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La letteratura dell’inesperienza

La letteratura dell’inesperienza
Marzo 24
17:35 2014

La letteratura dell’inesperienza – Scrivere romanzi al tempo della televisione
Antonio Scurati
9788845257438
Bompiani
€ 6,20 e-book disponibile NO
Copertina:Inesperienza2348436
Un libro, breve saggio, per addetti ai lavori da un narratore (ricercatore in Cinema, Fotografia, Televisione all’Università di Bergamo) che continua ad interrogarsi sul valore dello scrivere di questi tempi, al bivio con altre forme espressive, visive perlopiù, che paiono essere la fine dell’immaginario soggettivo in favore di quello collettivo. Dire per ‘addetti ai lavori’ (scrittori, narratori) forse non è corretto. Sarà interessante per chi s’interroga sugli affollamenti di romanzi da farsi pubblicare ad ogni costo nei quali: «il linguaggio diventa autonomo rispetto a colui che parla, ma anche rispetto a ciò di cui parla. Il parlante ignora la struttura simbolica della lingua che parla, il romanziere ignora la possibilità che la sua creazione narrativa si conformi a un ordine del discorso. E se ne fa vanto».

Fine della scrittura quale mezzo obsoleto in confronto al visivo di cinema e televisione: ma che forme sono queste, se non di narrazione e così ancora (anche) di scrittura? Crediamo sia finita la fiction, ragiona Scurati nel suo scritto, ma ogni mezzo tecnico di ripresa confeziona il racconto soggettivo di qualcuno, neppure in tv esiste produzione oggettiva della realtà, come già avevamo imparato non esistere oggettività nei film. Scurati attinge alla filosofia e pare volerne tradurre messaggi e conclusioni per un pubblico meno attento, traducendo i ragionamenti più recenti di Perniola, Ricoeur, Manovich o Morin spaziando da Marx a Mosse ad Agamben, e molti altri pensatori, muovendosi fra scrittori quali Fenoglio e Calvino per abbozzare appena, in alcuni casi, i ragionamenti. Quasi per indicare una strada tracciata fra la ri-presentazione del romanzo di Calvino Il sentiero dei nidi di ragno, scritta dallo stesso (1964) e l’esigenza di ripresentare la nuova edizione del proprio romanzo d’esordio Il rumore sordo della battaglia (Bompiani 2002). In mezzo, Una questione privata (Beppe Fenoglio – 1963), il libro che Calvino indicò essere quello che tutta la sua generazione avrebbe voluto scrivere e la generazione degli scrittori orfani del racconto di guerra, e figli dell’era televisiva nella quale il dolore vissuto al massimo, spesso, è quello degli altri, e la guerra è stata anch’essa televisiva, guardata col bicchiere di birra fredda tra le mani. Da tanta inesperienza, figlia dell’esperienza considerata massima per tutto il ‘900 (la guerra) come fare/tornare a scrivere divenendo/essendo credibili? Le costruzioni narrative di Antonio Scurati crediamo si muovano, in modo interessante, dentro questo tentativo, ‘risolvendo’ la realtà in un rimando di voci e microesperienze, domande ben poste ma non tutte con risposta, giustapposizione di momenti e scenari, coltivando forte il dubbio. Anche quello che proprio la consapevolezza dello scorrere degli eventi, partecipi noialtri o no, sia davvero la più forte forma contemporanea di dolore alla quale non sappiamo porre rimedio. Dello stesso autore i saggi Guerra. Narrazioni e culture nella tradizione occidentale (Donzelli) e Televisioni di guerra (Ombre Corte). (Serena Grizi)

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