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La Politica snobba la scienza ambientale

La Politica snobba la scienza ambientale
Gennaio 07
10:56 2014

terremotoGià il Machiavelli ai suoi tempi suggeriva, in qualità di Segretario fiorentino, di fare opere di prevenzione per mettere in sicurezza il territorio, giacché scriveva che “se un fiume straripa è inutile prendersela con la mala sorte, bisogna invece arrabbiarsi con se stessi per non aver rafforzato gli argini”. Anche oggi, come allora, non si tiene conto del fatto che investire per prevenire costa molto meno (sino a 10 volte di meno!) che gestire i danni delle cosiddette calamità naturali, come alluvioni, frane e smottamenti.

La Politica, poi, snobba le bonifiche perché non si inaugurano con i tagli di nastro che danno visibilità ai politici e non portano soldi agli imprenditori edili. Così, invece di dare ascolto agli esperti ambientali di mettere in sicurezza il territorio prima del verificarsi dei disastri per salvare persone e beni, la Politica preferisce soddisfare le richieste di cementificazione da parte dei costruttori edili come migliore occasione di ripresa economica. Solo dopo le tragedie si deve constatare come la Politica ha lasciato che nelle aree a forte rischio idrogeologico si costruisse abusivamente, come pure ha trascurato che nelle zone sismiche non si mettessero in sicurezza le vecchie abitazioni e si costruisse persino sulle faglie. Questo mentre negli altri Paesi, come California e Giappone, ci si attrezza diligentemente per affrontare terremoti, di intensità superiori ai nostri anche di 30 volte eppure con la stessa quantità di danni. Ciò è dovuto al fatto che da noi la densità abitativa è maggiore su un patrimonio abitativo molto più fragile. Si calcola che in Italia il danno delle calamità dal 1945 ad oggi è stato di 240 miliardi di euro, cioè di 3,5 miliardi l’anno. Ma lo Stato per la messa in sicurezza delle aree a rischio idrogeologico spende sempre molto poco. Nell’ultima legge di stabilità il ministro all’ambiente Andrea Orlando del Pd aveva quantificato in 40 miliardi il costo delle opere urgenti per contrastare il dissesto del suolo, ma sono stati stanziati appena 180 milioni. Secondo l’Ordine dei Geologi, nel solo Lazio dal 1998 al 2009 lo Stato ha finanziato opere per la messa in sicurezza del territorio per 184 milioni di euro e dal 2010 al 2012 per ulteriori 120 milioni nelle zone a rischio idrogeologico. Troppo poco, considerato che le richieste di intervento per il solo Lazio arrivano a più di 700 milioni di euro. L’esperto Roberto Mazza, idrogeologico dell’Università di Roma, ha ribadito ultimamente che i problemi sono dovuti all’urbanizzazione delle sponde dei fiumi, alla mancanza di monitoraggi ed alla scarsa manutenzione. Poi c’è il problema che le colline si sfaldano e scivolano su strade e ferrovie, come avvenne nel 1998 quando franò la montagna sopra Sarno. Mazza ha spiegato come dopo diversi giorni di pioggia la terra non ce la fece a reggere il peso dell’acqua ed aprì nuovi canali naturali che spinsero un mare di fango e detriti giù a valle, facendo 138 morti. Allora per Sarno la spesa per rifare l’intero sistema di drenaggio della montagna fu calcolata in 290 milioni per le opere di messa in sicurezza e 45 milioni per ricostruire le case distrutte. Dopo 15 anni da quella tragedia la costruzione di vasche e canali di drenaggio è quasi ultimata ma occorrono altri 500 milioni per il loro completamento. Il geologo Franco Ortolani, direttore del dipartimento pianificazione e scienza del territorio dell’Università di Napoli ha precisato che “A Sarno gli interventi realizzati non sono idonei e i canali per intercettare il fango sono troppo piccoli e inadeguati”. Tutto in barba alla sicurezza. Anche il segretario generale dell’Autorità di bacino dei fiumi Arno e Serchio (negli anni 1990 – 2000) denunciò che il 70% delle case esistenti nelle aree fluviali fu costruito dopo l’alluvione di Firenze del 1966. Poi negli anni ’90 con il piano di bacino del fiume Arno si riuscì a vincolare (cioè a rendere non edificabili) circa 600 Km quadrati di terreno vicini al fiume. Ma i suoi allarmi determinarono solo la sua rimozione dalla cura del fiume Arno, e la cementificazione riprese. Ecco come vanno le cose in Italia! Fa ben sperare il leader dei Verdi Angelo Bonelli quando sottolinea che “bisogna: 1) piantare gli alberi come primo rimedio per evitare frane e smottamenti (specialmente alberi di castagno perché hanno radici che vanno in profondità) e controllare costantemente il territorio; 2) ripristinare i corsi dei fiumi, agendo sul reticolo idrografico secondario (cioè sui canali ed i piccoli fiumi), in quanto il loro corso negli anni è stato stravolto ed alcuni sono addirittura chiusi; 3) rispettare le aree di esondazione naturali, sfoghi essenziali per i corsi d’acqua in piena”. A questo aggiungerei l’educazione ambientale a tutti i cittadini.

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