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Gli Sturbinetti a Frascati e un monumento in cattedrale

Gli Sturbinetti a Frascati e un monumento in cattedrale
Agosto 03
09:21 2020

   Nell’Anno del Signore 1861 il 25 dicembre il Signor Salvatore Sturbinetti fu Giovanni Battista di origine romana e tuscolano per domicilio morì a 64 anni, nove mesi e cinque giorni. La salma fu portata in Cattedrale e i funerali, con Messa solenne da requiem, effettuati il 26, furono accompagnati da tutte le Confraternite, dai PP. Cappuccini e Riformati di S. Bonaventura dal capitolo e dagli alunni del seminario…” E’ quanto si legge dal ‘Liber defunctorum 1843-1866’, (p.142 atto 119), in merito alla morte e al funerale di Salvatore Sturbinetti.

Nato a Roma nel 1797 ma domiciliato a Frascati, Salvatore Sturbinetti, veniva a mancare il giorno di Natale del 1861. Facoltoso personaggio, esperto agronomo, uomo devotissimo, più volte aveva elargito doni alla cattedrale di Frascati. Abitava in una casa che in seguito fu acquistata dai fratelli Lunati e da questi arricchita di antichità e reperti dagli scavi effettuati a Tor Centroni e nei pressi della stessa casa di Frascati. Quando, nel 1856 fu abbattuta la porta cosiddetta ‘granara’, Francesco Senni, altro possidente dell’epoca (Pio IX gli dette il titolo di conte), riedificò un palazzetto a forma di torre, dove una volta vi era il granaio di cui era stato anche proprietario. All’altro lato della via (‘granara’), lo Sturbinetti vi costruì il proprio palazzo anch’esso culminante con un torrino slanciato e quadrato. In quello stesso anno fu in trattativa con i canonici della Cattedrale per acquistare alcuni fondi nella zona del Matone comprendenti due case, un tinello e due grottoni al prezzo di 1000 scudi, ma avendo qualche difficoltà sulla spesa si accordò alla fine con i canonici per 900 scudi.

Figlio di Giovanni Battista, Salvatore era il maggiore di due fratelli, ma è stato soprattutto il secondo, Francesco, ad essere ricordato nella storia. Nato a Roma nel 1807, Francesco infatti fu avvocato della Sacra Rota, capitano della guardia civica vaticana,on seguito presidente del Consiglio di stato, ministro dei Lavori Pubblici e poi della Giustizia. Eletto deputato  all’assemblea costituente, dopo la fuga di Pio IX, votò per l’abolizione del potere temporale, divenendo  senatore della Repubblica Romana (di cui faceva parte anche Giuseppe Lunati, romano ma figlio del possidente Giacomo di Frascati); colonnello della guardia nazionale dopo la caduta della Repubblica Romana, fu dal papa mandato in esilio  fino al 1857, anno in cui gli fu concesso di tornare in Italia, cioè nello Stato pontificio, e tuttavia, su ordine di Pio IX,  confinato a Frascati ove morì pochi anni dopo, il 26 aprile del 1865 a 58 anni. I funerali si tennero in Cattedrale e il 4 settembre, la salma fu traslata a Roma nella Basilica di S. Giovanni e Paolo.

 

Quando Salvatore morì prima di lui, nel 1861, Francesco volle onorarne la memoria con qualcosa che restasse perennemente a ricordo dello scomparso. Fu così che il 21 febbraio del 1862 scrisse ai canonici della Cattedrale:

Sebbene il mio amatissimo fratello Salvatore negli ultimi momenti di sua vita non abbia manifestato al suo confessore altre disposizioni tranne quelle che riguardavano i suffragi ed alcuni legati  a beneplacito, come ci disse, del fratello erede, non di meno Egli stesso in altra circostanza, affidando a me direttamente, fra altre cose, la volontà di essere sepolto in cotesta Chiesa Cattedrale di S. Pietro, aggiungeva una piccola lapide per memoria e scudi cinquecento ai Canonici quali si devono mettere a frutto da ripartirsi, più scudi 150 per un mortorio (messa di suffragio) annuo. Prego pertanto le Signorie loro Rev.me di curare la epigrafe delle accennate due somme col mezzo di persona munita delle opportune facoltà.

  Alla piccola lapide mi sono proposto di aggiungere, nel luogo che le stesse Signorie loro Rev.me hanno indicato al Sig. Francesco Fanati(?), da me incaricato, un monumento, se non per mole, almeno non spregevole per qualche eleganza, e del quale mostrai volentieri il disegno a qualunque persona competente in cose di arte volessero interpellare.

Riservandomi di offrire alla Sagrestia una memoria di gratitudine per tale benignità, debbo intanto esprimere i miei ringraziamenti tanto più sentiti, quanto maggiore era il mio desiderio di preferire nel subbietto cotesta Cattedrale o qualsivoglia altro luogo…

Roma 21 febbraio 1862. (Archivio Storico Diocesano, Fondo Cattedrale, b.8 c.2. Purtroppo il disegno cui allude è andato perduto).

 

Fu così che il 2 marzo del 1862, il capitolo dei canonici della Cattedrale si riunì per leggere la “lettera autografa del Sig. Avv.to  Sturbinetti il quale unitamente alla volontà del defunto fratello che gliela aveva espressa e affidata direttamente offriva al capitolo una somma di scudi cinquecento di una donazione e più altri scudi 150 per un mortorio annuo invitando il Capitolo di esigere e ritirare le suddette somme per mezzo di persona idonea  deputata all’uopo. Si votò per l’accettazione della donazione in scudi 500 e si trovò accettata a pieni suffragi – e non poteva essere altrimenti ! – Fu uguale il risultato della votazione per gli scudi 150 per un mortorio annuo.

    Si aggiunse poi e si convenne, che anche per mostrare riconoscenza alla memoria del defonto, il mortorio comprendesse Messa parata con ceri dodici presso il monumento che si sarebbe eretto per opera del fratello Avv.to sunnominato e che avrebbe fatto le veci di catafalco più le candele per gli Altari e la dispensa per le esequie. Intanto si sarebbe nominata la persona idonea ad esigere dopoché l’atto dell’accettazione fosse stato consegnato e perfetto riportato il consenso del Vescovo a cui di detto. Poi si esibì il disegno del monumento da esigersi, fatto progettare dallo stesso avvto Sturbinetti e il Capitolo si riservò esprimere il suo giudizio e le sue riflessioni quando ne avesse conosciuto le proporzioni e l’assetto dopo averlo fatto delineare in terra. Rese grazie al Signore si sciolse il Capitolo…” (Acta Capitularia 1853-1876’, verbale del 2 marzo 1862. I canonici presenti alla riunione erano 14).

In un appunto dietro la copia della lettera che aveva inviato ai canonici, Francesco Sturbinetti riportava: “2 marzo, Accettazione degli scudi 500 donazione. Votato: accettato a pieni voti. Mortorio presso al Monumento con 12 ceri, più candele per gli Altari, a dispensa per le Esequie. Accettato a pieni voti. Mostrato il disegno: lo vogliono vedere delineato in terra per dare giudizio”.

 

Il 27 marzo del ’62 si tenne una nuova riunione capitolare presieduta dall’arciprete, cui intervennero 11 canonici.

Si parlò della donazione Sturbinetti di cui già nel Capitolo antecedente, e a terminar la cosa si stabilì che i Sig.ri Can.ci Belli esattore del capitolo e Sebastiani, presentassero la Istanza all’E.mo Vescovo dimandando la sanzione finale all’accettazione capitolare e la facoltà di investire la somma in tante cartelle dal Governo innominate  le quali si comprano con minore effettivo e però danno all’acquirente maggior vantaggio: che se tal facoltà non si ottenesse si investissero pure in cartelle nominate. E se la somma da rinvestirsi avesse bisogno di qualche supplemento per adeguare un dato numero di cartelle e non lasciar così una quota o frazione senza investimento, l’Esattore supplisse della sua cassa colle rendite esatte per l’anno corrente, riparando e integrando però questa quantità tolta come prima ne avesse commodo dalla restituzione di qualche censo o altra sovvenzione qualunque. E così fu ancora risoluto che si procedesse per cinquanta scudi che debbonsi rinvestire dalla Sagrestia ai quali si aggiungesse quel che manca per corrispondere alla somma di una intera cartella togliendolo di sopravanzi che la Sagrestia si ritrova in cassa dall’amministrazione passata. A poter condurre tutto ad effetto efficacemente pensino i due sudd.i can.ci istruiti di ogni facoltà e mandato per esigere dal Sig. Sturbinetti le somme esternandogli la gratitudine più viva del Capitolo per tal titolo…”

 

Nell’aprile del 1862, i Canonici scrivevano pertanto al cardinale:

  “A Sua Eminenza Rev.ma il Sig. Card. Antonio Maria Cagiano de Azevedo Vescovo Tuscolano. Eminenza Rma, il Canonico Teologo Luigi Ceci Segretario del Rev.mo Capitolo Tuscolano umilmente espone, come sugli ultimi di Febrajo del corrente anno giunge lettera autografa del Sig. Avv.to Cav. Sturbinetti, diretta ai R.mi Sigg.ri Canonici, nella quale l’Avv.to sud.o in adempimento della volontà del suo Defonto fratello di bo:me: affidatagli direttamente, significava la donazione fatta di scudi cinquecento ai canonici quali si devono mettere a frutto da ripartirsi, più scudi 150 per un mortorio annuo e invitava a curare la esigenza delle accennate due somme col mezzo di persona munita delle opportune facoltà. Il Capitolo legalmente adunato il 2 marzo decorso a pieni suffragi accettava le due sudd.e largizioni, e con tanta sentita gratitudine disegnava convenevole funerale, o mortorio annuo. Ora perché la risoluzione Capitolare abbia il suo pieno valore, ed effetto si supplica all’autorità dell’Em.za V. Ill.ma perché la munisca della necessaria e finale sanzione…”

E così, il 24 Aprile del 1862, il Cardinale concedeva l’assenso.

 

Il monumento funebre fu affidato all’opera dello scultore Emilio Wolf, allievo di Albert Berthel Torvaldsnen.

L’opera marmorea era stata posta alla base del pilastro di sinistra (a cornu evangelii di fronte all’altar maggiore); nel monumento una lapide ricordava heic sepultus est Salvator Sturbinetti, e oltre al busto del defunto personaggio, vi erano raffigurati anche due puttini che rappresentavano, uno il genio dell’Agricoltura e l’altro quello della Beneficenza. E’ la sola testimonianza che ci resta sul monumento (Cf  Raggi O., I Colli Albani, Unione Tipografica Editrice Torinese1879, p.367. La prima edizione di questo volume portava il titolo Lettere Tusculane, Ed. C. Pucinelli, Roma 1844).  Purtroppo non sono stati trovati né i disegni cui si accennava nelle lettere del fratello, né le fotografie del monumento funerario allo Sturbinetti. Nell’atto di morte del 1862 comunque si aggiungerà (nel 1864) che fu sepolto in una ‘tomba peculiare davanti all’altar maggiore’. Era ancora usanza di seppellire i morti nelle chiese in quanto solo dal 1865 si aprirà il Cimitero di Frascati.

 

In quanto al fratello Francesco, questi continuava saltuariamente ad abitare a Frascati, vedovo di Anna Santarelli, morì, forse per una paralisi, il 26 agosto del 1865 ed i suoi funerali si svolsero a Frascati con la presenza di clero, alunni del Seminario e 4 confraternite. Il 4 settembre la salma fu trasportata a Roma e sepolta nella tomba gentilizia nella basilica dei SS. Giovanni e Paolo.

Anche mons. Leonello Razza in un suo appunto, riportava il testo dell’atto di morte (n. 61) del registro dei defunti della parrocchia di S. Maria in Vivaro (Liber Mortuorum 1860-1872,  p. 101).

Dopo il bombardamento dell’8 settembre del 1943 il monumento fu distrutto e ne rimasero pochi frammenti che furono conservati nel cortile della sacrestia e, mentre uno dei pezzi oggi sostiene l’architrave della porta della sacrestia verso corso Italia, le due testine dei puttini furono trafugate negli anni ’80-’90 del Novecento.

 

In quanto alla casa (o case) a Frascati, pur non risultando gli Sturbinetti negli elenchi delle famiglie residenti (Status animarum 1861-1862) in esse vi erano alloggiate due note famiglie del luogo.

 

 

 

 

 

 

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