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Lauretta Chiarini: «scrivere mi fa stare bene»

Ottobre 08
09:00 2012

D – Come hai simpaticamente ironizzato tu stessa, con “Un Lazio di libri!” ti sei trovata fra scrittori piuttosto importanti e ben noti al grande pubblico; credi che questo bel risultato sia dovuto oltre che al tuo impegno di scrittrice e promotrice dei tuoi libri anche all’interesse specifico che nutri nei confronti del raccontare l’infanzia e l’adolescenza quale momento di apertura alla vita?
R – É stata proprio una bella sorpresa, vedere il mio nome tra alcuni dei più noti della nostra letteratura. Non intendo paragonarmi a scrittori di tale cultura e di tale livello, ma di certo ci metto tanto impegno in quello che faccio e la mia voglia di scrivere, nella fattispecie per bambini e ragazzi, non credo sia da meno. Raccontare l’infanzia e raccontare per l’infanzia è prioritario per me; e non è mai abbastanza parlare di questa letteratura, quella per i più giovani, che per vari motivi (vuoi economici, vuoi di scarso interesse), è relegata spesso a narrativa di serie B. Io ho iniziato a scrivere le storie che inventavo, tanti anni fa, per i miei figli. Dapprima per gioco poi con più serietà, incitata da amici e parenti. L’albero Laura è stato il mio primo esperimento, il primo libro pubblicato, in cui mi sono messa in gioco, uscendo allo scoperto per farmi leggere anche da altri. Con questo libriccino ho dato libero sfogo a tutto quello che volevo dire ai bambini, a quello che volevo trasmettere loro (sentimenti di amicizia, di tolleranza, di giustizia) e che, al contempo, desideravo dire anche al pubblico adulto dei loro genitori. Anche per la mia esperienza di lettrice, mi sento di affermare che i libri per l’infanzia e l’adolescenza (a parte qualche eccezione), sono appetibili ed educativi anche per ‘noi grandi’.
D – Ho avuto modo di conoscere alcune delle tue letture e so che segui molto la letteratura per ragazzi e novità di narrativa italiana e internazionale: quali ti sembrano essere gli argomenti più difficili da trattare per un autore che voglia parlare alle generazioni che si affacciano alle prime problematiche dell’esistenza?
R – Paradossalmente l’argomento più difficile da affrontare con i ragazzini è proprio la lettura. Il leggere non è mai stato così poco gradito come adesso, si comprano pochi libri e comunque meno rispetto a qualche anno fa, si comprano e leggono pochi quotidiani. Sembra di vivere un oscuramento culturale; gli adulti si annullano davanti ai reality e, automaticamente, i figli fanno lo stesso. Le trasmissioni culturali della televisione sono seguite da pochi telespettatori. Allo stesso modo, il libro appare noioso, molto meglio il computer, l’IPod e il cellulare. Quindi il nodo da sciogliere con questi giovani è innanzitutto far scoprire o riscoprire loro, la lettura. Far conoscere ai bambini quanti mondi, quanta vita, quanta fantasia e realtà ci sono dentro un libro. Gli argomenti da trattare per coinvolgerli sono tanti: la diversità, la giustizia, l’amore e l’amicizia; la socializzazione e la condivisione. È raro che i ragazzini non si facciano rapire da un bel libro, se li aiutiamo ad amarlo. Il genere fantasy, in particolare, ha rilanciato recentemente la lettura tra i giovani e i giovanissimi. E ben venga: insieme alle trame i nostri ragazzi imparano o re-imparano anche l’uso della nostra lingua. In fondo così come si identificano nel mago Harry Potter o nel bellissimo Edward, il vampiro rubacuori, allo stesso modo, sanno identificarsi con Leo e Silvia, i protagonisti senza poteri magici del romanzo di Alessandro D’Avenia. I libri che vale la pena di leggere ci sono e sono molti; basta saper invogliare i giovani ad aprirli.
D – Scrittrice, lettrice, ma nello specifico del lavoro di lettura che fai presso le scuole, nei bambini quale area credi che vadano a sensibilizzare le letture di gruppo e il lavoro di approfondimento sul testo?
R – Lavorare insieme ai bambini a scuola (cosa che mi è capitato di fare parecchie volte), è più gratificante di quanto si pensi. La soddisfazione che ti danno loro è uno sprone a continuare; sono sinceri, non fanno sconti, ma quando collaborano e pongono domande sono autentici e spesso geniali. Le letture di gruppo, il lavoro svolto in classe per approfondire un testo, è proprio questo il successo primario che si ottiene: lavorare in gruppo. I bambini socializzano, si integrano, si coinvolgono. Non si dividono, ma condividono gli sforzi. In ogni caso va comunque riconosciuto il merito al grande lavoro del corpo insegnante verso l’integrazione degli alunni.
D – Qual è secondo te l’autore/autrice che è riuscito/a a risolvere meglio il nodo fra il parlare di un argomento a fini educativi e l’intrattenimento che si cerca in un libro, qualità non disgiunte che, mi pare di capire, apprezzi in un testo valido per bambini/ragazzi?
R – Ho sempre letto, e rileggo ancora, con grande piacere tutte le opere di Gianni Rodari. L’esempio che si può educare con serietà, ma senza essere ‘seriosi’. L’ironia, e la fantasia sono qualità indispensabili perché il libro non spaventi il bambino: l’approccio alla letteratura è più semplice se il piccolo lettore si diverte, o si stupisce mentre legge una storia.
D – Vista la tua discreta produzione letteraria fra cui romanzi non solo per ragazzi, come Volevo solo essere serena, cos’è che ti fa sedere a tavolino a scrivere, esercitando la ‘disciplina’ dello scrittore … e che cosa invece ti fa alzare?
R – Le mie storie, i miei racconti, i personaggi stessi: sono loro che vengono a trovarmi e mi suggeriscono quello che scriverò. Arrivano così, inattesi e allora devo scrivere. Non ho orari per farlo; scrivo appena posso, quando gli impegni di lavoro e quelli famigliari me lo permettono. In generale, quindi, di notte. Ma anche nelle pause dal lavoro, nelle attese in automobile o dal medico: non giro mai senza un quaderno ed una penna. Appunto frasi, butto giù impressioni, scrivo riflessioni dove capita. I miei racconti scaturiscono tutti dalla realtà che mi circonda. Le incombenze quotidiane mi fanno smettere di scrivere, lo sguardo all’orologio che mi suggerisce di andare a letto perché si è fatto molto tardi, oppure la voglia di leggere. Alterno sempre scrittura e lettura. Scrivere mi fa stare bene, leggere mi è indispensabile. Non potrei fare a meno di leggere: sono una lettrice compulsiva.
D – Cosa hai letto questa estate e cosa leggi in questi giorni? se ne hai voglia consigliaci un libro…
R – Proprio in quanto lettrice compulsiva, ho letto molto, anche questa estate. Scelgo i libri da leggere in base alle recensioni, ma spesso a fiuto; a volte basta un titolo a rapirmi, altre una copertina originale. Tra i più interessanti di questa estate Il segreto dell’ultima estate di John Harding: un romanzo toccante, la storia di un rapporto genitore-figlio, dove il padre anziano è parkinsoniano. Divertente e commovente fino alle lacrime, molto realistico: lo dico da figlia di parkinsoniano. Giulia 1300 e altri miracoli di Fabio Bartolomei: una commedia all’italiana, con punte di esilarante umorismo, scritta benissimo e per questo, scorrevole e molto piacevole. La ragazza di Charlotte street di Danny Wallace, un romanzo rilassante, storia di un uomo alla ricerca di una sconosciuta, il tutto condito con spassoso umorismo inglese. Poi l’ultimo Montalbano di Camilleri Una lama di luce; i tre deliziosi gialli della libraia di Istanbul, della turca Esmahan Aykol, e Arrivano i Sister di Patrick Dewitt, un insolito romanzo western, duro e triste, eppure rivolto all’ottimismo. Per non farmi mancare l’infanzia, ho letto Il vento nei salici, di Kenneth Grahame: la delicata storia delle avventure del signor Talpa e dei suoi amici sulle rive di un fiume ed il fantastico La tela di Carlotta di E.B.White». (n.d.r. edizioni: E/O, Feltrinelli, Sellerio, Neri Pozza, Einaudi, Mondadori)
D – Vuoi raccontarci brevemente un progetto di scrittura che ti piacerebbe realizzare, o un progetto legato ai tuoi libri già noti?
R – Mi piacerebbe realizzare ancora molti laboratori di lettura e scrittura con bambini o ragazzi. Qualche anno fa mi sono offerta volontaria in una scuola media, presentando alla preside un progetto di lettura: l’ho fatto per dare una classe e un’insegnante ai ragazzi che scelgono le attività alternative all’ora di religione. Sanno tutti che per questi ragazzi non c’è mai una vera alternativa seppure la legge lo preveda. Senza entrare adesso nel vivo di questo annoso problema, la preside ha accettato volentieri di ‘ospitarmi’ a scuola, una volta a settimana, oltretutto mi proponevo a costo zero. Ho lavorato con una quindicina di ragazzi e ragazze, 11-13 anni, italiani e romeni. Ho scelto di non lavorare sui miei testi, temendo un malinteso con la direzione scolastica. Fra le mie proposte i ragazzi hanno letto: L’amico ritrovato di Fred Ullman, L’ultimo elfo di Silvana De Mari, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon e Le cinque isole di Roberto Piumini. Dopo la lettura, i ragazzi hanno reinterpretato il testo con disegni, parole, collage di carta stampata fino ad ottenerne vari quadernoni, esposti poi alla festa della scuola, a fine anno. Un lavoro bellissimo, che li ha gratificati. La cosa che ha gratificato me è stata vederli ‘bisticciare’ per chi doveva leggere per primo, vederli collaborare nei commenti ai testi, compartecipi, vederli integrati e soprattutto sentirli leggere. Insomma se li si sprona a leggere, i giovani leggono e lo fanno con piacere. Questa è stata un’esperienza che farei di nuovo molto volentieri, tempo permettendo. E stavolta non mi dispiacerebbe farli lavorare sui miei libri.

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