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#Nonleggeteilibri – “Works”, nella prima vita di Trevisan il lavoro che consuma l’esistenza. La scrittura alla ricerca d’una verità

#Nonleggeteilibri – “Works”, nella prima vita di Trevisan il lavoro che consuma l’esistenza. La scrittura alla ricerca d’una verità
Agosto 01
19:42 2023

«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)

(Serena Grizi) Works di Vitaliano Trevisan, Einaudi ed. 2022 – € 22,00 isbn 9788806254292, e-book € 6,99, audiolibro NO. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR https://sbcr.comperio.it/

Works, di Vitaliano Trevisan, è considerato da molti il suo capolavoro, non certo a torto. Un immaginario non cinematografico il suo, del quale si vanta, come per la nascita nell’anno 1960 che, fra altre cose, lo fa sentire diverso, come uomo e autore, già da quelli nati davvero poco prima o subito dopo. Si ritiene una mente e lo è soprattutto nel senso che passa anni, oltre che a vivere, a registrare le contraddizioni, per esempio del nordest ricco che è diventato tale, in parte, col lavoro pagato ‘al nero’ e lo sfruttamento di tante persone, pur rappresentando per le stesse, opportunità di lavoro e guadagno per quanto non sempre consono all’impegno richiesto. Trevisan nel suo ‘registrare e processare dati’ non molla mai. Works è un libro intenso e forte, ‘un canto’ attorno alla nostra epoca e al mito del lavoro visto da un personaggio (Vito o Vitaliano) che ha abbracciato con la mente, e non meno col cuore, quel mito, prima provando a ‘crescere’ come si dice spesso riguardo la professione, la sua degli inizi fra design e progettazione, fino a dimenticare se stesso. Avendo compreso quanto questo atteggiamento fosse dannoso (ma già in tempi meno sospetti degli attuali) e correndo dietro al ‘sogno’ della scrittura, ha ritrovato sulla propria strada il lavoro manuale, durissimo e altrettanto totalizzante che ha condotto fin nelle ossa tutto il dolore possibile da trasferire, possibilmente, nel narrato, ma anche la scoperta della solidarietà dei compagni mai sentiti così compatti e affidabili.

Il sogno e il mito sono stati completamente sfatati nel corso d’un cupo e difficile percorso di ‘ritorno’. Ai lati del percorso uomini e donne non meno illusi del Vito o Vitaliano ‘prima maniera’ (l’autore raccomanda espressamente di non confonderlo coi suoi personaggi; chi scrive romanzi o racconti conosce ‘il dramma’); imprenditori ignoranti e incapaci di comprendere che diritti ed organizzazione aziendale non sono solo ‘cose da ricchi’, diavoli e diavolesse poveri di spirito se non poveri d’averi; oppure ‘illuminati a parole’ ma molto furbi, belli, eleganti e professionali sulle spalle degli altri. Lavoratori cresciuti all’ombra della paura e della delazione, amici veri e finti pazzi, diventati strambi per campare. Sullo sfondo non luoghi, non percorsi, non aziende, e poi l’annientarsi che il cervello può suggerire a qualche anima troppo provata dal ‘tritacarne’ del lavoro/vita/lavoro, quando ogni scopo appare alieno (mai assenti sostanze che aiutano a ‘stare su’ o a morire lentamente). Qui franchezza e lucidità non mancano mai (anche troppo se mai fosse possibile metterla così) ma non c’è tribunale se non quello che potrebbe istituire il lettore trovandosi coinvolto in ragionamenti che non potranno lasciare indifferenti.

Oggi, questa eredità di Trevisan si legge come un dizionario delle cose da non fare; un inventario buono per chi ha capito che la società tutta non può perseguire scopi che la distruggono, inventati e voluti da pochi. Ma anche se il messaggio non lo si intendesse come così assoluto (eppure sono tempi buoni, questi, per farlo) nel libro si trovano così tante riflessioni sulle relazioni città e architettura, città e campagna, sulla fretta d’una trasformazione campagna/città che ha stravolto senza senso i connotati d’un Paese chiamato Italia: «La crescita delle città e degli assi di comunicazione induce una crescita del numero dei residui» (cit. da G. Clément). Considerazioni dure e utili sulla ‘cosiddetta’ letteratura contemporanea, e così ficcanti, che la lettura d’un tale lavoro non potrà esaurirsi all’ultima pagina, persistendo nell’interrogarsi d’ognuno…ma veleggiando sempre nella terra del non compromesso: «(…) in una società che legittima pienamente solo chi si adatta, e si abbandona all’inevitabile inerzia, così come essa si configura in un Paese industriale che produce benessere, condizione che finisce per assorbire, o essiccare, ogni possibile fonte di cambiamento, sia generale che individuale».  

La scrittura qui, forma e sostanza, suggerisce nuovi modi di esistere letterariamente (letteralmente). Fra le sue righe Guido Piovene, Philip Larkin, Ivan Turgenev, Madame De Staël e molti altri, il succo agrodolce di taccuini tenuti per una vita. L’edizione ampliata del libro dal capitolo Dove tutto ebbe inizio, non lascia adito ad edulcorazioni ma non chiude la porta alla speranza che si alimenta d’impegno, di pensiero, di capacità critica, d’amore, secondo la regola de caso. Bello!!!

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