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Ville Tuscolane, dall’IRViT all’IRViL?

Gennaio 10
19:57 2012

Agli occhi di molti cittadini allenati a vigilare sul territorio, volontari con differenti gradi di preparazione tecnica, le Ville nel loro complesso avrebbero bisogno di maggiore tutela, e se non proprio di restauri, almeno di maggiore manutenzione per non perdere troppo in fretta quello che il tempo si va prendendo da sé. Tornando al convegno: disertato da politici e rappresentanti istituzionali (assenti giustificati causa le recenti vicende politiche e le novità quotidiane dal commissariamento di governo), non ha neppure brillato per contenuti per almeno due ore e mezzo dall’inizio, nonostante gli sforzi del commissario straordinario avv.to Marco Di Andrea che tentava di imprimere alla giornata una direzione più concreta. Lo stesso commissario in apertura ha evocato il temibile sospetto che Irvil possa diventare l’ennesimo ‘carrozzone’. Il vocabolo, temerariamente pronunciato dal commissario e subito stigmatizzato con borbottii e ‘facce’ da alcuni presenti, la dice lunga sulla storia di questo istituto. Ancora viva nella memoria di molti presenti la puntata di Report di domenica 4 dicembre che denunciava senza peli sulla lingua la situazione di mala gestione di complessi storici importanti, senza soluzione di continuità tra nord e sud. Infatti nella puntata la parte del leone l’ha fatta la non brillante gestione del sistema delle Ville Venete. Sono apparsi poi i nostri meravigliosi Castelli, senza merli, che tengono i loro tesori nascosti negli scantinati: l’esempio, da piangere, è stato l’affresco (per altro bellissimo) dedicato al dio Mitra, che stava per essere affittato, assieme alla cantina che lo ospita, come ‘locale con pittura’ per graziosa pizzeria; altra ‘perla nera’ di quel Report il patrimonio di ville antiche del viterbese che si va sgretolando. Anche con metà di questi incidenti la Penisola è il fanalino di coda nella gestione del patrimonio/storico/artistico/archeologico del mondo, possedendone una quantità cospicua. Così uno degli interventi più costruttivi e interessanti della mattinata, è stato quello dell’architetto Marina Cogotti, attuale direttore di Villa d’Este, in rappresentanza della Soprintendenza BSAE del Lazio, intervento giunto prima della lettura della bozza di legge, ma illuminante sul contenuto della stessa cui poneva osservazioni. Ribadita l’importanza delle Ville Tuscolane come sistema e il fatto che la loro esistenza significhi anche la sopravvivenza di un paesaggio ospitante di rara bellezza, l’architetto si chiedeva subito da dove si sarebbero tratti i fondi per la gestione di un ‘piccolo colosso’ che nel Lazio dovrebbe gestire qualcosa come 250 ville storiche, 100 nella provincia di Roma e il resto sparse nella regione, per l’80% private, che necessitano comunque di interventi pubblici. La Cogotti considera la gestione privata delle ville non certo una sconfitta dello Stato, ma una ricchezza da guardare con lungimiranza: le Ville nascono come dimore private, la proprietà privata è tutelata dallo Stato, e non è possibile imporre trasformazioni che legittimi eredi non si sentono di affrontare, però l’etica suggerisce una conservazione di costruzioni e parchi quanto più possibile vicina al loro aspetto originario. Oltretutto un bene al momento di proprietà privata, e sotto attenta tutela dello Stato, potrebbe in futuro rientrare nel circuito pubblico. La bozza di legge, a detta dell’architetto, sembrava non approfondire troppo il rapporto tra pubblico e privato nella gestione dei beni. L’architetto ha proseguito dicendosi contraria a forti lavori di restauro sulle Ville storiche così come sono stati intesi in altre stagioni: dover, cioè, rimettere in piedi un bene prostrato dall’incuria e dall’inciviltà con cure da cavallo alle quali sarebbe preferibile la manutenzione continua di immobili e, soprattutto, di parchi e alberature che sono la materia vivente protagonista delle Ville, il loro cuore pulsante la cui bellezza si è dimostrata facilmente fruibile da bambini e adulti con diversi gradi di cultura. Ha concluso dicendo che le ville non possono essere tralasciate un solo giorno pena la loro decadenza. Nelle parole di quasi tutti gli operatori intervenuti si è letta una nota di stanchezza davanti ad un compito tanto vasto quanto non sempre in grado di ripagare la fatica. Altro tema ricorrente l’invocazione del volontariato e di capitali privati visti anche i molti successi di associazioni, tra cui il FAI, che utilizzano formule miste. Una riflessione a latere di tutto questo: le Ville cinquecentesche, che pure ancora ci ospitano, sono figlie di un’altra era. Erano il giocattolo filosofico ed estetico, in una natura incontaminata, di aristocratici che sembravano conoscere la data della propria fine, tanto grandioso e durevole nel tempo programmavano il loro progetto. Nelle costruzioni dei parchi e dei giochi riponevano ricerche, fantasmi, desideri su cui avevano meditato una vita. Possiamo dirci, davanti a tali progetti, (quasi) perdenti? Il nostro tempo di ‘post-moderni’ è occupato da altri pensieri fra i quali la non accettazione della nostra fine in vista di una natura morente, nell’incredibile nemesi cultural ambientale che si è andata verificando in oltre 500 anni. Siamo noi gli eredi sottintesi dal sistema di pensiero che ha prodotto queste ville? Della loro presenza (sorretta un tempo da ricchezze che nulla avevano a che fare con l’equità sociale, e da inusitate conoscenze culturali) vogliamo interpretare non più l’aspetto ludico, ma più di tutti l’aspetto economico. Qualcuno risponderebbe che proprio perché coltiviamo molta bruttezza, abbiamo bisogno delle meraviglie delle Ville storiche. Qualcun altro direbbe che ci si debba accontentare di qualcosa in meno da queste splendenti presenze perché non siamo in grado di instaurare con loro dialoghi alla pari. La risposta nell’impegno di tanti operatori, studiosi, proprietari e cittadini che non vorrebbero perderne lo spirito originario, alimento di bellezza, ma che forse faticano ad ammettere le molte rughe su queste dimore: irrimediabili, a meno che non si adottino sistemi di restauro di tipo cinese.

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