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Un sussidio un po’ sui generis

Luglio 30
07:54 2023

    Un recente sussidio liturgico in circolazione in diocesi da qualche giorno, al di là delle riproduzioni artistiche (nessuna però della diocesi), ci sembra che non esca fuori dai contenuti già noti(almeno agli ‘addetti ai lavori’) e che nulla invece aggiunge ad una educazione liturgica più conforme al vissuto reale, restando chiuso dentro una prassi più o meno catechetica ripetitiva di gesti e modalità ulteriormente interni ad una chiesa che non appare affatto comunità aperta ma asettica istituzione che insiste su norme e rituali ad intra. La ‘composizione’ di tale pamphlet, completamente adeguato al solito cliché ‘catechetico’, è attribuita all’Ufficio liturgico diocesano (i cui componenti, o almeno coloro che avrebbero lavorato al  ‘sussidio’, si possono individuare nella decina di nomi in fondo al volume) ed è incentrata sul tema dell’Eucarestia, un tema che – trattato dal vescovo diocesano da ben quattro anni e definito come ‘sinodale’ – non sembra che sia stato tanto recepito dai fedeli; lo si può facilmente costatare solo ‘assistendo’ a qualche Messa, formale e ritualistica, dove certamente la ‘gioia’ comunitaria è lasciata fuori del tempio! E non si dica nemmeno che tutta la ‘colpa’ è dei pochi preti rimasti, tra l’altro oberati di tante incombenze talvolta non necessarie, ma burocraticamente obbligate.

   Del resto non siamo noi – non ritenendoci certo esperti in liturgia – a voler dare giudizi di merito su un aspetto fondamentale della realtà ecclesiale (e sociologica), non solo locale, sulla quale già tanti (veri) esperti hanno fatto osservazioni precise. Perfino su ‘L’Osservatore romano’, giornale ufficiale della Santa sede, si sottolineano più volte carenze e modalità di una liturgia asettica e ritualistica. Basterebbe fare riferimento ai convergenti rilievi che sono emersi durante la prima fase del Sinodo in Italia. Proprio su L’Osservatore (del 1° luglio 2023), si può leggere un articolo firmato da una donna, una religiosa, (suor Elena Massimi, presidente dell’Associazione professori di liturgia), che mette in rilievo le carenze di una liturgia specialmente domenicale priva di coinvolgimento, e lo fa con affermazioni su realtà che peraltro sono da tutti constatabili: “sembra che oggi il gesto liturgico non sia più significativo, non parli più ai fedeli. Capita spesso di partecipare a celebrazioni abitate dalla noia”. Ed ancora, riprendendo alcune affermazioni dalle sintesi nel primo anno sinodale (peraltro molto precise e obiettive) da parte di tante diocesi, risulta che “spesso le azioni liturgiche a cui partecipiamo sono sciatte, poco curate; in esse è veramente difficile avere una esperienza profonda del Mistero. Canti inadeguati, ambiente poco curato, prese di parola inopportune, gesti maldestri, assenza di silenzio orante … come si può pregare così?”

   Si aggiunge che, “nel celebrare cristiano i linguaggi devono trovare una armonia e un equilibro, senza “prevaricazioni” o eccessivi personalismi. Canto, parola, gesto, luci, odori … devono armonizzarsi, “amplificarsi” e sostenersi vicendevolmente, il tutto nella nobile semplicità conciliare”… “Il problema del linguaggio liturgico però è ancora più complesso. Dovremmo chiederci come declinare la liturgia nel contesto contemporaneo, che sembra aver smarrito quell’universo simbolico nel quale la liturgia prendeva significato. Ogni celebrazione, inoltre, avviene in un tempo determinato, in un luogo preciso, in una cultura. È quindi necessario considerare come l’uomo contemporaneo viva il tempo, lo spazio, il corpo.

     Per concludere: “La liturgia non è un pensiero, ma una azione, e per questo richiede una lunga e graduale iniziazione, capace di coinvolgere tutte le dimensioni dell’umano. Non è infatti solo attraverso la spiegazione che si formano i giovani e le giovani alla liturgia, ma abbiamo bisogno di esperienze di preghiera che creino un linguaggio intermedio. La liturgia è il punto di arrivo, non di partenza, prevede tutta una serie di azioni che la precedono. Non dobbiamo dimenticare che si impara a celebrare «celebrando bene giorno dopo giorno». Sulla formazione liturgica sarebbero molte le cose da dire, ma forse è opportuno domandarsi chi possa compiere una tale opera formativa”.

     Suor Elena Massimi scriveva questo articolo constatando l’assottigliarsi anche della presenza femminile dalle liturgie, e concludeva, in particolare con riferimento alle suore. “Visto il contributo significativo offerto da molte donne, e da molte religiose, dal post concilio ad oggi, nella catechesi, nella pastorale giovanile, nell’accompagnare adolescenti nel cammino cristiano, nella scuola cattolica, è lecito domandarci quale formazione teologica, e quindi liturgica, abbiano ricevuto. In modo particolare riguardo le religiose”.   

    Ora guardando alla nostra diocesi, si riscontra una realtà in cui sembra che sia sempre necessario più che altro tappare qualche ‘buco’ nella ‘distribuzione’ delle celebrazioni domenicali parrocchiali, in cui ormai anche i pochi sacerdoti non risultano più efficacemente suddivisi, collegati e valorizzati, per cui, al di là di qualche eccezione(?), è difficile che i fedeli possano essere portati a definirsi ‘comunità’, e partecipare attivamente al culto, e figuriamoci poi  per i preti rispondere a eventuali direzioni spirituali che sposino concretezza con catechesi, carità ed evangelizzazione e tempi per la formazione teologica. Quanti i laici competenti, chiamati non a ‘servire’ ma a collaborare responsabilmente? Non parliamo poi di organismi ectoplasmatici come certi Consigli pastorali che fanno da paravento a decisioni già confezionate. Che dire di certe Messe in cui ormai anche le ‘intenzioni’ della ‘preghiera dei fedeli’, sono già bell’e stampate e standardizzate (e talvolta anche imposte) senza un apporto delle autentiche e concrete esigenze dei cristiani? O che dire della prevaricazione di certi (talvolta anche antiquati) interventi canori e ‘sinfonici’ che prevaricano addirittura le parti proprie del celebrante! Si assiste spesso a straripanti esibizionismi individualistici.

     E qui torniamo al ‘sussidio’ liturgico diocesano. Al di là della buona volontà degli ‘autori’ – nel novero dei quali non sembra ci sia stato né un prete né una suora! – non si capisce quanto effettivamente il volume possa contribuire a rendere una partecipazione liturgica più consapevole e anche ‘gioiosa’. Non per niente la realtà cui ci si trova di fronte dopo la pandemia non è quella della normale secolarizzazione, ma più propriamente di un allontanarsi della gente, del popolo, quasi schifato oserei dire, da certe liturgie, e chi resta lo fa con fatica mentre qualche altro vi rimane solo perché abituato all’antico tradizionale ‘precetto’ festivo.

    Già in copertina si legge un sottotitolo perlomeno contraddittorio: Memoria e compimento di un cammino che continua. Ma ci si chiede, se è ‘compimento’, come fa a continuare un cammino compiuto? Il sussidio non porta pagine numerate (e quindi non c’è un indice vero e proprio!).

    Nell’introduzione (di ben 8 pagine) si ripercorre tutto un ‘lavoro’ dell’Ufficio liturgico dal 2019, in cui ci si informa della stampa di ben precedenti ‘19 semplici pubblicazioni…per accompagnare il percorso sulla S. Messa proposto dal nostro vescovo Raffaello alla Chiesa Tuscolana”.    L’interrogativo è: quanti fedeli hanno letto queste ‘19 semplici pubblicazioni’ e quanti hanno ‘condiviso’ questa scelta calata dall’alto? Tra l’altro nel citare il ‘lungo percorso’ di questi 4 anni, vengono ricordati i titoli delle ‘semplici pubblicazioni’; citiamo solo il n.1 (Spunti catechistici in relazione all’Eucarestia per l’omelia), e il n.2 (Spunti eucaristici per l’omelia). Pertanto, ascoltando certe omelie, ci si chiede se sono frutto di tali ‘spunti’.  Le pagine del pamphlet non sono numerate per cui non è possibile risalire a riferimenti immediati del testo. Senza contare che tutte le cosiddette ‘preposizioni’ (anche nei tempi liturgici) sono riferite al presente: “Celebriamo oggi la festacelebriamo oggiin questa domenica”, ecc. ma senza seguire una logica sequenza liturgica temporale bensì sommando una ridondanza di parole in funzione di gesti rituali, ignorando anche una più graduale progressione di calendario liturgico.

    Ci sono poi ‘collegamenti’ solo nominativi, del tipo: “…nel medesimo orizzonte sinodale non si manca di preparare spiritualmente al Congresso Eucaristico Nazionale di Matera le cui tematiche si coniugano felicemente col percorso diocesano e si decide di approfondire anche in seguito, mentre si affaccia l’idea di trasformare il triennio eucaristico in un quadriennio…”.  I puntini di sospensione evidentemente fanno pensare che il quadriennio può facilmente diventare un ‘quinquennio’, sempre sul solito tema, ritenendo che “repetita iuvant!  (Ma, non semper!)”. Tra l’altro non risulta che in diocesi sia stato mai citato il Congresso eucaristico di Matera, nemmeno durante il suo svolgimento (vi ha partecipato qualche inviato diocesano?), e in quanto al ‘percorso sinodale’ (cioè con un minimo di condivisione dei fedeli) questo si è spiaggiato nella primavera del 2022 e di esso è rimasto saltuariamente solo un aggettivo appiccicato qua e là nell’’orizzonte sinodale’! Ed è già stato programmato un quinto anno su ‘Eucarestia e matrimonio’! Insomma più che sulla mensa dell’altare l’Eucarestia sembra vivisezionata sul tavolo dell’anatomopatologo.

     Così che, ignorando tutti i problemi evidenziati da chi aveva lavorato per qualche mese ai sinodi parrocchiali (e che in parte risultano anche dalla relazione sinodale diocesana sia pur edulcorata curialmente e mai più riesumata), si ha anche il coraggio di affermare che “il Clero Diocesano…ha scelto per vari motivi (quali?) quale quarto fuoco diocesano del suo cammino sinodale (!) di continuare ad approfondire il piano triennale dedicato a L’eucarestia: fonte modello, culmine della vita cristiana e paradigma della sinodalità”.   

      Ma, ci si potrebbe chiedere: è proprio vero che il clero diocesano ha voluto scegliere questo tema? E anche fosse, quali e quanti laici sono stati previamente consultati? Insomma il proseguimento del presunto sinodo è stato un affare del tutto…’clericale’. E non per niente si è ignorato che i Vescovi italiani avevano invece proposto di seguire tre altri ‘cantieri’: il cantiere della strada e del villaggio, quello dell’ospitalità e della casa, il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale, mentre ogni Chiesa locale aveva la possibilità di individuare un quarto cantiere, valorizzando una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal Sinodo che sta celebrando o ha concluso da poco. ‘È importante – aggiungevano i vescovi – tenere come orizzonte, per l’intero arco del Cammino sinodale, la celebrazione eucaristica quale paradigma della sinodalità’. Ecco, questo doveva costituire solo l’orizzonte, nell’ambito dei tre ‘cantieri’, e paradigma significa solo ‘modello di riferimento’ tanto più che il ‘cammino sinodale’ avrebbe dovuto ritmarsi sui tempi della celebrazione periodica della eucarestia e la stessa non imposta quale esclusivo e prioritario argomento da vivisezionare mettendo la sordina alle tematiche più propriamente urgenti, comunitarie e anche popolari-laicali. Ma ovviamente si è preferito stare all’interno della ritualità ‘celebrativa’! Interessanti nel sussidio i ‘riempitivi’ iconografici, le citazioni estrapolate da libri e interventi, del card. Martini, dei monaci di Bose, dei vescovi Corti e di Mantova, e qualche papa. Tra le prime pagine del testo, non manca quella ‘pubblicitaria’ su, ‘La santa Messa, dono di Dio (?) incomparabile e insuperabile’, che si viene invitati a seguire anche sul canale youtube… canale ufficiale della Diocesi di Frascati (!) in cui ci sono i titoli sulla Santa Messa’, con allegato elenco a supporto, da cui risulta un totale di ben 207 video! Praticamente uno al giorno, così si è ‘impegnati’ per quasi tutto l’anno; certo restano comunque altri 158 giorni, ma si riempiono facilmente con 52 domeniche e altre feste ‘di precetto’, numerosi ‘momenti formativi’, esercizi spirituali e adorazioni a scadenza obbligata con abbondanti processioni, il tutto certamente pensato sui ritmi quotidiani di lavoratori, casalinghe, studenti, badanti, professionisti, infermiere, insegnanti, ecc. (e in certo qual modo forse anche per ‘impegnare’ di più preti e suore?!) che si pensa non abbiano anche qualcos’altro da fare! Inoltre tra tante ‘spiegazioni’ e fiumi di parole devote, utilizzate per esporre gesti e rituali, silenzi, inchini, e varie, si continuano ad usare termini obsoleti  e fuori tempo, come ‘chiesa purgante’ (che non usa più nemmeno il CCC!), ecc. Ci sarebbero tanti altri rilievi, ma ciascuno se li può trovare facilmente da sé (magari verificando anche quanto ciascuno in questi anni sia venuto a conoscenza di quel ‘cammino’ di cui all’introduzione). Strano che poi non ci sia mai un riferimento a ‘Eucarestia ed ecumenismo’ né accenni a ‘maestri’ storici di liturgia (da Guardini, a Brandolini, ecc.) ed ancora, non è fornita alcuna bibliografia sulla liturgia e sulla Messa, eppure esistono e sono note numerose pubblicazioni anche recenti. Si conferma un sussidio del tutto autoreferenziale. Alla fine chissà poi che in un rigurgito di estrema sincerità qualcuno tra gli ‘autori’ del pamphlet non si chieda: “ma quante belle cose abbiamo fatto, e…non ce ne eravamo accorti”! Ma forse per questo il volume è anche definito ‘un libro ricordo’. (Ciò ci fa pensare a quegli album fotografici di famiglia che vengono fatti ammirare agli ospiti che benevolmente si mostrano entusiasti, ma ai quali francamente non glie ne frega niente!). Ma non sarebbe stato meglio allestire un semplice libretto (un dizionarietto tascabile) con i momenti importanti delle celebrazioni e i termini da conoscere?

     Questi nostri appunti personali al testo, sono senza pretese ed offerti un poco alla rinfusa tra il serio e il faceto (ma anche le ‘critiche benevole’ possono servire a fare pubblicità ad un volume che altrimenti potrebbe passare inosservato (quanto è costato?). Ma poi questa nostra ‘riflessione’ è stata pensata anche per sorridere un po’ sulla ridondanza di parole riversate da troppi anni sui superstiti poveri fedeli della nostra diocesi, tanto più che dalle varie ‘catechesi’ somministrateci da anni, non sembra si faccia mai notare che in tutta la Bibbia ci sono canti e balli ‘liturgici’ e sono sparsi tanti ‘sorrisi’  e che pure i Magi ‘al vedere la stella provarono una gioia grandissima’! e che certamente nei pranzi e ‘cene’ a cui ‘si invitava’ Gesù, ci sarà stato anche un momento per qualche battuta e bella risata magari grazie a quel vinello frizzante come quello servito a conclusione del banchetto di nozze a Cana! E quanti santi erano allegri e gioviali? da san Francesco a san Filippo Neri, a don Bosco, e così anche i papi; si pensi a papa Giovanni XXIII, allo stesso Paolo VI (‘Gaudete in Domino’!), papa Luciani, e ora papa Francesco (‘Evangelii gaudium’), mentre anche autori ‘moderni’, hanno pubblicato libri in cui…’Gesù sorride’ (cf p. B. Sorge, Gesù sorride; con papa Francesco oltre la religione della paura’, Piemme 2014). Chi poi volesse conoscere qualcosa sulla liturgia in genere, non c’è che l’imbarazzo della scelta, ma si possono suggerire solo Liturgia del futuro (dossier sul n.3/2023 di ‘Credere Oggi’), e un altro testo facile da seguire, senza ridondanze e non cattedratico, di Michela Brundu, Liturgy 2.0. Menu liturgico per diete spirituali, Il Messaggero, Padova 2014). Se infine qualcuno non volesse proprio sorridere, potrà sempre rifugiarsi ancora nella ‘valle di lacrime’, ché nel frattempo, dum Romae consulitur, Saguntum (Tusculum-Frascati) exspugnatur. E questo che c’entra? C’entra, c’entra…

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