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Come cantavamo!

Maggio 31
23:00 2009

“Tripoli bel sol d’amore…”, oppure, “Faccetta nera bell’abissina aspetta e spera…”. Il ministro Maroni dichiara: “noi siamo nel giusto” la salvezza dell’Europa, non possiamo essere il ventre molle esposto all’immigrazione.
Finalmente possiamo manifestare la nostra forza, le nostre motovedette in armi, in accordo con i Libici (a cui abbiamo fornito i mezzi, 3 motovedette), possiamo sventare gli assalti provenienti dall’Africa. Questo ci permetterà di difenderci dagli “attacchi colonialistici” che i paesi africani stanno organizzando per invadere l’Europa, creando, di fatto, la colonizzazione delle nostre industrie, cantieri, spiagge (si va verso l’estate). La lezione che gli abbiamo dato portandogli la civiltà non gli è bastata. Quattrocento anni di deportazioni, schiavismo, sfruttamento del territorio, non sono stati una lezione sufficiente. Non a caso cantavamo “… aspetta e spera …”. Il flusso migratorio che stiamo subendo è il frutto germogliato dalle manie di grandezza di governanti e regnanti d’Europa. La nostra civiltà tecnologica, mai ordinata da nessun popolo, si è imposta in anni nel sangue, spesso nella distruzione di civiltà diverse dalla nostra. L’importante era (ed è) reperire materie prime, ricchezze, e manodopera a basso costo, tale da incrementare le esigue risorse rimaste che da millenni bruciamo nel nome del progresso della nostra civiltà. Siamo noi che dobbiamo governare e decidere chi e cosa ci serve, i poveri (considerato che anche qui ne abbiamo in abbondanza) possono restare nel proprio paese. Mantenendo i nostri concittadini in uno stato di “povertà vivibile”. Possiamo (noi politici, governanti, regnanti) “mettere in armi” la testa dei nostri concittadini alzando la barriera a difesa della nostra povertà. Ciò nonostante, ognuno può sfruttare gli invasori affittando loro “case bestiame”, cantine con grotti (non per il vino, bensì dove far vivere intere famiglie), costringendoli al lavoro nero (dove i migliori possono picchiare e non retribuire le prestazioni), o a un lavoro regolare diminuendo la retribuzione operativa, la qualità del prodotto (mandando a casa gli specializzati nostrani che pretendono troppo), alimentando, di fatto, una lotta di classe sociale inter-etnica.
Certo, siamo attivi. In: Tripoli bel sol d’amore …, abbiamo stipulato un contratto dove il lavoro sporco lo fanno i Libici (sono o no africani!), da noi in Italia, e anche in Europa, selezioniamo gli specializzati o coloro che sono in grado di garantirsi un sostentamento. I dissidenti politici (partoriti dal colonialismo) verranno selezionati da loro stessi. Chissà, se una politica mirata allo sviluppo e non allo sfruttamento di altre nazioni, avrebbe instaurato un rapporto di collaborazione e rispetto dei popoli nei propri territori, consentendo il libero scambio socio culturale. Chissà, oggi canteremo ancora altre canzoni?

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