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La bellezza nell’Arte e nella Scienza

La bellezza nell’Arte e nella Scienza
Novembre 16
13:04 2010

Certamente parlare di bellezza nell’arte non meraviglia nessuno; al contrario, parlare di bellezza nella scienza, molto probabilmente, sorprende e lascia perplessi molti. Per il quarto appuntamento del fortunato ciclo di Incontri tra Arte e Scienza, nato nel dicembre 2007 per iniziativa di Armando Guidoni, è stato proposto il tema La bellezza nell’Arte e nella Scienza non senza un qualche intento provocatorio, perché, al di là della facile ma spesso anche falsa retorica che su di esso si può costruire, è fuor di dubbio che è fin troppo diffuso il luogo comune che vuole la bellezza prerogativa esclusiva dell’arte. La conferenza, tenutasi nell’intera giornata del 9 ottobre nella sala Don Bassani di Monte Compatri, ha raccolto questa sfida: l’ambizione e la speranza di riuscire a dimostrare ad un pubblico vasto, per interessi e formazione culturale, che la bellezza, al di là delle apparenze superficiali, è, invece, un elemento che accomuna profondamente arte e scienza, cultura umanistica e cultura scientifica, usando la terminologia della contrapposizione fra le “due culture” introdotta da Charles Percy Snow nel 1959. Diceva il poeta, pittore e filosofo libanese Gibran Kahalil: «Viviamo solo per scoprire nuova bellezza. Tutto il resto è una forma d’attesa». Io credo che proprio questo anelito a scoprire nuova bellezza sospinga nei loro cammini, solo apparentemente diversi, tanto l’artista quanto lo scienziato. È infatti storicamente falsa l’idea che lo scienziato, contrapponendosi all’artista, sia una persona che operi sempre ed esclusivamente seguendo vie razionali, logiche, quasi un robot che si muova obbedendo ciecamente ad un programma in lui infuso dalla dea Ragione. Certamente questa raffigurazione “inumana” della figura dello scienziato è favorita dall’apprendimento scolastico delle discipline scientifiche, che per ragioni didattiche e scientifiche devono presentare la scienza non nel suo farsi ma nel suo “essere”. Per scoprire la dimensione più “umana” dell’invenzione scientifica, invece, non v’è altra via che seguire un approccio storico, che é l’unico in grado di mettere in luce tutti quegli aspetti “umani” che la presentazione dell’opera scientifica compiuta necessariamente ignora: debolezze, intrighi, gelosie, sofferenze, amori, anni di faticoso lavoro, ripensamenti e rifacimenti che costituiscono spesso il retroscena di un risultato scientifico. Allora si comprende che la scienza non è dissimile da qualunque altra attività dell’uomo: ne porta i segni dell’imperfezione ma anche della sua grandezza, che è fatta tutta di umanità e non di qualcosa che può sembrare quasi una “rivelazione divina”. «La cultura scientifica diventa allettante se annuncia non solo i principi, le equazioni, i risultati, ma se ci permette anche di cogliere le specifiche passioni attorno a cui tutto ciò si è costruito» afferma giustamente Etienne Klein[1], illustre fisico e divulgatore scientifico. Studiando la storia della scienza si possono allora comprendere i motivi ispiratori di molte conquiste scientifiche e apprendere, con sorpresa, che il processo inventivo nella scienza, come ebbi già occasione di illustrare in un mio precedente intervento di questo ciclo di conferenze, segue sostanzialmente lo stesso iter della creatività artistica, affondando le sue radici nel regno del subconscio, nell’immaginazione, nel temperamento dello scienziato, «nella forza di una convinzione, nell’ossessione per una problematica», per usare le stesse parole di Klein. Un nostro grande matematico e filosofo del secolo appena trascorso, Bruno de Finetti, credo sia stato uno dei pochi ad avere avuto l’onestà e la spregiudicatezza di ammettere che negli stessi scienziati «purtroppo, un falso pudore vieta di menzionare la parte del processo della scoperta che si svolge più o meno nella sfera dell’inconscio, o del subconscio, per esibire soltanto la dimostrazione fossilizzata nella sua forma scheletrica di logica freddamente deduttiva e formalistica».[2]

I relatori della conferenza hanno affrontato il tema della bellezza nell’arte e nella scienza da diverse angolazioni, favoriti in ciò dal loro background professionalmente molto diverso ma culturalmente comune, essendo tutti pienamente convinti dello spirito unitario della cultura. La sequenza degli interventi ha visto alternarsi riferimenti alla scienza e all’arte. Lo scrivente, in apertura dei lavori, nella relazione La bellezza nell’opera dello scienziato ha illustrato il ruolo fondamentale che l’ideale di bellezza ha svolto, come elemento guida, nell’attività scientifica di grandi scienziati, quali Galilei, Einstein, Dirac e Majorana. La drammaturga Luciana Grifi ha illustrato alcuni tratti caratteristici di personaggi di Lev Tolstoj nella sua relazione Immagini di bellezza nella letteratura russa: Anna Karenina e il principe Myskin. Particolarmente intrigante l’intervento L’arte della scherma e la bellezza del gesto atletico dell’ing.Teresa Polimei, direttore dell’ENEA di Roma, che ha rivelato, oltre le sue ben note doti d’attrice, inaspettate competenze di ex schermitrice illustrando con foto e video il connubio fra la bellezza del gesto atletico e i principi di statica e dinamica che necessariamente lo schermitore applica nei suoi movimenti. A volte si ripete con molta retorica, ma con scarsa consapevolezza, che poesia e matematica hanno molto in comune, ma cosa? Lo sapevano molto bene Leonardo Sinisgalli, poeta-ingegnere, e Italo Calvino, scrittore: la sintesi, quella stessa qualità che si concretizza in una formula matematica così come in un verso. Ne ha parlato il prof. Gian Italo Bischi, matematico dell’Università di Urbino, nel suo intervento Punti di contatto fra il gusto estetico nella letteratura e nella matematica: Sinisgalli e Calvino. Purtroppo il poeta Mario Mori non è potuto intervenire per motivi di salute, ma è stato ugualmente presente attraverso la lettura di alcune sue poesie romanesche attinenti al tema della conferenza, fatta con grande espressività da Teresa Polimei. Carlo Emilio Gadda, ingegnere ma scrittore di vocazione, Salvatore Quasimodo diplomato perito geometra, poi studente d’Ingegneria a Roma, ma consacrato Premio Nobel nel 1959 per la letteratura, Leonardo Sinisgalli noto al grande pubblico come poeta ma ingegnere di professione: la lista di grandi personaggi che hanno testimoniato in prima persona come le “due culture” possano convivere proficuamente nella stessa mente, nello stesso cuore probabilmente non conosce ancora molti personaggi occulti o dimenticati. È merito di Paolo Curcio, filologo dell’Università della Basilicata, l’aver posto all’attenzione degli studiosi un oscuro professore di matematica di Piperno, vissuto fra Ottocento e Novecento, che è attualmente considerato il più grande favolista dell’Italia moderna. La sua relazione La bellezza come sintesi nelle favole del matematico Giovanni Capasso ha costituito in un certo senso un debutto per quanto riguarda la pubblicazione di documenti originali dell’opera di Capasso. La giornalista e scrittrice Eliana Rossi nella sua relazione Armonia, equilibrio, perfezione ed eleganza nell’opera di Canova, Caravaggio e Barbery ha esposto un’accurata analisi comparata del concetto di bellezza nell’opera di un grande scultore neoclassico, Antonio Canova, di un gran pittore del tardo Rinascimento, il Caravaggio, e di Muriel Barbery l’autrice de L’eleganza del riccio. Michele De Luca, pittore e poeta dell’Accademia Belle Arti di Roma ha dato un saggio concreto sulla bellezza esponendo alcuni suoi dipinti, realizzati in uno stile molto particolare con soggetti astratti che tuttavia evocano inequivocabilmente temi scientifici. Rosalma Salina Borello dell’Università Tor Vergata di Roma con la sua relazione «Ogni opera di scienza è scienza e arte». Scienza e critica estetica in Pirandello ha quindi riproposto all’attenzione del pubblico il saggio di Luigi Pirandello intitolato Arte e Scienza, scritto nel 1908 in polemica con Croce. Ha concluso in serata la conferenza l’intervento Una passeggiata fra arte e matematica del prof. Giordano Bruno matematico dell’Università La Sapienza di Roma, che ha magistralmente dimostrato attraverso numerosissimi esempi come l’ideale di bellezza che si può ravvisare in molte forme geometriche sia stato mutuato da celebri scultori e pittori nelle loro opere.

[1] Etienne Klein, Sette volte la rivoluzione, Milano, Raffaello Cortina, 2006.

[2] Bruno de Finetti, Interventi al Convegno della C.I.I.M, Viareggio 24-26 ottobre 1974, in “Notiziario del Bollettino della Unione Matematica”, dicembre 1974.

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