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Mosca – Kiev: il lupo perde il pelo ma non il vizio

Mosca – Kiev: il lupo perde il pelo ma non il vizio
Maggio 10
15:30 2014

ucraina-russiaLa fine del XX secolo ha prodotto un terremoto politico-istituzionale in tutta Europa, modificando di fatto la conformazione geografico-politica di tutto il continente orientale. La caduta del muro di Berlino, il disgregarsi delle repubbliche Urss, hanno dato uno strumento ai cittadini per uno sviluppo democratico delle proprie nazioni. Da Gorbaciov a Eltsin il travaglio ha prodotto diversi traumi, permettendo alle nazioni più periferiche di distaccarsi dalla Russia o dalla sua egemonia.

Con l’avvento di Putin, giovane e uomo forte (ex membro del famigerato Kgb), la Russia stringe le maglie, e nel riproporre il vecchio sogno della “Grande Madre Russia” ristabilisce un controllo politico e militare rilevato ai propri confini. E così dall’Ossezia alla Georgia, alla Cecenia, e oggi con l’Ucraina, il lungo braccio di Putin detta le regole.
Il Presidente russo non è nuovo a interpretazioni personalizzate, quando da una parte dà credito a un dibattito aperto e progressista, dall’altra parte agisce ancora con direttive da Kgb. Questo è successo anche per la sua nuova rielezione a premier, giostrando la costituzione a suo piacimento alternandosi con Medvedev, attuale Presidente in attesa di assumere nuovamente il potere come premier governativo, Putin permettendo.
Il gioco di potere in Russia sembra ancora legato al vecchio sistema del “Politburo”, che perso il consenso del partito comunista è stato assorbito dai personaggi al potere, in grado di controllare l’economia e la politica nazionale con un’immagine di “democrazia limitata e controllata”. Lo stesso trattamento è per le nazioni di confine, non in grado di avere un’indipendenza economica e commerciale, e quindi dipendenti ancora dalla vecchia Madre Russia. Gli ultimi eventi succedutisi in Ucraina evidenziano le contraddizioni e l’incapacità di queste nazioni di intraprendere un percorso diverso dalla ormai passata egemonia sovietica.
Ho sempre sostenuto, e ne sono oggi ancora più convinto, l’autodeterminazione dei popoli, qualunque fosse la scelta e la collocazione internazionale. L’Ucraina si è trovata schiacciata da due pachidermi, l’Unione Europea con la sua intransigenza sulla stabilità dei conti economici o una conseguente politica di lacrime e sangue, e la Russia di Putin promotrice di un ricatto economico centrato sulla fornitura di gas metano e sull’erogazione di alcuni miliardi di dollari, certamente non gratuiti bensì destinati a porre le manette ai cittadini dell’Ucraina.
Le violenze sviluppatesi in questi ultimi mesi hanno mostrato il volto distorto dell’imposizione politica verso il dialogo che deve unire una nazione. La Crimea, le cui lotte intestine sono da rivedere nella distorsione storica che l’Urss impose con deportazioni e colonizzazioni, rischia di diventare il nuovo Kosovo, un campo di guerra tra etnie diverse sponsorizzate dalle potenze militari opposte. La contrapposizione dei blocchi poneva come fatto “accettato” l’occupazione politica delle nazioni satelliti, e così con Kruscev, segretario del Pcus, fu interrotta l’insurrezione ungherese in aria di indipendenza, con Breznev si ordinò di reprimere la “Primavera di Praga”, ove l’invasione veniva combattuta da giovani studenti che si immolavano, primo dei quali è stato Jan Palach.
I carri armati e le forze di terra di Putin entrano in Crimea prive di mostrine di riconoscimento e occupano (come fecero i tedeschi con l’Italia) una nazione dove sono presenti militarmente con basi e flotte navali. Si parla di un’evoluzione democratica degli avvenimenti, difficili da vedere quando questi sono appoggiati da armi e presidi di stampo nazional-fascista-stalinista. Esprimere una libera opinione con una pistola puntata alla testa richiede molto coraggio.
Il risultato delle urne, scontato senza alcun evento o dibattito politico, sarà padre di un’evoluzione di “caccia ai cittadini” divenuti minoranza, con l’aiuto di forze paramilitari per l’inizio di una nuova pulizia etnica. Un problema di diritto internazionale, che riguarda non solo la Crimea bensì tutte le zone di confine sparse per il mondo. Risoluzioni di territorialità possono definirsi, dopo un’evoluzione politica indirizzata al dialogo e al rispetto di qualsiasi minoranza sia etnica che religiosa, una libera scelta che ponga la convivenza dei cittadini sopra gli interessi di maggioranze o Stati ritenuti “amici”.

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