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Nietzsche a Capri -1

Novembre 11
11:58 2009

Nietzsche passò tutto l’inverno del 1876-77 a Sorrento, in compagnia di Paul Ree e della sua amica di vecchia data Malwida von Meysenbug, che si era stabilita in questa città fin dal 1862 e presso la quale trovò ospitalità. In questo periodo Nietzsche visitò tutto il territorio circostante, e naturalmente fece anche una escursione a Capri.

Nietzsche aveva allora trentadue anni. Dal 1869 era diventato professore di filologia classica all’Università di Basilea, ed era famoso per la pubblicazione nel 1872 della Nascita della tragedia e per le violente polemiche che l’avevano seguita. Tuttavia a partire dal 1876 le sue condizioni di salute erano peggiorate, al punto che nel 1879 lo spingeranno a lasciare l’insegnamento. Il viaggio a Sorrento e la visita a Capri si situano in un momento critico della vita di Nietzsche, nel quale egli, sostanzialmente, stava prendendo una decisione importante: quella di cessare la sua attività di filologo per diventare un filosofo, ma un filosofo di tipo particolare, in cui la vita, l’azione e il linguaggio del corpo avrebbero costituito il centro e lo stimolo per ogni riflessione. Il Sud, e in generale l’Oriente, hanno da sempre esercitato una grande attrazione sui tedeschi, e in particolare sugli uomini di cultura. Prima di Nietzsche, Goethe aveva già fatto un viaggio in Italia, e descritto il Meridione con colori così vivi da acuire ulteriormente la voglia di sole e di libertà – diciamo pure di anarchia – di molti intellettuali e filosofi tedeschi, che, insofferenti della rigida educazione protestante sentivano – come diceva il giovane Hegel parlando di Kant – di ‘avere il proprio padrone dentro di sé’, in una parola di essere schiavi di se stessi. In Nietzsche questo stesso desiderio di libertà si sommava e si confondeva con lo spirito di rivolta che permeava le sue riflessioni filosofiche, e che investiva tutta la tradizione filosofica dell’idealismo tedesco, che egli – ultimo erede della Sinistra hegeliana – giudicava un parto del cristianesimo protestante. Già in Feuerbach il ripudio del cristianesimo e della religione monoteistica avevano avuto come effetto inevitabile una crescente simpatia per i culti pagani e il politeismo, nei quali la saldatura fra uomo e natura emerge prepotentemente come il dato primario. Nietzsche – che nella Nascita della tragedia aveva messo al centro delle riflessioni l’importanza del ‘dionisiaco’ e dell’irrazionale nella umana esistenza – sembra attratto, a Capri, soprattutto dal culto che il cristianesimo aveva sempre considerato il suo peggior nemico: il mitraismo, il culto del dio Mithra. Tale culto, secondo una tradizione interpretativa che Nietzsche evidentemente giudicava attendibile, si svolgeva in quella che gli abitanti di Capri chiamano ancora oggi la ‘Grotta di matrimonio’, ovvero ‘Grotta di Matromania o Matermania’. Tuttavia Nietzsche non leggeva la vicenda di Mithra (di cui peraltro ignoriamo ancora oggi il reale significato) con gli occhi di un archeologo o di un filologo. Agli occhi di Nietzsche, essa diventava una vicenda di carne e sangue, un evento sacrificale nel quale esplodevano antichissimi e incontrollabili istinti ancestrali. I riferimenti alla ‘Grotta di matrimonio’ compaiono nei frammenti della primavera del 1878 (28, nn. 17, 22, 24, 25, 34, 39; vol. IV 4 Nietzsche Werke, hrsg. Von Colli-Montinari; vol. IV 3 dell’ed. italiana).
– Mitromania. Attendere il bagliore dei primi raggi del sole, e finalmente fissarlo, sfidarlo e vederlo spegnersi.
– Mithra – Speranza Follia di Mithra!
– Grotta di matrimonio, pittura idilliaca dell’inconscio
– Tiberio: la follia dell’azione. Il suo negativo: la follia della conoscenza
– Immagina la vita come un festino che abbia il suo punto di partenza in Mitromania.
– Mithra uccide il toro, sul quale si avventano il serpente e lo scorpione
La grotta ricompare qualche anno più tardi nell’aforisma 55 di Al di là del bene e del male. Nel corso di una riflessione sui sacrifici umani Nietzsche ricorda ‘il sacrificio dell’Imperatore Tiberio nella grotta di Mithra nell’isola di Capri, il più terribile di tutti gli anacronismi romani’.
Vorrei aggiungere, per finire questa breve e suggestiva carrellata dei riferimenti di Nietzsche al culto di Mithra, che echi del culto stesso potrebbero essere, in Così parlò Zaratustra, innanzitutto il nome stesso di Zaratustra-Zoroastro, che le fonti neoplatoniche (Porfirio) collegano strettamente al mitraismo, e secondariamente i due simboli del serpente e del cane, onnipresenti in ogni tauroctonia. Devo precisare tuttavia che è praticamente impossibile fare molta chiarezza su quanto ho detto finora. Tentare di spiegare Mithra con Nietzsche, o inversamente Nietzsche con Mithra, è come fare luce col buio. Nel caso di Mithra, non abbiamo documenti letterari attendibili in grado di decifrare il senso dei dipinti e dei rilievi, cominciando dallo stesso evento centrale, l’uccisione del toro, del quale sono state date nel tempo interpretazioni assolutamente divergenti. L’ultima, in ordine di tempo, quella di Ulansey, lo collega addirittura alla precessione degli equinozi. Nel caso di Nietzsche, è noto che il carattere volutamente aforistico e oscuro dei frammenti e di molte opere filosofiche autorizza da sempre le interpretazioni più disparate. Mi limiterò quindi a fare alcune precisazioni di natura prevalentemente storica e filologica, avanzando quando è opportuno quelle che allo stato attuale restano solo ipotesi interpretative.
Cominciamo dai rapporti fra Mithra e la Campania. Il culto di Mithra in Campania era abbastanza diffuso: oltre ai reperti di Posillipo (la Grotta di Pozzuoli: una tauroctonia visibile al Museo Nazionale di Napoli [inv.6764], Carminiello ai Mannesi e Pizzofalcone, abbiamo il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere, con l’importante e bellissimo affresco e le altrettanto importanti scene di iniziazione, e altre attestazioni della presenza del culto mitriaco sono presenti a Calvi (l’antica Cales: tauroctonia in terracotta, Museo di Napoli inv. 6854; una seconda tauroctonia in terracotta, molto particolare, si trova al Museo di Berlino) e a Ischia (vedi la monografia di Vermaseren su Santa Maria Capua Vetere e il volume di Tran Tam Tinh sul culto delle divinità orientali in Campania, entrambi pubblicati nell’EPRO).

(continua)

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