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IL VESCOVO FRANCESCO GIACCI

IL VESCOVO FRANCESCO GIACCI
Novembre 30
12:16 2021

    Invano cercheremmo una biografia di questo vescovo tuscolano nell’elenco pubblicato sul sito della diocesi di Frascati, così come nessun cenno è riservato a questa figura in un volume del 1992 di Paolo Mascherucci sui cardinali vescovi tuscolani. Non ci spieghiamo il perché, ma probabilmente perché le biografie non sono state corroborate dalla ricerca negli archivi storici. Eppure Giacci fu attivo vescovo ausiliare di Frascati nei primi albori del ‘900, per poi passare alla diocesi dei Marsi in Abruzzo.

   Francesco Giacci, figlio di Ascenzo,  era nato a Rocca Priora il 29 marzo del 1855. Rispondendo alla vocazione sacerdotale, entrò nel Seminario tuscolano dove compì i suoi studi. Fu ordinato sacerdote a Frascati il 13 dicembre del 1878 nel Monastero delle Agostiniane, e quindi proseguì gli studi a Roma dove si laureò in teologia e diritto canonico e civile. Nel 1881 fu nominato cancelliere vescovile e canonico della Cattedrale e il cardinal Pitra ne elogiò la “fede, l’onestà e la probità, oltre alla diligenza e abilità”. Dieci anni dopo, nominato parroco a Rocca Priora, fu promotore di numerose opere sociali ed economiche, compresi un ospedale e un asilo, alla cui direzione chiamò le suore del Preziosissimo Sangue. Asilo e ospedale sorsero per sua iniziativa anche se inizialmente senza i permessi della curia. L’Asilo fu costruito nel 1898 sul terreno del vecchio cimitero mentre l’ospedale fu edificato nel 1902 con l’abbattimento della sacrestia della chiesa e il vestiario della Confraternita di S. Giuseppe. Nel 1914 Giacci volle donare il fabbricato al municipio per costituirlo in Ente morale, anche se a questo fine si dovettero aspettare oltre venti anni. Nella sua opera pastorale alimentò la devozione al S. Cuore e all’Immacolata, impegnandosi anche nel sostegno dell’associazionismo laicale di fine secolo e delle società operaie. Leone XIII lo elevò alla dignità episcopale il 25 settembre del 1900 col titolo della diocesi di Nissa, e lo nominò ausiliare del cardinale Serafino Vannutelli, vescovo di Frascati, il quale gli scriverà elogiandone “la prudenza, lo zelo e la sperimentata capacità amministrativa”. La nomina di Giacci a vescovo suscitò qualche risentita protesta tra la popolazione di Rocca Priora che vedeva con questo incarico l’allontanarsi del parroco, tanto da rivolgere una supplica a Sua Santità auspicando che “essa non sarà sorda alle nostre preghiere e non permetterà che ad una popolazione sia tolto il suo benefattore il migliore esempio di virtù, l’unica guida e sostegno”. Del resto, si sottolineava che “tra tutte le ristrettezze economiche cui è condannata questa popolazione l’unico sollievo essa ha nel reverendo arciprete don Francesco Giacci”. E si aggiungeva: “con le lagrime agli occhi Egli si è congedato da noi per ubbidire agli alti voleri della Beatitudine Vostra”. La supplica era sottoscritta da oltre 500 firme. Comunque Giacci dovette obbedire all’ordine di diventare ausiliare di Vannutelli e quindi risiedere principalmente a Frascati. A lui ed a una delegazione di parroci della diocesi, papa Leone XIII (Pecci), ricevendoli in udienza nel 1901 ricordò come papa Pio IX nell’agosto del 1872, avesse proposto a mons. Pecci, allora vescovo di Perugia, di assumere l’episcopato della diocesi suburbicaria di Frascati, ma non aveva accettato per le suppliche dei perugini che lo volevano ancora tra loro. Nel 1903 avendo Vannutelli optato per la diocesi di Ostia, il nuovo vescovo di Frascati, cardinale Francesco Satolli nella presa di possesso della diocesi si fece rappresentare per procura il 4 luglio del 1903 dal vescovo Giacci. Tuttavia il cardinale venne il giorno dopo a Frascati, ma fu una visita fugace, tanto che se ne scusò scrivendogli “per non essersi fermato e ripartito lo stesso giorno della venuta, e a Roma andando in Vaticano appresi il S. Padre aver ricevuto il S. Viatico né poter avere la sorte di baciargli l’anello, perché si era vietato l’accesso a qualunque persona e tutt’ora le condizioni del Venerando Infermo sono gravissime da non lasciarsi ad una naturale possibilità di stabile miglioramento e di morte meno vicina”. Pochi giorni dopo infatti, il 20 luglio, papa Leone XIII moriva a 93 anni. L’anno dopo, il 13 luglio del 1904, Giacci fu inviato da papa Pio X nella sede dei Marsi a Pescina (dove risiedeva la sede vescovile, prima di essere spostata ad Avezzano nel 1910, quando Giacci si dimetterà rinunciando all’incarico). Fu sempre pastore infaticabile; già il 15 ottobre del 1900 nella diocesi tuscolana, essendosi dimesso mons. Eugenio Mercanti, Giacci lo aveva sostituito come vicario generale prima che venisse nominato il giovane e intelligente don Salvatore Felici, il quale però morirà il 23 febbraio del 1905. E in questa triste circostanza fu Giacci, che pure da qualche mese era stato nominato vescovo dei Marsi, a voler tenere il discorso funebre per questo giovane prete morto anzitempo (a  36 anni). Arrivato a Pescina come vescovo, Giacci inquadrò il clero locale che era alquanto ‘disperso’, convocando un sinodo e un’accurata visita pastorale di cui si conserva ancora un suo diario di appunti scritti a matita su un quadernetto, nel quale elenca tutti gli oggetti e le suppellettili sacre nella visita che tenne alle chiese parrocchiali dal 1907 al 1908, mentre una precisa relazione sulla diocesi compilò per il triennio 1906-1908. Al termine del suo operato, ed ormai trasferita la sede episcopale ad Avezzano, rinunciò all’incarico dimettendosi e – col titolo di vescovo di Filomelio – ritornava nel 1909 a Rocca Prora dove continuò ad esercitare il suo ministero sacerdotale, oltre che ancora quello di vescovo suffraganeo a servizio della diocesi. Dal punto di vista dell’amministrazione economica invece Giacci ebbe diversi incidenti di percorso per operazioni che pur indirizzate a fin di bene, non furono abbastanza oculate sia nella utilizzazione di suoi averi propri ed ereditati, che nell’indirizzarne i proventi, non sempre certi, verso le opere sia pastorali nella diocesi dei Marsi che di carattere sociale nel suo paese d’origine, Rocca Priora. Volle sostenere anche le spese per un pastificio e un mulino, così per la fondazione dell’asilo e l’ospedale (intitolato inizialmente a Nicola Giacci). Ma una serie di esposizioni bancarie dapprima conseguenti al fallimento della banca di Pescina (nel 1914), successivamente con le fidejussoni date ad alcune iniziative a Rocca Priora e in diocesi di Frascati, anche in merito ad una cappellania, approdarono ad una serie di cause anche civili, con il coinvolgimento della curia diocesana. Ancora nel mezzo di molti di questi gravi problemi, ebbe a subire una delicata operazione le cui conseguenze lo portarono alla morte a Roma il 18 febbraio del 1929, a 73 anni. Sepolto nel cimitero comunale di Rocca Priora, la sua salma fu traslata successivamente nella chiesa parrocchiale.

    Dopo la sua morte si innescarono ulteriori molteplici dispute in merito all’eredità del patrimonio famigliare di cui lui in vita forse non si era troppo oculatamente interessato, sia a causa delle varie elargizioni dovute alle numerose iniziative intraprese per l’attività non solo pastorale, sia per non aver seguito una amministrazione precisa e capillare e il dettaglio di numerose spese, infine per aver lo stesso stilato due distinti testamenti, uno nel 1912 e l’altro del 22 aprile 1923. In realtà un primo  testamento fu da lui vergato già il 1° luglio del 1898, da Rocca Priora, poi con un codicillo da Pescina nel 1907.  E’ comunque noto come nei suoi testamenti, Giacci affermasse di lasciare alcuni beni oltre che ad alcuni parenti, ornamenti sacri alla casa parrocchiale e a quella della Madonna della neve, lasciti ai Passionisti ed elemosine ai poveri, mentre “un solo calice e una pianeta” donava alla cattedrale di Pescina, ma soprattutto si preoccupava che con i fondi si sostenessero le Suore del Preziosissimo Sangue per l’avvenire dell’Asilo che, come scriveva, “mi sta tanto a cuore e che mi è costato tanti sacrifici”, così si raccomandava a che l’asilo infantile fosse costituito in Ente Morale con la permanenza delle suore e fosse istituita una Commissione con presidente il vescovo che, nel formare il Consiglio di Amministrazione avrebbe nominato due membri, mentre il municipio a cui aveva lasciato il fabbricato, ne avrebbe nominato uno, ed un altro ancora da parte dell’autorità tutoria. Ma tra gli esecutori testamentari indicati in uno dei testamenti si raccomandava che non fosse annoverato il rappresentante della Congregazione di carità(comunale). Nel frattempo, quanto a lui afferiva del patrimonio soprattutto boschivo di Rocca Priora, veniva in gran parte suddiviso e venduto a vari acquirenti, in gran parte finendo all’asta nel 1928, e successivamente nel 1930, onde sostenere anche il funzionamento dell’asilo che, in seguito, verrà intitolato al suo nome.   

     Dopo aver avuto diversi emendamenti e correzioni, il 17 luglio del 1936, fu approvato anche lo statuto-regolamento e l’Asilo diverrà Ente morale approvato dalla prefettura il 12 agosto 1937, con un decreto in cui si invitava il podestà di Rocca Priora (dottor Evaristo Dandini) a trasmetterlo agli interessati. Il primo presidente del Consiglio di Amministrazione fu l’allora vescovo di Frascati, card. Marchetti Selvaggiani, e subito dopo mons. Biagio Budelacci, cui afferiranno tutte le vicende successive non proprio di poco conto, compresa la richiesta della sorella del Giacci morta nel 1931, di sostenere un laboratorio per il lavoro delle ragazze da lei fondato. L’Asilo negli anni ’50 sosterrà l’assistenza di ben 350 bambini.

     

(L’articolo, pubblicato già su ‘Controluce’ n. 5 maggio 2006 p. 19, viene ora riproposto con nuove informazioni in merito alla biografia di Giacci. Si v. anche il volume di V. Marcon, L’Associazionismo Cattolico Tuscolano: due secoli di Movimento cattolico).

 

 

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