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Aurelio Picca dopo l’Italia dell’innocenza

Aurelio Picca dopo l’Italia dell’innocenza
Novembre 19
19:02 2016

Quello di Aurelio Picca è un addio all’Italia dell’innocenza che si lasciava dietro le spalle la società contadina che il Nostro, tra l’altro, rendendo omaggio ad alcuni suoi avi e raccontando la storia della sua famiglia evoca; un’Italia che dopo la parentesi della 2a Guerra mondiale e la ricostruzione imboccava una strada mai prima percorsa dall’umanità. Egli racconta un paese che è andato cambiando negli ultimi decenni e ne registra gli umori e i mutamenti di costume. Con i suoi romanzi d’impronta realista, Picca, indaga nelle abitudini degli italiani ed anche nelle loro debolezze.

È la nostra epoca consumista, edonista, massificata e omologata che viene rappresentata. Esistenze di persone comuni che vivono la loro vita presi dagli avvenimenti e dal loro modo di essere. Aurelio Picca è un fiume in piena, che, romanzo dopo romanzo, percorre un itinerario sociale e di vita tra i più interessanti della letteratura italiana contemporanea. E lo fa con un linguaggio ricco di suggestioni linguistiche, con similitudini e metafore alquanto originali.

Aurelio Picca rende tutti protagonisti del vivere, in primo piano, figli delle stelle, esseri umani ognuno con il proprio destino legato ai tempi, ai luoghi e al proprio modo di essere. Egli guarda la vita con occhio distaccato, disincantato, impietoso, ma anche con ironia da grande romanziere quale egli è. La sua ormai notevole produzione sa dare un’idea della società italiana degli ultimi decenni, tanto che, per essa azzarderei scomodare la definizione di autore post-moderno. E con la società italiana sa offrirci una visione esistenziale. Un intreccio di autobiografia ed invenzione fantastica. La geografia che fa da sfondo ai suoi romanzi è legata a diversi luoghi della nostra Italia. Ma poi c’è la sua Velletri e il contesto geografico, dove è posta la città e Roma. In un suo romanzo “Se la fortuna è nostra”, come ho detto, oltre che la ricerca delle sue origini e radici c’è la nostalgia per un mondo scomparso, e con esse il legame con gli avi morti che vivono con il loro ricordo. E poi ancora la religione e la ricerca di senso del vivere, come pure la sessualità con i suoi richiami.

Nella sua produzione c’è un romanzo atipico alquanto originale che è “Un giorno di gioia”. Un’opera che si può considerare metaforica per il suo sconfinare fuori dal reale pur rappresentandolo su più piani, e l’autore in questo libro sfoggia tutta la sua inventiva e la sua capacità di costruttore di storie abilmente messe insieme con grande fantasia. Aurelio Picca, da narratore di razza qual è, sfodera tutte le sue doti per raccontare, come ho accennato, il nostro tempo e la nostra società e con essa la fragilità umana e le debolezze delle persone, facendoci sentire anche la precarietà del vivere. Egli è un narratore eclettico dalla grande facilità di scrittura e si fa leggere con piacere.

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