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“Last Night”, di Massy Tadjedin

“Last Night”, di Massy Tadjedin
Maggio 11
22:00 2011

bozzo-LAST-NIGHTDa una parte cast d’eccezione, ottima pubblicità, debutto al Toronto Film Festival, posto d’onore all’ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. Tutte le carte giuste insomma per riscuotere un più che discreto successo.
Dall’altra il flop della platea. I numeri parlano chiaro: il box office italiano registra appena 569.908 euro su 238 schermi, fatto che sottolinea l’apprezzamento scarso da parte del pubblico.
Che Last Night si sia rivelato un film d’élite non risulterebbe un’affermazione forse eccessiva. Ma si potrebbe sostenere con una certa serenità che la trama sia talmente attuale da mettere in soggezione lo spettatore. Da qui lo scisma tra i disertori e i coraggiosi, premiati questi ultimi da un notevole coinvolgimento, quasi catapultati all’interno del film.
È la storia d’amore che viviamo tutti, in chiave borghese. Michael (Sam Worthington) e Joanna (Keira Knightley) sono al loro quarto anno di matrimonio, vivono in un appartamento moderno al centro di New York. Lui progetta ristrutturazioni edilizie, lei è giornalista freelance. La loro vita non sembra felice e perfetta: lo è effettivamente. Nel corso di 24 ore però si combinano il viaggio di lavoro di Michael con la sexy collega Laura (Eva Mendes) e il ritorno di Alex, un Guillaume Canet perfetto nel ruolo di ex fiamma di Joanna.
Affrontare la breve crisi della coppia agiata e benestante, significa cambio di lingerie e un salto indietro nel tempo per Keira Knightkey. Elegantissima sia in vestaglia sia nel suo abito blu e irrimediabilmente attratta dal suo passato amore parigino. Significa per Sam Worthington affrontare se stesso, cercare di resistere alla tentazione di una collega che, a dir la verità, avrebbe potuto fare di meglio in quanto a seduzione ma viene aiutata da una buona dose di alcool e da un ambiente suggestivo come la piscina di un hotel di lusso.
Se sia peggiore il tradimento carnale o quello della mente resta a discrezione di chi guarda. Né, a ragion veduta, la regista si sente di mostrarci come i due coniugi risolvano la situazione, chiaramente modificata dagli avvenimenti della notte precedente.
Tra la leggerezza con cui gli americani trattano un tema delicato e moderno come la dicotomia tra fedeltà e tradimento, l’ironia inopportuna con cui lo fanno gli inglesi, l’eccessivo sentimentalismo con cui lo affrontano i francesi e l’isterismo con cui lo fanno gli italiani, che ci volesse una regista di origini iraniane a mostrarci i grigi tra questi due antipodi?
Il messaggio non appare irresoluto. Infine colpisce nel segno: niente di surreale, niente di troppo complesso per non poter essere vero. Semplicemente, il cuore torna nel posto in cui vuole restare.

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