La creatività geniale dell’arte degli anni ‘70 a Roma
La complessità degli anni Settanta, nella mostra conclusa il 2 marzo al Palazzo delle Esposizioni. Daniela Lancioni, la curatrice, l’ha definito il decennio «della condivisione, della libertà creativa, del dialogo e della comunicazione». Oltre 200 opere di 100 autori italiani e internazionali si sono offerte al pubblico per testimoniare un periodo controverso, fatto di proteste e lotte, ma anche di genialità, sperimentazione, differenza e pluralità di linguaggi che convivevano a Roma, «nutrice di una propria identità e, allo stesso tempo, specchio di quanto accadeva ovunque nel mondo».
Non a caso, tra il ’76 e il ’79, Giulio Carlo Argan ne è il sindaco. A Roma vivevano Burri, Kounellis, Mauri, De Chirico, poi raggiunti da Boetti, De Dominicis, Ontani, Pisani; qui sono passati Merz, Penone e si son fermati Gilbert&George, Richard Long, Francesca Woodman, Joseph Kosuth, Sol LeWitt. La mostra ha raccolto questa polifonia di voci che dà vita all’Arte Povera, al Concettuale, alla Anarchitecture, alla Narrative Art, alla Transavanguardia, al Minimalismo, alla Scuola Romana e alla Land Art. Ogni sala dell’esposizione è stata allestita creando un fil rouge tematico: un percorso diviso in due itinerari che inizia dalla Rotonda, con fotografie d’autore che documentano quattro delle più importanti mostre romane dell’epoca – Vitalità del negativo dell’arte italiana 1960/70, Fine dell’alchimia, Contemporanea, Ghenos Eros Thanatos – e incorniciano lo scheletro adagiato a terra di De Dominicis, Il tempo, lo sbaglio, lo spazio. Tre sale per le sezioni de La carne e l’immaginario, Il doppio e L’altro, per un’arte che riflette sulla cultura della differenza, sulla capacità di tendere ad un Altro, unendo vita quotidiana, mito e mondo metafisico. Il disegno e la scultura, Sistema e Il linguaggio, per una riflessione sulla condizione del linguaggio come sperimentazione della realtà. Il tema del Tutto la penultima parte del percorso, concluso dalla riflessione politica e l’impegno civile. Video e fotografie riportano alle prime esposizioni di queste opere, agli happening e alle installazioni, quando si poteva osservare l’artista Christo che impacchettava Porta Pinciana, perché è celando agli occhi che tutto diventa più visibile. Una mostra complessa, ricca, che lascia grande spazio al visitatore, permettendogli di viaggiare lungo la «trama del racconto, da una sala all’altra, da un’opera all’altra».
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