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T. S. Eliot a cura di Angelo Tonelli

Luglio 20
14:11 2011

Leggo solo ora il bel volume de La terra desolata e dei Quattro quartetti di T. S. Eliot curato da Angelo Tonelli per Feltrinelli nel 1995 e ripubblicato, in nuova edizione, nel 2010. L’apparato di note, discretamente ricco, riassume senza patemi le interpretazioni correnti dell’esegesi italiana, la quale vien dietro a quelle americane e inglesi. Tornano utili gli emendamenti di Tonelli e soprattutto l’accento ch’egli pone alla troppo trascurata (e non solo in Italia) influenza che il Buddhismo ha esercitato sugli scrittori modernisti maggiori, Eliot incluso. Ho apprezzato poco la pseudo-introduzione di Czes³aw Mi³osz che precede quella ben più puntuale di Tonelli: si tratta piuttosto d’un necrologio, un résumé della ricezione di Eliot in Polonia, con osservazioni sostanzialmente fuori luogo rispetto all’opera eliottiana, interessanti più per gli slavisti e gli amanti di bizzarre interpretazioni d’autore che per chi voglia godere dei versi del grande autore americano. Avventurarsi a tradurre La terra desolata e i Quattro quartetti è una sfida non da poco, trattandosi di versi ch’ânno influenzato e tuttora copiosamente influenzano la prosa d’alcuni dei più acclamati narratori contemporanei di lingua inglese. Il primo poemetto uscì nel 1922 e fece epoca; maggiore perplessità suscitano a tutt’oggi i Quartetti, anche per la svolta religiosa e ideologica di Eliot che ne precedette l’uscita tra il 1936 e il 1942. Se per un verso il carattere ermetico de La terra desolata testimonia lo spirito d’un tempo in cui l’uomo è pungolato dalla caduta dei valori supremi e abbandonato alla frammentarietà delle sue emozioni e dei saperi, l’unità contraddittoria cui aspirano i Quartetti sembran rigettare l’uomo moderno in un’oscurità epocale, la quale, se volessimo ridurla al buco nero in cui caddero milioni di uomini sterminati tra il 1939 e il 1941, dovremmo trascurare, per miopia retrospettiva, che il piano dell’opera e la sua composizione precedettero gli eventi più cruenti della Seconda guerra mondiale. >A fondo dei Quartetti è riposta una concezione puritana quale fu splendidamente riassunta negli anni immediatamente precedenti e contemporanei da Perry Miller in due libri divenuti celebri: Orthodoxy in Massachusetts, 1630-1650 (1933) e The New England Mind: The Seventeenth Century (1939). Nell’apparato critico di Tonelli non ve n’è traccia, nella misura in cui i suoi riferimenti bibliografici si rifanno perlopiù – benché non esclusivamente – alle fonti esegetiche italiane ch’egli cita e per le quali l’adesione alla cittadinanza inglese e all’Anglicanesimo di Eliot la fan da padroni, così come i rimandi espliciti all’Alighieri, a scapito della concezione della Grazia puritana dei Padri Pellegrini (diversa da quella del Puritanesimo inglese e del Calvinismo, cui essa trasse origine, e dell’Anglicanesimo cui Eliot si convertì a suo modo, avvicinandosi sempre più a posizioni cattoliche nel secondo dopoguerra). In questa non priva di cupa ironia smorta luce puritana, fatta di un’improvvisa ‘illuminazione’ estrinseca dall’umana volontà e spesso oscura alla coscienza, i Quartetti risultano più interessanti e comprensibili, seppur non se ne condividano le tesi. I continui riferimenti alla chirurgia dell’anima costituiscono l’andante dei sermoni secenteschi della Nuova Inghilterra, così come le immagini agostiniane e le contraddizioni dei Quartetti. Nelle sue traduzioni, Tonelli predilige l’aspetto declamatorio dei testi eliottiani, senza attenersi pedissequamente alla metrica e alla versificazione degli originali. E fa benissimo, soprattutto per la capacità propria nel disporre gli accapo e rendere una certa fluidità a testi che, memorabili nell’originale inglese, son ricchi di citazioni e si riallacciano ad una tradizione linguistica che non è la nostra. Questa di Tonelli mi sembra la più bella traduzione in italiano delle due opere maggiori di Eliot poeta. Traduzione che mi sento di consigliare a chi non ritenga che la poesia sia solo un’oscura selva di simboli, nei quali può comunque avventurarsi attingendo a introduzioni e note che arricchiscono il volume.

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