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“Dia da Consciencia negra” La Schiavitù in Brasile – 2

“Dia da Consciencia negra” La Schiavitù in Brasile – 2
Gennaio 01
02:00 2008

Con l’inizio della produzione dello zucchero di canna nella prima metà del secolo XVI, in Brasile ebbe inizio la schiavitù. Dalle loro colonie in Africa, i portoghesi deportarono numerosi gruppi di negri da utilizzare nelle piantagioni di canna da zucchero del Nordest. Gli schiavi venivano poi venduti dai commercianti portoghesi come “merce” in Brasile. I più robusti erano venduti a peso d’oro e dopo estenuanti trattative. Trasportati dall’Africa al Brasile nelle stie delle navi negriere ed ammassati in condizioni disumane, molti morivano atrocemente prima di arrivare a destinazione ed i loro cadaveri venivano gettati in mare senza alcun riguardo. Prima nelle piantagioni di canna da zucchero e poi nelle miniere d’oro (dal secolo XVIII) gli schiavi vivevano in condizioni pietose. Lavoravano dall’alba al tramonto, vestivano di stracci, loro una pessima alimentazione, rinchiusi di notte in catapecchie umide ed in pessime condizioni igieniche, incatenati per evitare tentativi di fuga e puniti a frustate per la minima mancanza. Da parte dei padroni fu loro imposta la religione cattolica e proibiti i loro culti, feste e i propri riti. Non da ultimo fu loro imposto l’uso della lingua portoghese. Ma, nonostante le imposizioni e le restrizioni, loro non dimenticarono la propria cultura africana. Di nascosto traducevano in pratica le loro cerimonie arrivando anche a sviluppare una forma di lotta camuffata da danza: la capoeira. Anche le donne soffrirono molto, nonostante fossero utilizzate per lavori domestici meno faticosi (cuoche, cameriere e balie). Nel Secolo dell’Oro (secolo XVIII) alcuni schiavi riuscirono a comprare la libertà grazie all’acquisizione della lettera d’affrancamento (Carta de Alforria). Solo che le opportunità non erano numerose a causa dei pregiudizi della società coloniale che praticamente chiudeva loro la porta in faccia. Nonostante le umiliazioni, i negri reagirono riuscendo, in alcuni casi, a trovare una vita dignitosa. Nelle fazendas spesso scoppiavano rivolte che permettevano agli schiavi di fuggire nella foresta e, una volta al sicuro, essi davano vita ai Quilombos. Si trattava di comunità ordinate dove gli appartenenti vivevano in libertà con un’organizzazione comunitaria simile al modello africano. Nei Quilombos gli ex-schiavi poterono praticare la loro cultura, parlare la propria lingua ed esercitare i riti religiosi di appartenenza. Solo dal secolo XIX la schiavitù nel Brasile fu contrastata dall’Inghilterra, interessata ad ampliare il sistema economico liberista anche nell’America meridionale. La Legge Bill Aberdeen del 1845 proibiva il traffico di schiavi e autorizzava la Marina Reale britannica ad abbordare e catturare le navi di qualunque paese che trasportavano schiavi. Nel 1850, cedendo alle pressioni inglesi, il governo brasiliano approvò la Lei Eusébio de Queiroz che mise fine al commercio degli schiavi. Il 28 settembre 1871 fu approvata la Lei do Ventre Libre che accordava la libertà ai figli degli schiavi nati da quella data. Nel 1885 fu approvata la Lei dos Sexagenarios che accordava la libertà agli schiavi che avevano più di sessanta anni. Solo nel 1888 la schiavitù fu abolita definitivamente con la Legge Aurea del 13 maggio, su iniziativa della Principessa Isabel.

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