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Il fischio della memoria

Il fischio della memoria
Settembre 13
14:36 2014

La nave Sirio semiaffondataCento otto lunghi anni fa. Erano gli anni della corsa alla ‘Merica‘ e delle canzoni con la nostalgia del paese natio, i cui protagonisti erano migranti italiani in cerca di un nuovo destino nell’otro mundo. Un nuovo destino che ha finito con il trasformarsi in tragedia e in morte, gettando in mare valigie di speranza.
Era il 4 agosto 1906: una data che dovrebbe essere impressa come un marchio nella coscienza di ogni italiano perché in quel giorno di sole hanno perso la vita tanti nostri connazionali.

Erano migranti, clandestini caricati senza autorizzazione a bordo della nave Sirio diretta verso il Brasile. Una corsa per la vita che andò a infrangersi contro uno scoglio. I loro progetti, i loro desideri, le loro speranze e i loro pensieri si inabissarono nel mare, dove ancora oggi riposano.
Probabilmente, se fossero state in vigore le nuove leggi, il piroscafo Sirio non avrebbe potuto caricare clandestini e molte vite sarebbero state risparmiate. Ma con quelle leggi il piroscafo sarebbe rimasto fuori dal giro e altre navi avrebbero, certamente, preso il suo posto. Questo perché i migranti rappresentavano, e tuttora rappresentano, un business: un mercato di vite umane. A rileggere quelle pagine di storia vengono i brividi, poiché tutto è così drammaticamente attuale. Guardando le foto dei corpi degli emigrati italiani stesi sulla spiaggia di Cartagena scatta immediata l’assonanza con Lampedusa e con quello, che da anni, accade nei nostri mari e sulle nostre spiagge.
Sono cambiati luoghi e personaggi ma la scenografia è rimasta la stessa, e questo triste spettacolo non sembra poter cambiare: dovrebbe cambiare l’uomo, il suo egoismo, la sua indifferenza e il suo individualismo. Ma cambiare l’uomo non è possibile. La società è una lotta continua che vede vinti e vincitori scambiarsi ciclicamente di posto. Nel 1906 i clandestini senza autorizzazioni eravamo noi; oggi sono eritrei, libici, egiziani. Che differenza fa? Nessun essere umano è illegale.
Sembra che il destino dell’umanità sia migrare, andare alla ricerca perenne di un terreno fertile dove poter piantare nuove radici: un po’ come fanno gli uccelli quando volano verso stagioni più calde. Questo status è il filo rosso che dovrebbe tenerci saldamente legati l’un l’altro; ma perché non si spezzi è necessario nutrirlo di memoria storica, è importante non dimenticare. La storia è un processo ciclico in cui esempi e situazioni si mescolano e ogni spiegazione razionale è il frutto di un’astrazione dell’intelletto: non esistono fatti storici circoscritti a una determinata epoca e, probabilmente, non esistono neanche le epoche.
Ci sono giorni in cui la memoria, con un fischio, richiama la nostra attenzione e il 4 agosto è uno di quei giorni. La tragedia del Sirio è uno strumento storico con cui allenare la nostra memoria, con cui formare una coscienza sociale in grado di muoversi nel mondo con occhi critici e, soprattutto, liberi da ogni forma di pregiudizio.

Il posto della storia
Tutti ricordiamo pezzi della nostra vita, ma pochi ricordano la storia, e spesso pensando che sia una disciplina del passato che nulla ha a che fare con il presente e tantomeno con il futuro. È in questo considerare la storia come qualcosa lontano da noi che si annida l’errore del ragionamento umano, che rende viziato il punto di vista con cui ci si orienta nel mondo.
Conoscere la storia, allenare la palestra della mente e recuperare la nostra coscienza collettiva: è in tutto ciò la soluzione. Non si può sperare di rendere il mondo più giusto e gli uomini tutti uguali, anche questa è un’astrazione che appartiene al mondo giuridico e non al tessuto sociale: l’essenza fisiologica della società è infatti l’ineguaglianza, poiché l’omologazione renderebbe piatto il senso dell’esistenza. Gli insegnamenti storici rappresentano le fondamenta su cui costruire un solido futuro, permettendo all’uomo di non ripetere gli stessi errori. Considerando il corso degli eventi, sembra che in pochi conoscano veramente quegli insegnamenti, ma piuttosto il sapere storico dogmatico e scolastico.
La storia è viva: personaggi, luoghi e situazioni dovrebbero appartenere alla memoria collettiva dei popoli, dovrebbero essere tramandati come qualcosa di sacro e prezioso. Non si può realizzare la Città del sole di Tommaso Campanella o la Repubblica di Platone, ma non si può neanche nascondere che l’esigenza di una nuova morale è forte. E, forse, grazie alla memoria storica il mondo smetterà di essere così crudele e gli uomini così distanti tra loro.

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