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Finché la barca va… e quando si arena?

Marzo 31
23:00 2009

Vado alla posta centrale, in cui di solito si fa a spintoni per prendere il numeretto, e la trovo quasi vuota. Più impiegati che clienti, tanto che la signora allo sportello, che di solito non alza mai la faccia per guardarti e ti sbriga in un nanosecondo, si è intrattenuta invece a parlare di investimenti di capitale a breve e a lungo termine, di interessi semplici e composti e della utilità d’investire il proprio denaro invece di tenerlo fermo. Mi sono voltata per vedere se dietro di me ci fosse qualcuno a cui l’impiegata si stava rivolgendo, ma non c’era nessuno e dunque stava dicendo a me. Che non ho un euro d’avanzo. Esco dalla posta e vado dal giornalaio. Che stava mezzo appisolato nel suo chioschetto fra pile di giornali e riviste e quasi disturbato, sbadigliando, mi ha allungato una copia del mio settimanale. Grazie e arrivederci, e già il mio edicolante aveva ripreso a farsi la pennica. Vado dal parrucchiere, che mi vede sì e no tre volte l’anno, quando si tratta di tosare, e come entro mi fa accomodare subito al lavaggio, mi fa tre sciampi e una frizione doppia, un massaggio per gradire e poi al taglio, capello per capello, passando e ripassando con le forbici sul già fatto. Seduta sotto il casco solo un’altra cliente e un solo aiutante pronto con la ramazza. Buongiorno e grazie, e vado al supermercato di fiducia con tanti bei settori ordinati e una mezza dozzina di casse, quasi sempre tutte attive anche nei giorni infrasettimanali. Girando col carrello non mi vado a incastrare come spesso succede con altri carrelli o cestelli, davanti a me corsie quasi libere e banconi quasi abbandonati. Non occorre prendere il numeretto, primo perché il distributore è disattivato e secondo perché la fila non c’è, e si va subito al sodo. Cosa c’è oggi in offerta? E quello si mette nel carrello, e se non è per oggi sarà per domani. Gli scaffali, che di solito strabuzzano di roba, tanto che per prendere un barattolo di ceci si rischia di far cadere tutto il “montarozzo”, si presentano tutti belli ordinati come sempre, solo che dietro la prima fila di prodotti c’è il vuoto o il semivuoto, che è una cosa fuori dall’ordinario. Al banco del pesce un paio di clienti si stanno studiando i prezzi riflettendo sul da farsi, al banco della carne idem con patate. Ai surgelati si attinge alle melanzane grigliate che stanno in offerta prendi 2 e paghi 1, al minestrone con 15 verdure e un paio fagioli borlotti con lo sconto spesa amica, e a qualche altra occasione d’acquisto promosso dalla casa. Cassa, scontrino e via. Una capatina al mercato settimanale dal solito fornitore che vende un prosciutto tagliato a mano bello stagionato veramente speciale, dove di solito ti tocca aspettare un lungo turno e invece trovi schierati madre padre e figlio che si sperticano a servirti in tre e tu ti senti accerchiato e vorresti scappare ma ormai è troppo tardi. Ecco poi il tuo amico Mahavir che ti porge le solite tre bustine con tre teste d’aglio ciascuna e naturalmente le prendi, chiedendoti cosa farne e consolandoti pensando che i vampiri in casa tua non potranno mai allignare finché ci sarà un extracomunitario ad aspettarti al varco. E poi gli spaghetti aglio olio e peperoncino vanno bene a tutte le ore, ed è un piatto che costa poco. Bene, si torna a casa. Sosta dal benzinaio, breve ma non troppo, e via di filato verso il bosco. Pensando, con apprensione mista a stupore, che la crisi economica tanto ventilata e calata di botto in ogni settore, bella chiara e tonda, è ormai una realtà incontrovertibile con cui bisogna fare i conti, a partire dalla spesa quotidiana. Quei conti che fino ad oggi sono stati sempre rimandati per quello spirito tutto italico o meglio ancora partenopeo, che ci fa sperare in un miracolo pure in assenza di santi. Ebbene, lo dico in tutta franchezza, questa crisi generale che forse è ancora più grave di quello che appare, di quello che ci vogliono far sapere, per quanto mi dispiaccia e mi spaventi, mi fa anche sperare in una possibilità di ravvedimento da parte di tutti – e non soltanto come sempre dei poveracci in canna abituati a fare il conto alla rovescia per tutti i mesi dell’anno, ma principalmente da parte di chi i soldi non deve contarli e tanto meno lesinarli – che sia la prima mossa per tentare una risalita. Perché l’economia è globale e così la crisi, e siccome siamo tutti sulla stessa barca non è certo il caso di remare contro se da questo mare di guai se ne vuole uscire. Vivi e indenni, possibilmente.

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