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Frammenti di storia in un dipinto ispano-fiammingo – 3

Frammenti di storia in un dipinto ispano-fiammingo – 3
Settembre 14
09:29 2009

Un piccolo dipinto raffigurante la “mistica del nord” riaccende la memoria dell’antica chiesa dedicata a santa Brigida di Svezia che un tempo sorgeva a Monte Compatri

Fig. 3: Morte della Vergine  (ca- 1460-1462) Bartolomé Bermejo Berlino, Statliche Museen Dal punto di vista stilistico, la composizione propone uno schema assai semplice e tuttavia si ha un interessante tentativo di ambientazione e dunque di articolazione spaziale sia del primo piano che dello sfondo, cui dà un contributo l’assetto luministico, il gioco delle ombre in accordo con la tavolozza: quest’ultima esibisce una scelta cromatica studiata che bene si accorda con l’articolazione formale d’ogni figura e degli altri elementi della pittura. Vi sono tuttavia particolari su cui merita conto insistere dato che richiamano con maggiore evidenza di altri la cultura artistica a cui quest’autore attinge a piene mani.

Difatti, la ripresa delle architetture e dei baldacchini di Van Eyck, l’intensità del volto di Cristo e la maggiore corposità e morbidezza della figura, soprattutto delle braccia, rispetto ai modelli di riferimento – Rogier van der Weyden e Dieric Bouts – e altri dettagli ora minimi e ora, invece, di una certa rilevanza, come il retrostante paesaggio, consentono, a nostro avviso, di attribuire il dipinto, sia pure dubitativamente, a un autore se non della cerchia del Bermejo, assai vicino ad essa.
A ben osservare il dipinto, non pochi elementi formali e pittorici, parrebbero suggerirne l’ascrizione a un seguace di Bartolomé Bermejo (1440-1500), artista ben noto per la sua Pietà nella cattedrale di Barcellona e autore, fra l’altro, del pannello centrale del trittico della Madonna di Montserrat nella cattedrale di Acqui Terme. La vibrante intensità del volto di Cristo, che ancor pi della corposità della figura e del cielo sullo sfondo presenta assonanze stilistiche con alcune opere del Bermejo, è enfatizzata ma al tempo stesso equilibrata dal contrasto di colore e dalla staticità del pannello di fondo, su cui vale la pena soffermarsi.
La resa pittorica dei tessuti raggiunse la perfezione nella pittura fiamminga del Quattrocento, in particolare nelle opere di van Eyck e Bouts, e a questo modello guardarono anche autori come Lorenzo Lotto e, fra gli ispano-fiamminghi, il più noto collaboratore di Bermejo, Martin Bernat (1454-1597), nella cui opera ricorrono i broccati in seta e oro (vedi fig. 4) come quello descritto dall’ignoto autore di questo dipinto. Tuttavia, anziché emergere dall’illusionistica texture di trama e ordito, in quest’olio su rame il disegno è tracciato su un fondo omogeneo con nitidezza tale da far pensare a un pittore miniaturista – ipotesi plausibile, dato lo scenario di riferimento, e che ben si sposa con la scelta del supporto. Il risultato, che ricorda vagamente il decoro calligrafico sul baldacchino dipinto da Bermejo nella Morte della Vergine (Berlino, Museo Bode; vedi fig. 3), è efficace, seppure lontano dalla resa dei maestri fiamminghi, poiché consente di identificare la tipologia del tessuto rappresentato: i broccati di questo tipo derivano dai famosi “tapis d’or” tessuti a Bruxelles a partire dal 1450 circa, e ricorrono nella pittura fiamminga e ispano-fiamminga del tardo Quattrocento, periodo in cui erano ricercati in tutta Europa. Si trattava di tessili realizzati intrecciando trame d’oro e seta nell’ordito blu (indaco), o rosso carminio (kermes). Un originale quattrocentesco dal disegno simile a quello riprodotto nel dipinto in esame della Santa Brigida di Svezia in preghiera, merita ricordare, è esposto nel museo della cattedrale di Uppsala, Svezia (fig. 5).
Fig. 4: Sant’Elena e sant’Eraclio portano la Croce a Gerusalemme  (tardo XV secolo)  Martin Bernat (1454-1497) Nel dipinto in esame, tuttavia, il colore del pannello ha una tonalità più spenta del carminio, quasi violacea, tipica della lacca di garanza. L’impiego di una lacca diversa da quella che avrebbe riprodotto esattamente la nuance del broccato potrebbe significare che il pittore non conoscesse le ricette tintoriali delle manifatture quattrocentesche di Bruxelles e di Lucca, che generalmente non usavano la robbia per i fondi rossi in seta. In ogni caso, la cromia in accordo con il lessico formale del quadretto esprime il senso artistico di un autore accostatosi alla cultura fiamminga ma, molto probabilmente, d’altra formazione o cultura artistica e inoltre pervaso da una religiosità drammatica e da un gusto intimamente distante dalla luminosità della pittura di Fiandra: un autore presumibilmente di origini spagnole, dunque, ma di formazione in parte fiamminga, visto il ductus della pittura – brillante, per via dell’impiego di copale nell’olio, ma più corposa e meno trasparente, meno luminosa della coeva produzione di Fiandra.
Quanto sin qui emerso dall’analisi della tecnica pittorica conferma l’evidenza stilistica che riconduce il dipinto alla mano di un artista che si esprimeva utilizzando un linguaggio figurativo diverso da quella che era la sua “lingua madre”, e inevitabilmente la sua opera rivela contaminazioni diverse. Si tratta probabilmente di un pittore miniaturista di origini spagnole accostatosi non poco ai modi di Bermejo e dei suoi seguaci, attenti alla lezione fiamminga, e arricchitosi di suggestioni italiane nel tempo in cui ha vissuto e operato in Roma o a Napoli. In particolare, alla luce del sin qui detto e ancor più in relazione a quanto sovverrà, potremmo persino ipotizzare e far leva sul fatto, per più ragioni assai probabile, ch’egli abbia avuto modo se non di esplorare di persona l’area di Monte Compatri, di riceverne perlomeno descrizioni e appunti grafici assai precisi.
In questo piccolo dipinto su rame, infatti, si ha conferma che l’autore, oltre alla drammatica religiosità spagnola e alla minuziosa analisi del dato reale tipica della pittura fiamminga del Quattrocento, rileva il tentativo di applicare le leggi prospettiche della scuola italiana per riprodurre in maniera verosimile non soltanto lo spazio entro cui campeggiano la santa e il Crocifisso ma anche lo spazio retrostante occupato da un paesaggio in cui si riconoscono i Colli Albani verdeggianti di cipressi ai piedi di cime più elevate, ovvero i remoti coni vulcanici visibili anche dal monastero di San Silvestro in Monte Compatri (cfr. Tarquinio Minotti, a cura di, Monte Compatri nello spazio e nel tempo. Un itinerario in cartolina, Photo Club Controluce, Monte Compatri 2006) . Il trompe l’oeil non raggiunge certo i livelli perfezionati dai coevi artisti italiani, ma l’occhio di chi guarda può spaziare – attraverso un percorso visivo che ricorda piuttosto le mappe medievali – dal borgo, sulla sinistra, alle colline del Tuscolo e più in là alle cime dei coni più alti, che declinano dolcemente verso destra suggerendo un andamento concavo nell’area oscurata dal pannello centrale (i Campi d’Annibale) per poi risalire lungo i pendii del Monte Cavo, oltre l’arcata di destra, e riscendere fino a Rocca di Papa. La verosimiglianza del paesaggio è dunque un dettaglio di un certo conto e testimonia in qualche modo il passaggio o il soggiorno e quanto meno la conoscenza dell’autore del dipinto del territorio di Monte Compatri, essa offre così un utile elemento indiziario e, al tempo stesso, uno scorcio di un qualche interesse sul passato di un luogo in cui la figura di santa Brigida aveva un valore particolare, presumibilmente in virtù del suo contributo al ritorno del papato a Roma e quindi alla “rinascita” delle diocesi suburbane.
Fig. 5: Broccato in seta e oro (fine XV secolo) Tessitura di Lucca Uppsala, Museo della cattedrale Alla luce di quanto sin qui detto, in conclusione non possiamo che riconoscere la valenza storico-artistica di Santa Brigida di Svezia in preghiera, un piccolo dipinto di devozione che rivela il fecondo dialogo fra tre culture europee nel tempo in cui il piccolo feudo di Monte Compatri, crocevia d’importanza strategica, era conteso dai potenti e costituiva un effettivo crogiuolo di esperienze artistiche differenti che si contaminano l’un l’altra con esiti sovente inaspettati e dei quali il nostro rame è, per così dire, speculum.
Lo studio qui presentato è solo il primo passo in un percorso di ricerca che, con ulteriori approfondimenti e contributi da parte anche di altri studiosi e con un apporto particolare anche alla stessa microstoria di Monte Compatri (secondando in tal modo l’insegnamento della scuola storica de “Les Annales”), potrebbe svelare i segreti che ancora si celano in quest’opera singolare. Incluso il nome del suo autore che al momento resta anonimo ma del quale, tuttavia, si è inquadrata l’appartenenza e si è precisato il lessico.
Crediamo pertanto di aver dato, sin da subito, un primo (e certo, parziale e minimo) contributo per un verso alla storia del collezionismo e per l’altro a quanto vi è tuttora da scoprire e ancora non è dato sapere sull’antica chiesa di Santa Brigida in Monte Compatri.

 

(Fine)

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