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La melina di Moretti

La melina di Moretti
Maggio 11
22:00 2011

habemus-papamDa un campione ti aspetti una discesa travolgente, un colpo a sorpresa, una azione avvincente. Questa volta Moretti gioca vecchie carte interpretando una stanca melina, tanto rifinita quanto inconcludente. Habemus Papam, in linea con l’esile trama del papa che fugge rifiutando il peso della nomina, non diventa mai un film, ma resta un assemblaggio di quadri senza anima ed emozioni. Se in questo parallelismo vi fosse un disegno preciso saremmo nella perfezione, ma temiamo che non sia così. Restano lontane la finezza e la profondità – nell’apparente leggerezza – di Caro Diario (un Amarcord diverso e moderno per temi e struttura, ma dallo stesso segno geniale) e la potenza premonitoria del Caimano, nel quale la scoperta ispirazione politica è stata, tuttavia, magistralmente risolta. Questa nuova prova non convince e, nonostante accattivanti scenografie e caratterizzazioni, si limita al piccolo cabotaggio di una costa conosciuta, senza prendere mai il largo. E non entrano in gioco, nella valutazione, considerazioni religiose o politiche di alcun segno. Il film, infatti e purtroppo, si presta equanimemente a considerazioni diametralmente opposte, incrociate e trasversali: insomma non un buon segno. Ognuno vi può vedere quello che più gli aggrada: i cardinali sembrano tutti ingenui e creduloni, ma simpatici ed umani, il segretario generale pare tenere in pugno tutto con il tatto e la scaltrezza di un Letta d’oltre Tevere, ma si rivela pasticcione e dedito a mezzucci, gli psichiatri Moretti e Buy, partiti come dei ex machina, finiscono ad organizzare tornei di pallavolo o a nascondersi maldestramente alle curiosità dei figli; l’eletto papa, in sintonia con questa musica, cade in depressione, riesce a fuggire benché attorniato dalla sicurezza, va in giro per alberghi e teatri senza soldi e senza sospetti, chiama al telefono, torna e fa il ‘gran rifiuto’. Dunque si può attaccare la Chiesa, ma si può anche ‘sdoganarla’: si resta comunque nella fiction. L’impressione forte è che Moretti, non si sa quanto deliberatamente, si sia presa una vacanza (operazione commerciale a parte). Forse perché le segrete cose e i segreti poteri vaticani sarebbero ben pesanti da analizzare approfonditamente, così come il tormento di un uomo chiamato ad un compito superiore alle sue capacità. Di questa operazione, artisticamente parlando, non pare essere traccia nel film. L’interpretazione di Michel Piccoli, raffinata e trasognata, rimane un pregio a sé stante, proprio perché nello sviluppo dell’opera non si riesce a percepire la tensione emotiva per la sofferenza della scelta o lo sconcerto per gli eventi. Torna, per scrupolo, l’ipotesi iniziale: se la chiave di regia è, per così dire, ecumenica – una trattazione soft di temi, ambienti e personaggi, forse in prospettiva di un singolare compromesso storico – allora ha colto nel segno. Diversamente aspetteremo, incuranti di eventuali premi nel frattempo raccolti, un prossimo lavoro, magari su argomenti più nelle corde.

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