letto matrimoniale per far posto al sogno di Claudio o a quello di Alberto.
Uno dei due, sicuramente, stava lì lì per cominciare.

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