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“Tutti chiedono compassione” di Francesco Permunian, a settembre al Festival di Mantova

“Tutti chiedono compassione” di Francesco Permunian, a settembre al Festival di Mantova
Luglio 08
17:17 2023

In arrivo il nuovo lavoro di Francesco Permunian Tutti chiedono compassione, Editoriale Scientifica, collana S-Confini, a cura di Fabrizio Coscia. Il libro, uno zibaldone contemporaneo, è composto da due parti: Tutti chiedono compassione e altre microstorie e L’angelo di Dondero. Un dittico perfettamente in bilico tra realtà e finzione, tra posa e confessione, tra autobiografia e mascheramento, che raduna una polifonia di voci – voci di vivi e di morti – in cui emerge, riconoscibile, inconfondibile, tutto il mondo dello scrittore polesano, con la sua comica disperazione che sfocia in improvvise e struggenti pause liriche, ma qui come prosciugato in un distillato di essenzialità.

Francesco Permunian sarà ospite a settembre al Festival della Letteratura di Mantova. Il testo contiene una cristianissima e laicissima parola – compassione, appunto – che l’autore tenterà di far “risuonare” sulle assi del teatro Bibiena, «in modo che l’eco di siffatta umile e preziosa parola non si disperda nell’infinita babele di lingue e parole che si accumuleranno in quei giorni nelle piazze e nei teatri di Mantova».

Nella prima parte del libro prevale lo stralunato e caustico compilatore di appunti, che raccoglie dalla sua memoria materiale di scarto – «residui o calcinacci» – per annotare un sulfureo zibaldone dove troviamo una sarabanda di personaggi assurdi e grotteschi – uno scrittore di successo fallito, accumulatori seriali, indomiti baroni universitari, ex ballerine slovene gemelle soprannominate le «Kessler del Garda», un prete abusatore, vacanzieri «sciatori da neve artificiale» – o riflessioni sparse sulla letteratura e la scrittura in generale (in dialogo serrato con gli amati Manganelli, Kafka, Cioran, Calvino), o micidiali strali contro il circo culturali-mediatico e «l’odierna romanzeria nazionale», da sempre bersaglio di Permunian. Sono, queste microstorie, come «un cumulo di frammenti sempre sul punto di sbriciolarsi e franar per terra», una parodistica trenodia che ritrae il nostro mondo sempre sull’orlo di una catastrofe annunciata, dove «tutti chiedono compassione». Nella seconda parte, invece, troviamo l’autore in veste di reporter, che si muove, accorato, nei luoghi della Resistenza del suo Polesine insieme al grande fotografo Mario Dondero, in un confronto di sobria commozione (e indignazione) con i fantasmi dei luoghi e della Storia. Permunian ricostruisce le storie dei partigiani caduti, stila l’elenco dei loro nomi, ne ripercorre le vicende drammatiche, ma non rinuncia mai al suo graffio surreale e visionario. Ad accompagnare lo scrittore e il fotografo, infatti, è un angelo perturbante che sembra uscito dal teatro della morte di Tadeusz Kantor. Sono, queste, pagine di trattenuta e sobria commozione, che aggiungono un nuovo tassello a quel mosaico composito, sempre uguale e sempre diverso, che è l’opera di Francesco Permunian. Con un testo di Antonio Gnoli

«L’odierna assurda e folle monomania di stare sempre sui social. Sembra quasi che tutti abbiano qualcosa d’importante da dire, qualcosa di necessario da comunicare al mondo intero. Anche se poi tutti, o quasi tutti, vogliono soltanto raccontare i fatti e i misfatti della loro vita privata. E più tale esistenza è per loro noiosa e tapina, oltreché disgustosa e miseranda oltre ogni limite, più ne parlano e straparlano chiedendo insistentemente attenzione come dei mendicanti che chiedono la carità per strada. Lungo le gelide e infinite strade del web. In realtà, tutti chiedono comprensione. O forse, alla fin fine, tutti chiedono compassione»

Tutti i maggiori critici si sono frequentemente occupati delle opere di Permunian. Franco Cordelli lo ha inserito nel 2014 fra gli autori rappresentativi della letteratura italiana contemporanea. Di lui hanno scritto: «In Permunian sembra di riconoscere ancora intatto il potere della scrittura letteraria come era intesa dai grandi maestri moderni, da Kafka a Céline a Beckett» (Emanuele Trevi); «Lui è il più bravo. Ha battuto i colleghi cattivi della vicina regione, i Piovene e i Parise. Loro si muovono tentennanti fra tradizione e protesta, lui d’un balzo salta al centro della scena europea» (Angelo Guglielmi); «Permunian va a caccia di incubi, come altri, con il retino in mano, vanno ad acchiappare farfalle. Gremisce le pagine dei suoi libri e le rende brulicanti come le tavole nelle quali l’arte di Bosch ha rovesciato catastrofi ironiche» (Salvatore Silvano Nigro); «Non c’è narratore italiano che come Francesco Permunian riesca a farci percepire quanto i luoghi che abitiamo siano non già lo scenario di una narrazione o di un immaginario ma lo spazio in cui il nostro stesso carattere – e, di nuovo, un’intera antropologia – si forma» (Andrea Caterini).

Francesco Permunian (Cavarzere, 1951) vive e lavora da molti anni sul lago di Garda. Ha pubblicato diversi libri, tra cui La Casa del Sollievo Mentale, (Nutrimenti, 2011), ll gabinetto del dottor Kafka, (Nutrimenti, 2013, Premio Volponi), Costellazioni del crepuscolo (Il Saggiatore, 2017), Sillabario dell’amor crudele (Chiarelettere, 2019, Premio Dessì), Giorni di collera e di annientamento (Ponte alle Grazie, 2021), Elogio dell’aberrazione (Ponte alle Grazie, 2022), Stradario sentimentale del lago di Garda e del monte Baldo, con fotografie di Pino Mongiello (Oligo editore, 2023). Su di lui e sulle sue opere hanno scritto i maggiori critici italiani.

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