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De Agri cultura

De Agri cultura
Giugno 12
09:13 2021

Il De Agri cultura è l’unica opera giunta completa di Marco Porcio Catone detto il Censore (234-149 a.C.). L’agricoltore interprete del “catonismo” (mos maiurum, romanità, moralità, il mondo agricolo, il sistema economico incentrato sulla classe media) nasce a Tusculum e riesce a completare tutto il Cursum Honorum arrivando a ricoprire il consolato nel 195 a.C. Potremmo definire l’opera un manuale pratico da seguire per gestire correttamente la villa. Per la scelta del terreno, Catone dice che bisogna considerare “l’aspetto dei vicini…la via di accesso…buon clima; non sia soggetto a calamità, abbia buon suolo fertile… Se potrai, sia ai piedi di un monte, guardi a mezzogiorno, in luogo salubre; vi sia abbondanza di manodopera, e un buon approvvigionamento d’acqua; abbia vicino un paese importante…e una buona strada frequentata.” Per quanto riguarda il materiale per la costruzione della villa, tutti i muri “in calce e pietrisco”, per la villa in pietra e calce, “le fondamenta un piede da terra, tutti gli altri muri in mattone” e per le muraglie, “calce, pietrisco e selce”. Una volta che il pater familias si presenta alla villa, due cose deve fare: chiamare il massaro chiedendogli “che cosa sia stato fatto, che cosa resti da fare, se le opere siano state compiute nel giusto tempo, se possa terminare quelle che restano” e “fare il conto delle opere e delle giornate (…) del denaro, del grano, di quanto sia stato approntato come foraggio, fare il conto del vino e dell’olio, che cosa si sia venduto e che cosa riscosso, che cosa resti da riscuotere, che cosa vi sia ancora da vendere…sia posto in evidenza quel che resta. Se manca qualcosa per l’annata, si procuri; il sovrappiù sia venduto; il lavoro da dare in appalto sia appaltato” e, in fine, “esamini il bestiame.” Consiglia di avere delle buone stalle e, in riferimento ai principi cui si deve attenere il massaro, che sia “osservatore delle festività; tenga la mano lontana dalla proprietà altrui, vegli con diligenza alla propria; impedisca liti tra gli schiavi; se qualcuno avrà commesso un errore, lo punisca secondo la gravità della colpa, ma in ragionevole modo”, di verificare “spesso i conti con il padrone”, di non comprare o tenere nascosto qualcosa senza che informi il padrone, commettere “frodi sulla semente”, sia il primo ad alzarsi e l’ultimo a coricarsi, saper fare ogni lavoro che l’agricoltura richiede e che si “impegni spesso ma senza giungere allo sfinimento”. Alla fine della giornata, accertare che la villa è chiusa, ognuno sia coricato e che le bestie abbiano il loro foraggio. E poi curare diligentemente gli animali e compiere ogni lavoro “al tempo giusto.” Com’è il campo: “se fai in ritardo una sola cosa, farai in ritardo tutte le altre.” Nel fondo, in base alle sue caratteristiche, troviamo frumento, rape, ramolacci, miglio, panìco, l’oliva, pioppi e olmi “ai limiti dei campi e ai bordi delle strade”, pioppi e un canneto se vi saranno “le rive di un corso d’acqua o un luogo umido”, la corruda, il salice greco, varie tipologie di viti da piantare nella vigna: “l’aminnia nana e gemella, l’eugenea, l’elvola nana” e poi “l’aminnia grande o la murgentina, l’apicia, la lucana”. Per quanto riguarda gli alberi da frutto, “mele cotogne piccole e grandi, scanziane, quiriniane, e ancora quelle da conserva, mele novelle dolci e melograni”, “pere grandi, aniciane e sementive…tarentine, novelle dolci, cucurbitine” e poi le “olive orchiti e posee”. E ancora i “fichi marischi”, gli “africani e gli ercolanei, i saguntini, gli invernali, i tellani neri a picciolo lungo”, il prato per il fieno, un “terreno nei paraggi della città lo terrai a giardino”: ”bulbi di Megara, mirto matrimoniale, bianco e scuro; alloro di Delfi e di Cipro e selvatico; nocciole calve, avellane, prenestine, e mandorle”. I salceti in luoghi ricchi di acqua. In riferimento alla cantina olearia, Catone elenca il necessario come dogli da olio, coperchi, tini, conche, “mestoli in rame; due anfore da olio; un orcio per l’acqua”, un vaso, una tinozza, imbuti, un sestario, orci, “due mestoli in legno”, una trutina, pesi vari. In riferimento al piantare olivi, alberi da frutta, viti, etc. Catone dice di prelevarli “con le radici con tutta la terra possibile e legali bene intorno, perché si possa trasportarli: ordinerai che siano portati in una conca o in una corbella.(…) Quando porrai la pianticella nella fossa, spargerai in fondo alla buca uno strato di terra della superficie; poi ricoprirai di terra, dalle radici all’orlo; quindi calpesterai bene, coi piedi, e ancora con mazzeranghe e stanghe… Quegli alberelli che saranno più spessi di 5 dita, li seminerai dopo averli capitozzati, li spalmerai sopra di sterco e ne legherai le fronde.” Se non si può vendere la legna “farai cuocere la legna per avere carbone” è il consiglio di Catone. Quando piove si deve comunque cercare di fare qualcosa nella villa: “non perdere tempo, fai pulizie. Pensa che, se non si fa niente, le spese non saranno di meno.” Ecco come s’innestano gli alberi da frutto in primavera: incidere il ramo da innestare, un ramoscello di salice spaccato a metà per legare il ramo affinché non si spacchi la corteccia, uno zeppo da inserire tra corteccia e ramo da innestare “per una profondità di 2 dita” e, al suo posto, inserire la marza o le marze “combaciare corteccia a corteccia; spingerai dentro la marza per tutta la lunghezza del taglio” poi si avvolge il tutto con il salice greco, si spalma con un impasto di “argilla o creta, un po’ di rena e liquame bovino” sino a 3 dita di spessore e il tutto avvolto con “lingua di bue” e “paglia da lettiera, perché il gelo non faccia danni.” Per quanto riguarda le talee di olivo, esse “le taglierai di tre piedi”, un piede se vanno piantate nel semenzaio, e quando messe a dimora, vanno interrate e messe dritte. “Quando le talee sono di tre anni, allora sono finalmente mature, quando cambierà la corteccia. Se le avrai piantate in buche o in fosse, in ognuna metterai tre talee e le distanzierai; non dovranno emergere dal terreno per più di 3 dita; pianterai anche occhi.” Per quanto riguarda la propagazione dell’olivo e alberi da frutto, “I polloni che nasceranno dal pedale dell’albero, li piegherai verso terra, e ne rialzerai l’estremità, perché mettano radici” e dopo due anni, tirati fuori dal terreno, tagliarli e trapiantarli. Per quanto riguarda invece le specie “che vorrai moltiplicare con più cura”, si fanno sviluppare in “olle o canestre bucate, e interrarle nelle buche con tutto il recipiente.” Come si semina l’asparago? Realizzare delle aiuole, “che possa sarchiare e roncare da destra e da sinistra”, un intervallo di mezzo piede tra un’aiuola e un’altra, “sementerai; con un palo spingerai nel terreno, a filo, due o tre semi, e coprirai il buco con lo stesso palo. Quindi cospargerai bene di sterco le aiuole” e, “Quando sarà nato, pulirai bene da ogni erbaccia”, e “Nell’anno in cui avrai sementato, coprirai l’asparago con strame, durante l’inverno, perché non sia bruciato dalle gelate. Poi, all’arrivo della primavera, lo scoprirai, sarchierai e roncherai.” I Buoi? “Nulla conviene di più che accudire bene i buoi.” Il terreno, per coltivarlo bene, bisogna ararlo bene e concimarlo. “L’oliva, quando sarà matura, è bene che sia raccolta quanto prima, ed è bene che rimanga per terra o sul tavolo quanto meno. Per terra e sul tavolo ammuffisce” e poi “Tanto sarà più acerba l’oliva da cui farai l’olio, tanto l’olio sarà migliore. Al padrone converrà assai fare l’olio da olive mature.” e, se l’olivo non fruttifica, “lo sconcherai. Poi getterai strame tutto intorno alle radici. Quindi mescolerai in parti uguali acqua e morchia, e la spargerai intorno all’olivo.” L’olio era utilizzato anche per le lucerne. Perché i parassiti e i topi non facciano danni al frumento, Catone consiglia di fare un “impasto di malta e morchia; aggiungerai un po’ di paglia, lascerai che si maceri bene e impasterai bene. Intonacherai tutto il granaio con questa malta, poi cospargerai di morchia tutti i muri che avrai intonacato”. Le tarme dei vestiti? Si cosparge con morchia bollita il baule. Ora, la procedura del vino era diversa per fini diversi: a seconda se era destinato ai servi o se si doveva fare una tipologia di vino oppure se aveva fini terapeutici. Si utilizzava, in generale, del mosto e dell’acqua oppure del vino e delle erbe, etc. Catone riferisce riti espiatori, purificanti, pronunce di formule e ciò si esplicano in cene sacre, offerte sacrificali per la mietitura, purificazione del campo, della casa e dei suoi membri, contro eventi infausti, etc., parla dei contratti per la lavorazione del campo, dove il lavoratore in base alla qualità del terreno tratteneva per sé una parte dei prodotti, e poi delle clausole contrattuali per la raccolta e spremitura delle olive e per il pascolo. Tali clausole (Venafro), sono per la vendita delle olive sulla pianta che, oltre a versare una certa somma, bisognava aggiungere la centesima parte di essa, olio, olive, strutto. Il giorno di paga “dalle Calende di novembre fino a dieci mesi”; alle Idi se la raccolta e la spremitura è data in appalto. Se l’appaltatore non fornisce garanzie, “saranno assoggettati a pegno i materiali portati sul fondo” e non bisogna portar via nulla di essi altrimenti “questa diverrà proprietà del padrone.” Se poi il compratore non liquida gli operai e ci pensa il padrone, egli diverrà suo debitore e deve fornire garanzie. Le stesse regole per l’uva sulla pianta, più messa a disposizione di un locale “fino alle Calende di ottobre”, altrimenti “il padrone farà del vino quel che vorrà” e altra clausola, le “vinacce e feccia non saranno lavate”. Per la vendita del vino nel doglio, esso “non dovrà essere acido né rancido.” Si faceva ricorso all’arbitrato del probiviro per liquidare eventuali danni recati al padrone dall’appaltatore e per assaggiare il vino. In infine, per l’affitto del terreno per il pascolo d’inverno, esso generalmente sarà utilizzato dalle Calende di settembre a quelle di marzo. Le scope di frasche per pulire i dogli? Si realizzano con “frasche di olmo ben secche” che verranno poi fissate su di un “piccolo manico”. In inverno, l’acqua che ristagna nel campo va tolta: “Tenere pulite le fosse di scolo” e “svuotare i canali” e “In casa, quando piove, bisogna fare un giro e, laddove ci siano infiltrazioni, fare un segno col carbone. Quando avrà smesso di piovere, si dovrà cambiare la tegola.” Dove fare gli acquisti? Catone dice che: “A Roma puoi comprare: tuniche, toghe, mantelle, casacche, zoccoli” chiavi e catene, a Calvi e Minturno “cappucci…falci, pale, zappe, scuri, finimenti, punte, catenelle”, a Venafro le pale e le tegole, a Sessa Aurunca, oltre le canestre, e in Lucania i carri, “dogli e tini” a Trebe, Alba e Roma, i frantoi a Pompei, Nola e Mura di Rufro, a Capua, oltre ad alcune funi, e a Nola “secchie, giare da olio, orci da acqua, giare da vino, altri recipienti di rame”, le canestre migliori quelle di Roma e le funi da torchio a Cassino ma anche le canestre. Gli strumenti della cucina romana? Mortaio, staccio, lavoro di mano, panno, coppo (recipiente), padella, imbuto, palette, forno, tavola, brace, catino di coccio, vaso di coccio, pentola di rame, scodella… Gli ingredienti? Zampetto di prosciutto, cavolo, bieda, felce, erba mercuriale, mitili, capitone, pesce scorpione, lumache di mare, lenticchie, miele, cumino, farina di grano, farina di farro, sale, olio, vino, carne di asino, formaggio, fichi, nocciole, uva, pane, uova, placenta, strutto, latte… Le ricette? Il pane soffice: “Verserai la farina nel mortaio, aggiungerai a poco a poco acqua e lavorerai ad arte. Quando l’avrai lavorato bene, farai le forme e metterai a cuocere in coppo.” La salatura dei prosciutti: nel doglio o nella giara, tolto il gambuccio, per ogni prosciutto “mezzo moggio di sale fino romanesco” con cui verrà ricoperto. I prosciutti verranno messi in strati nel contenitore tenendo i prosciutti separarti e, dopo cinque giorni, invertito il loro ordine nel contenitore. “Dopo dodici giorni in totale toglierai i prosciutti e li pulirai da tutto il sale e li attaccherai lasciandoli al vento per due giorni. Al terzo giorno li laverai bene con una spugna, li spalmerai d’olio misto ad aceto, e li attaccherai al carniere”.  Per quanto riguarda le olive verdi, mature o miste, ecco la ricetta: “Preparerai così l’epityrum di olive verdi, mature o miste. Toglierai il nocciolo alle varie qualità di olive. Poi le condirai così: le triterai, aggiungerai olio, aceto e coriandolo, cumino, finocchio, ruta e menta. Metterai tutti i condimenti in un piccolo orcio, ci verserai sopra l’olio, e così saranno pronte per l’uso.” Altre ricette sono “Encytum”, “Erneum”, “Sperita”, “Savillum”, “dolce alla “Cartaginese”, “Farinata” (il grano “mondato in un mortaio pulito; si lavi bene, si tolga bene la pula e si risciacqui bene”, poi si cuoce in acqua e cotto “si aggiunga latte a poco a poco, finché sarà decantata una crema densa”), i “Globuli” (stesse parti formaggio e farina di farro e si fanno i “globi”, poi “Verserai dello strutto in una padella calda…fritti li toglierai, li spalmerai di miele, ci gratterai sopra del papavero”), l’”Amulum”, e poi il vino di Cos e i “Mostaccioli” (un moggio di farina bagnata di mosto, aneto cumino, due libbre di strutto, una libbra di cacio, “un rametto di alloro”, impastare e aggiungere “le foglie di lauro, mentre cuocerai”).  Il cavolo? “Lo mangerai sia cotto sia crudo, lo intingerai nell’aceto” e i metodi di cottura utilizzati sono farlo bollito, in brodo, arrosto (utilizzato per curare svariati sintomi) condito con aceto o con sale o con olio, sale ed erbe ma si utilizzava anche essiccato. Una manuale pratico per tutti i giorni…

Nella foto, resti di cisterna di epoca romana detta “Casaccia” sita Tra Monte Salomone e Monte Tuscolo “Ager Tusculanus” (Monte Compatri). Si ipotizza la sua funzione fosse “di limaria in quanto occupò il luogo più alto rispetto alle altre cisterne della zona, e distribuì le sue acque a qualcuna delle costruzioni realizzate nella zona dell’attuale Osteria  della Molara o al territorio ad est di Tuscolo.” Il periodo di realizzazione è “compreso tra il 50 a.C. ed il 50 d.C.” Sullo sfondo a destra, Monte Tuscolo.

Bibliografia:

Classici Greci e Latini, Catone il Censore. L’AGRICOLTURA. A cura di Luca Canali e Emanuele Lelli. Oscar Mondadori, 2000.

Luigi Devoti, CISTERNE DEL PERIODO ROMANO NEL TUSCOLANO, ASSOCIAZIONE TUSCOLANA AMICI DI FRASCATI 1978.

 

 

Alessandro Mazzarini

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