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ALBANO LAZIALE : PRENDE VOCE LA MEMORIA DEGLI ANZIANI NEL LIBRO DI GIORGIO SIRILLI

ALBANO LAZIALE : PRENDE VOCE LA MEMORIA DEGLI ANZIANI NEL LIBRO DI GIORGIO SIRILLI
Aprile 13
15:00 2018

Un incontro di festa nel pomeriggio del 12 aprile ad Albano Laziale, in via San Filippo Neri: un tuffo nel passato e un incontro con vecchi e nuovi arbanesi come amano presentarsi…

Di formazione e stampo scientifico, Giorgio Sirilli, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche e docente universitario ha presentato a un numeroso pubblico la sua ultima fatica letteraria: Albano Laziale il paese nella memoria degli anziani. Già autore con Nino Dori, Aldo Onorati e Piero Torreggiani del Vocabolario del dialetto albanense, Sirilli ha realizzato questa nuova opera intervistando anziani di Albano, persone che hanno vissuto il periodo precedente il boom economico e che hanno nel DNA l’imprimatur di un’epoca nella quale vicende pre e post belliche hanno segnato il divenire e l’essere.

Con Maurizio Bocci che ha presentato, commentato e fatto da moderatore dell’incontro, l’autore era in ottima compagnia anche con lo scrittore e dantista Aldo Onorati e il professor Roberto Reali, storico, docente universitario e ricercatore del CNR.

Un libro che tutti dovrebbero leggere ha esordito Bocci, soprattutto i ragazzi, per conoscere il passato e il rispetto che i giovani di allora avevano per il bene comune in quei lontani anni ’50, anni in cui, da poco usciti dal conflitto bellico, Albano era un città da ricostruire.

Il pensiero va a quanti si occuparono della cosa pubblica e riedificarono quel borgo salvando l’anima e il cuore di chi aveva perso tutto, agli amministratori che alla semplicità legavano una salda concezione del dovere e che hanno mirato al concreto con un forte senso di comunità. Giorgio Sirilli è brioso, essenziale ed efficace nel suo intervento, con una sintesi schematica, ma aperta alla memoria attraverso nomi, mestieri, luoghi, situazioni e tante immagini. Sembra una festa al ricordo e si colgono tanta leggerezza, sorrisi e condivisioni allo scorrere di foto d’epoca che hanno fissato l’attimo, un’occasione particolare, senza lasciare al caso, documento iconico di un evento da ricordare.

Ma com’era questa città nel dopoguerra? Sirilli lo ha chiesto a chi c’era, a chi allora era bambino, ragazzo, giovane: il libro – dice – è l’interrogativo, un grosso punto di domanda, un “?” che racchiude la voglia di sapere, di fissare una memoria che resti, che non svanisca nel dimenticatoio del tempo.     Ci tiene a sottolineare che si tratta di un grosso lavoro di gruppo del quale egli si definisce collante, punto di raccordo tra l’oralità – anche in vernacolo – e la trascrizione della coralità di una comunità paesana, ben salda nei ricordi. Un dono che questa stessa comunità lascia ai posteri perché non dimentichino le loro origini e la loro storia. Ringrazia ancora, l’autore, per l’enorme collaborazione ricevuta che ha permesso di condividere – non senza emozioni – la memoria in un grande lavoro collettivo, dal quale si evince rispetto per gli anziani ai quali si dava del voi, di un’ Albano con molte attività commerciali, artigianali; dei giochi in strada, dei luoghi dove tutti conoscevano tutti e ciascuno aveva un soprannome.

Centocinquanta foto documentano la realtà di allora, quella del dopoguerra, quando la vita era cadenzata dalle stagioni e dalle attività quotidiane. Vi era tanta solidarietà e gli amministratori, ripete ancora l’autore, erano gente del popolo, forse non istruiti al massimo grado, ma con tanto buonsenso e voglia di fare per tutti…

Quanno Arbano città era Arbano paese esordisce Aldo Onorati, lui arbanese doc,  e cita Manzoni mettendo in risalto la storia di tutti i giorni, quella che si vive in parallelo con i grandi eventi riportati nei libri, la vita di uomini che hanno lottato, progettato, sofferto, vinto… tutto quel che passa sotto silenzio viene esaltato in questo libro di Giorgio Sirilli: sono piccoli eroi dell’Albano della strada, un paese dove circolavano poche auto, si facevano le serenate, le donne si aiutavano o si facevano dispetti: si stemperavano così attriti e rancori…

C’è un fine etico in quest’opera che indica come si viveva, come si dovrebbe vivere in quest’epoca del mordi e fuggi e dei grandi sprechi e disastri ecologici. Mette in guardia il noto dantista: cancellando la memoria, si taglia il futuro e questo è un libro che contribuisce a tenerla sempre viva.

A conferma e rinforzo, il professor Reali evidenzia come nel presente si costruisca la memoria della storia e l’oralità ne sia traccia, potente come un graffito… accenna a Pasolini e richiama quel cambiamento traumatico che il grande scrittore analizzò in un articolo La morte delle lucciole: cambiamento dovuto al passaggio da una società rurale a quella industriale, circostanza che ci ha catapultati nella modernità.

Vero, molti problemi di allora sono ormai risolti, ma siamo davvero sicuri di star meglio ora? E quelle fioche luci della lucciole, forse non illuminavano i nostri sogni e i nostri sospiri, allontanando l’ansia che oggi attanaglia l’uomo moderno?

La voce degli anziani – quarantacinque arbanesi che Sirilli ha registrato anche nella lingua dell’anima – sfogliando le pagine di questo nuovo libro potrà guidarci e farci riflettere, senza nostalgia e rimpianti, puntualizza l’autore…

E non importa se siamo frascatani, genzanesi, rocchiciani o ricciaroli: i nostri Castelli Romani, pur nel sano campanilismo, sono affratellati da un unico orizzonte che da lontano è testimone della nostra storia comune.

 

 

 

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