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IL FUTURO HA UN CUORE ANTICO

IL FUTURO HA UN CUORE ANTICO
Novembre 20
21:35 2022

Lo scorso 12 novembre, nel corso della presentazione del libro “Uno sguardo nel cuore di Albano e dei Castelli Romani”, edito da Controluce Edizioni, il pubblico presente e i due autori hanno condiviso una mini indagine formulando le loro proposte sul futuro dei Castelli Romani che anno dopo anno rischiano di diventare un quartiere periferico di “Mamma Roma”. La stessa mini indagine verrà ripetuta nel corso del prossimo incontro previsto per il 15 dicembre presso la biblioteca di Rocca di Papa. È evidente che si tratta di un modo nuovo di rendere partecipi le persone che assistono alla presentazione del libro che, tra i tanti temi, affronta quello dei possibili scenari futuri dei Castelli Romani.

La sintesi dei suggerimenti dei partecipanti all’incontro del 12 novembre è proprio nel titolo di questo famoso libro di Carlo Levi che ci fornisce la chiave per ragionare sulle potenzialità del nostro territorio per lo sviluppo di un turismo ecosostenibile. Perché, come accadde alla fine del XVIII secolo con il fenomeno del Grand Tour d’Italie, per ridare un futuro ai Castelli Romani dovremmo partire dal nostro patrimonio paesaggistico, ambientale e storico perché questo patrimonio è un unicum, nel senso che quello che ha sempre affascinato i viaggiatori stranieri (e italiani), introvabile nella Città Eterna, è proprio il connubio, unico al mondo, rappresentato dall’amenità del paesaggio e della sua natura lussureggiante che custodisce innumerevoli memorie del passato. Soltanto qui è possibile camminare lungo sentieri dalla natura lussureggiante e visitare un acquedotto del II secolo a.C., due tombe dell’età del Bronzo, un eremo medievale, il grande santuario dedicato a Diana, un emissario del VI secolo a.C., un teatro romano del I secolo a.C. o camminare sugli antichi basoli di una Via Sacra, soltanto per citare alcune delle decine vestigia antiche dei Castelli Romani.

Va ricordato che il fenomeno del Grand Tour d’Italie fu una specie di pellegrinaggio culturale di poeti, pittori, musicisti e letterati stranieri che visitarono e soggiornarono a lungo nel nostro paese alla riscoperta di paesaggi e di monumenti decantati dai testi classici dell’epoca romana. Il Grand Tour fu il primo episodio documentato di turismo di massa: precursore, due secoli fa, dei flussi turistici stagionali degli abitanti del Nord Europa che “migrano” in Italia per sfuggire ai grigiori delle loro città. E fu così, come del resto accade ancora oggi, che questi artisti stranieri, visitando i Castelli Romani, si accorsero di essere arrivati in uno dei posti più belli del mondo e furono colpiti dalla sindrome di Stendhal: la vertigine che prenderebbe dall’essere circondato da tante bellezze artistiche. Oltre al famoso scrittore francese, altre illustri personalità della cultura europea, come Byron, Goethe, Gogol, Montesquieu e Gregorovius, per citarne soltanto alcuni, rimasero sbalorditi di fronte alla magnificenza delle antiche memorie del popolo dei Latini all’interno dei paesaggi e degli ambienti naturali dei Colli Albani e, attraverso i loro racconti e i loro dipinti, i Castelli Romani divennero famosi in tutto il mondo.

Allora, noi dobbiamo ripartire da qui perché, diciamolo chiaramente: i nostri centri storici (salvo Nemi e Castel Gandolfo) sono impresentabili, in quanto assediati da centinaia di auto private, e le altre attrattive turistiche (chiese, palazzi nobiliari, sagre paesane, gastronomia, ecc.) sono paragonabili a quelle che possiamo trovare in qualsiasi territorio italiano. Se tutto questo è vero, cosa fare? Prima di tutto è necessario che tutte le città dei Castelli Romani condividano questo concetto e s’impegnino nell’attuazione di un piano di sviluppo del turismo ecosostenibile che veda al primo punto la tutela del patrimonio ambientale (laghi, boschi, sentieri, ecc). In questo contesto va ridefinito completamente il ruolo del Parco Regionale che va potenziato e dotato delle risorse economiche e umane per far fronte alle grandi responsabilità che gli competono. Va detto che tutto questo sarebbe facilmente ottenibile se invece di far parte della Città Metropolitana (con Roma che considera i Castelli Romani la sua pattumiera preferita) i nostri cari sindaci avessero lottato a suo tempo per la costituzione dell’UNIONE DEI COMUNI DEI CASTELLI ROMANI sulla falsariga di tante altre esperienze italiane di successo.

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